Lolita inarca il sopracciglio, mi apre un sorriso candido e fatale, ammicca golosa alla mia persona, mentre le sue gambe divaricate vezzosamente, si lanciano nel vuoto di un'altalena, in quell'Eden di false moralità e ipocrisie che è il mio cervello, dolce vagheggiare in un vissuto perduto.
Lascia tracce di rossetto su un lecca lecca alla fragola, trastullandolo fra le guance in giochi di sevizia visiva.
Lolita interrompe la frenesia del suo svago, piega verso di sé ginocchia troppo puntute per pensarle ricoperte di carne umana. Contorce le sue grazie fra le corde del divertimento, trasformandosi in un serpente segmentato in spire di morse lente e pericolose.
Per anni Lolita ha danzato con me balli non proibiti, permettendo che la pelle del mio corpo venisse soltanto sfiorata. Ha sgambettato lungo i sentieri del mio concesso, del mio eticamente corretto. Ha accondisceso la noia dei miei amori indolori, mi ha accompagnata nell'inedia dei sentimenti standardizzati.
Ma un giorno, Lui: Alfa e Omega, prima e ultima lettera del suo nome, inizio e fine della mia sopravvivenza. Il sigillo dell'oscenità e Lolita hanno stretto il patto d'acciaio contro di me, piegando per sempre i miei sensi al castigo del desiderio.
Così è avvenuto il mio primo incontro beffardo con la Lolita della mia vita, con il vampiro del mio perbenismo, con la sgualdrina della mia anima. Giocosa e maliarda, infingarda e perversa, si è insinuata senza autorizzazione nei miei pensieri, ha scandagliato l'essenza più nascosta e più vera della mia facciata di brava ragazza, sfrugugliando impenitente nelle pagine del diario della mia, fino ad allora, artefatta esistenza.
Ho sopito le sue parole sibilline, ho soffocato i suoi gemiti anelati, ma invano.
Lolita desiderava possedere quel Diavolo e gli ha venduto la mia anima. Dapprima ha barattato solo sesso, ma poi ha mercanteggiato la tristezza di un amore a senso unico, il Mio.
Lui la mia pelle l'ha graffiata, penetrata, scorticata. Ne ha mangiato avido i brandelli, mentre io leccavo il sale delle mie lacrime.
I suoi gesti, come lame, hanno trafitto le mie viscere.
Il suo sesso ha penetrato cieco il sangue della mia malinconia.
Il suo tronfio Ego ha rubato i miei sorrisi, i miei sospiri, il mio tempo.
Lolita lo cercava sotto le lenzuola di altri uomini, ma nessuno le elargiva i medesimi brividi di bruciante spasimo.
Gli ho regalato il mio cuore perché il corpo rappresentava la regola: balsamo per la sua furia, unico mezzo per legarlo a me, labilmemente, scioccamente.
Il rubinetto della mia anima ha continuato a perdere sangue.
Ho smarrito la rotta e le mie speranze.
Ho svuotato i cassetti dei miei sogni.
Lolita palesava il dolore di una verginale ingenuità scalfita in eterno. I suoi lecca lecca non avevano più la dolcezza di un aroma di fragola, erano diventati amari come il fiele della vita.
Ho ricacciato la dolce e caparbia Lolita negli anfratti della mia realtà. L'ho accolta nuovamente in un abbraccio solidale, fondendo le sue fittizie ferite con gli squarci insanguinati del mio cuore.
Brecce di crudeltà che hanno infranto certezze effimere come castelli di sabbia.
ElisaN