La mail era arrivata la sera stessa del loro primo incontro.
"Bologna 13 gennaio, hotel Verdi via Belli 13 stanza 304 ore 10. Niente pantaloni, niente biancheria intima e depilata. Sei libera di venire, come di rinunciare a quello che ti chiederò, è un gioco che puoi accettare in tutto od in parte senza giudizi da parte mia."
Il treno correva veloce attraverso l'Appennino, ma G non riusciva a vedere il paesaggio. Il pensiero era altrove, distante dal corpo, lontano dagli occhi. Ufficialmente andava a Bologna per lavoro, un viaggio credibile per la sua attività di giornalista, ma quel senso di disagio misto ad un inaspettato piacere per essere nuda sotto quella gonna nera le ricordava che non era il solito viaggio di lavoro.
Ansia, paura, eccitazione, curiosità, sensi di colpa frullati in egual misura nella sua testa la stordivano. Non era certo la prima volta che tradiva il suo compagno, ma questa volta era diverso. Il gioco era diverso, le regole erano diverse, lei si sentiva diversa.
L'hotel era vicino la stazione, erano entrambi lontani da casa, distanti da occhi e situazioni note. Distanti dalla loro vita. Entrò nella hall con decisione, chiese della stanza, lui era già lì.
Si stava chiedendo per l'ultima volta cosa stesse facendo, fugò dalla sua mente quanto di razionale le avrebbe impedito di andare avanti e bussò alla porta.
Carlo le aprì sorridente, un leggero bacio le sfiorò le labbra e poi la porta si chiuse; si era appena tolta la giacca, quando sentì il suo calore sul collo ed una fascia nera bendarle gli occhi.
L'abbracciava da dietro, nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata la prima volta che si erano incontrati, poteva sentire il suo odore, il respiro, udiva parole sussurrate che le chiedevano di dare tutto di lei senza riserve, sentiva una mano scivolare lungo la gamba, risalire con estenuante lentezza verso il suo sesso bagnato. Era così dalla partenza, un continuo versarsi di umori per l'insolita nudità; in treno aveva conosciuto il bagno diverse volte per la paura di sporcare la gonna ed ogni volta ne era uscita in fretta perchè la tentazione di appagare per breve tempo la sua ansia era grande.
Adesso erano dita forti che stringevano il suo sesso nudo con forza e dolcezza le sentiva scorrere fra le labbra umide e gonfie. Indugiavano su di lei con passione e curiosità.
Lui fu il primo ad assaggiarle, sentì la mano passarle vicino il viso e il suono lieve di chi assapora un frutto, poi toccò a lei. Era il suo sapore, un misto di sudore, miele e cannella quello che sentiva sulla lingua, erano le dita di lui quelle che adesso giocavano fra le labbra e riempivano di gusti la sua bocca.
Poteva sentire il suo respiro, il suo abbraccio deciso, braccia che avvolgono senza stringere, ma presenti; muscoli contratti che danno sicurezza ed il suo sesso duro spingere contro di lei.
Aveva perso la cognizione dello spazio, non era nemmeno riuscita a vedere bene la stanza; sapeva d'essere in piedi vicino la porta, quando la stretta si è allentata. Adesso la cerniera del vestito è lentamente tirata in basso, sente labbra carnose seguirne il percorso scivolando sulla schiena man mano che si scopre. Labbra che sfiorano come soffio la pelle, una percezione tanto lieve quanto intensa da farle venire i brividi. Brividi lungo la schiena che scorrono, invadono il corpo, fanno serrare i denti. Brividi che passano le spalle raggirano i seni fino rendere ancora più duri i capezzoli che adesso, mentre il vestito casca in terra, vengono portati allo scoperto.
Forse doveva girarsi, cercare il viso o magari chinarsi davanti a lui e prendere finalmente fra le mani quel membro su cui aveva fantasticato nei giorni precedenti, ma non ne ebbe il tempo.
Venne presa per un fianco, accompagnata per un'eternità di secondi sul letto e qui stesa nel centro esatto. Fu il polso destro il primo ad essere preso, le braccia verso l'alto legate senza mai stringere alla spalliera; poi le caviglie, le gambe tese, i piedi distanti fra loro; in mezzo il nulla e la voglia di sentire un corpo annullare con il suo calore l'improvvisa sensazione di freddo ed abbandono che provava.
Era eccitata, un'eccitazione che tende la pelle come un tamburo, che erge i seni gonfi e rende turgide le punte, braccia e gambe tirate agli opposti, nuda e vulnerabile come mai prima, legata. Le corde erano lasche, strette quel tanto che basta a tenere la posizione, ma non da far male e, cosa che la rassicurava, con i cappi abbastanza larghi da permetterle, se solo avesse voluto, di sfilare le mani. No, non era ingenua o stupida, e nemmeno lui, non era una disattenzione. Era stato tanto veloce quanto scrupoloso e preciso da non essere una svista, non era stretta di proposito.
Aspettava, non sentiva rumori, non udiva il respiro, anche l'odore era lontano. L'avrebbe lasciata lì per far crescere la sua voglia già al culmine o forse era davanti a lei a guardare un corpo che fremeva, o magari si era allontanato per prendere altro. E se non fosse solo... lo conosceva così poco che un'altro uomo avrebbe potuto sostituirlo senza che se ne rendesse conto.
I pensieri non indugiarono oltre. Sentì il letto muoversi, qualcuno vicino a lei.
Mani, le stesse che avevano accarezzato con forza il suo sesso ora indugiavano sui capelli sistemandoli con cura attorno al viso, e poi... musica. Sì, musica. Si avvicina sempre più forte, potente, riempie la testa, inebria, rapisce. Ora nelle sue orecchie gli auricolari, musica classica, forte, dolce melodia.
Labbra sfiorano il collo, indugiano, spariscono. Labbra sfiorano un seno, poi l'altro, poi ancora il nulla. Riappaiono più volte, fra i seni, le spalle, il ventre, le ascelle. Fiato, calore, scie lasciate da una lingua troppo delicata. Ancora il nulla.
Un morso repentino, improvviso, una fitta sulla punta del capezzolo, ed un bacio, questa volta avido, passionale che risucchia il seno nelle labbra, mentre una lingua dura brandisce quanto riesce ad entrare nella bocca. La presa si allenta, scivola via, si allontana.
Il fiato, sente solo il suo calore, percepisce i movimenti, immagina, mentre sensazioni di abbandono e tamburi si abbattono sui timpani.
E' un attimo, sente nuovamente i denti su di lei. Non stringe, non è dolore. Piccole pressioni sul capezzolo piacevolmente morso, stretto, tirato. Lembi di carne sensibile, eccitata, minuscole porzioni lambite, assaggiate, dove lui affonda lentamente, inesorabilmente fino a farla gemere di piacere, di insolito dolore.
Stringe i seni con forza, si gonfiano, vorrebbero scoppiare, se solo potessero; gocce di brina scivolano fuori, saltano, scivolano fra le sue dita. Dita che raccolgono e sente decise sulla bocca per far godere anche lei del suo sapore.
Di nuovo il nulla, il sapore dei seni fra le labbra ed archi che vibrano nelle orecchie.
Poi la danza. Una lingua apparsa dal nulla gioca nel suo sesso, accarezza le labbra, scivola sul clitoride una, dieci, infinte volte. Bastardo. Sente la musica, la mia musica. Non gioca, corre e volteggia come arco sul violino che annega i sensi, segue il suo ritmo, suona fra le labbra con lo stesso impeto del musicista.
Lei si inarca, si dibatte, si spinge nella sua bocca, è l'oblio, mentre sente i seni stretti fra mani che affondano nella pelle.
Lo vuole, lo vorrebbe adesso come non ha mai desiderato essere presa, sentirsi piena del suo sesso, schiacciata dal suo peso, vorrebbe prenderlo, stringerlo, sentirlo affondare nella sua carne bagnata, essere scopata con forza, passione, sentirlo urlare dentro di lei. Ora, adesso, ma no, non andare via, la musica, le mani, il respiro, non adesso.
Si sente sciogliere, una corda dopo l'altra, ma resta immobile, intorpidita.
Quando anche la benda scivola via finalmente lo vede. Con fatica riprende contatto con la luce, due candele accese chissà quando, e lui davanti, nudo eccitato con un sesso bello, turgido e la bocca ancora lucida di umori.
Mentre le luci della notte scorrevano veloci e lontane dal finestrino, la mente di G vagava ancora in quella stanza d'albergo.
Aveva avuto paura.
Paura di non sentire quell'uomo dentro di lei, paura di non godere di quel sesso amabile e duro, paura di non sentirlo affondare nel suo ventre. Le aveva chiesto di mettersi in ginocchio, lì, per terra davanti al letto e lì l'aveva presa.
Aveva sentito nuovamente melodie, ma non c'era musica, solo il suono di quel sesso dentro di lei, a lungo, potente, passionale.
Ricordava la sua carne stringere e godere di ogni istante di quel momento.
Aveva sentito le sue parole, mentre il ventre si riempiva di calore, parole che dicevano che era solo l'inizio.
Mentre le luci della notte scorrevano veloci G pensava al calore che ancora sentiva dentro ed all'uomo che l'aveva posseduta. Era solo l'inizio.
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