L'agiografia reale mi descrive un sottobosco di pezzenti e tangheri, frequentato da strimpellatori in erba e semiologi maledetti.
Sono la mia Band.
Dalla tenda del soppalco, prima appaiono gli stivali coperti di frammenti di cuoio e metalli neri, poi loro stessi, quattro ali di falena e squame di serpente, con pesanti cerchi d'oro incatenati ai lobi e al collo.
Il concerto è monocorde e per nulla infiorettato; la chitarra, un ganghero distorto; gli accordi sembrano straziarsi addosso e sanguinarsi contro e la batteria, un gasdotto sincopato.
Cavalcano gli strumenti come mostruosi insetti, verso l'alba che risorge, in questa notte di anatomica follia.
Nell'insieme sembrano un ingrandimento di microbi e spore osservati al microscopio; librano con ritmi invasati per fermarsi in un arresto di surplace: pura fantascienza, esseri alieni emersi dalla profondità di un vortice di dannati.
La musica tuona attraverso un vertiginoso idioma di futuro e da un vischioso e ossessivo sonoro del passato.
Noi fans prostrati in piattaforma, battiamo mani e piedi sui tavolini e urliamo come avvoltoi feriti a morte: incitiamo dell'altro in un ampolloso reclamo.
Allora la tenda comincia a salire, lentamente.
Il seme proteiforme della scena è eiaculato di fronte a me.
Avvinghiato al microfono superbo mi sorride: capelli neri semi rasati in anarchia, sguardo pittato e celeste, la mascella squadrata e possente e un busto da far dannare la Madonna Vergine.
Gli occhi bucano come frecce, mentre la musica escogita feroci invettive.
E' lui, il Leader della Band.
Vestito con pantaloni di pelle bianchi e cinturone dorato, è aggrappato al suo cruento feticcio musicale, come un sistro sessualmente attivo; sembra un eroe Fantasy, dal muso duro e l'attrezzo in mano.
Finito il concerto tutti allo Slego, per il solito Party Area.
Sotto la minigonna ho una Browning di famiglia; la rischiosa avventura che ho agguantato da tempo tra le mie maglie di delirio e che questa notte si ripropone, in un ritmo sospirato.
Lui mi piace, da sempre.
- Alla fine cederà - , mi spiffero da sola e li raggiungo nella tana dei giochi golosi.
Una gozzoviglia di maschi, di birra e di acidi, basato su regole che non conosco.
Pregusto un'orda selvaggia di bestie che mi avrebbero preso per i capelli e afferrata alle spalle, imprigionando il mio corpo tra le cosce e il tronco della mia follia.
Echeggiano le grida di pazzi ubriachi di musica e di alcool; sembrano mandriani esaltati alla vista del sangue, della violenza e delle grida del piacere strappato per forza.
Ci sono anche altre ragazze che urlano e si dibattono, attendono con me la fine di questa densa allucinazione.
Può sembrare tutto finto, ma non è così, i cavalli sono mostri rabbiosi lanciati sull'asfalto deserto del pavimento di questo consunto wine bar. Uno scroscio di risate e il contorcersi di mani addosso a stracciarmi i vestiti, sono nuda spogliata, brancicata e colpita da forti manate sul sedere.
Gli uomini si sono fatti intorno a cerchio e sembra mi vogliono tutti.
Messa in ginocchio sento scivolare un sesso tra i capelli, lo vedo come un pendolo lucido agitarsi sulla fronte; il glande è teso come pietra conciata e tirata a scoppiare quando me lo ficca diritto nella bocca.
Lo gusto tra le labbra, comprimendolo tra le dita: scosto lo stretto per respirare e faccio scivolare la lingua sulla pelle viva; questo sesso mi riempie di sangue, voglio godere dalla sua fonte.
E' lui che voglio.
Il suo sapore è di una selvatichezza strana e gli assalti sono violenti.
Sono sottomessa, ma reclamo questo cazzo, che come un siluro gigantesco e nodoso mi ha forzato dentro.
Lui mi solleva le gambe e immerge la testa sul mio sesso, così bagnato che la lingua sembra bere;
la falda che stringe, lecca, sorbe e si conclude sull'escrescenza della mia resa.
Mi bacia la schiena, mi graffia le gambe strusciandomi addosso quel membro sempre più accelerato.
Lo tengo ben caldo; la lingua deve giocare con il sapore, nelle sue pieghe segrete, scivolare lungo il frenulo fino alle palle e quando il godimento sta per detonare, fermarsi, leccare, ciucciare e accarezzare.
La sbornia non deve finire mai o almeno non adesso.
Sembro una delle erinni danzanti tra le anime dannate all'inferno.
Alla fine mi ordina carponi e affonda il suo membro dentro di me.
Una zoomata all'indietro e vedo bocche, lingue e dita che si prodigano; una avanti e vedo Lui che mi sbatte come un tamburo a cadenza dei boccheggi.
Nella luce rossastra del club le forme vacillano.
Guardandomi intorno ravviso altre scene simili, uomini e donne in piedi e supini a farsi infilzare succhiare e comprimere; ovunque teste di animali lappanti, mani come strumenti.
Sono colma, ho soppresso ogni forma di vergogna e di pudore, per arrivare a godere devo essere creatura bestiale.
Mi regge sotto le ascelle e mi solleva in piedi di fronte ai suoi occhi.
E' un animale selvaggio aggrappato alla mia vita, in una mischia di tegumenti, sciolti e mucose.
Ho capito, gli piaccio.
La mercificazione della nostalgia mi propina un passato che forse è esistito.
- Alla radice di un pezzetto di carne c'e' sempre un uomo felice - .
Me l'ha detto Lui, il Leader della mia Rock Band.
Rossogeranio