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Racconto n° 2681
Autore: SchiavaDAmore Altri racconti di SchiavaDAmore
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Porto Santo Stefano

Parecchi bicchieri dopo, sul molo che aspettava gli ospiti di quella serata effervescente il cui unico merito era di aver tenuto occupata la mia mente, una giovane donna mi propose con uno sguardo carico di significato di lasciar perdere lo yacht strabiliante in cui fino a quel momento avevamo festeggiato l'ultima chiusura di un collare, suggerendomi nell'immediato di seguirla, lungo la banchina, fino all'imbarcazione del suo Signore e Padrone. Con un sorriso l'ho prontamente ringraziata, stanca di quell'atmosfera che non si adattava alla Tua assenza, ho annuito e l'ho seguita. Avvertii C., immancabilmente, ma pensai subito a Te. Michael...
Ti sarebbe piaciuto essere lì con noi. Ti sarebbe piaciuto legarmi e prostrarmi nell'attesa, sventrandomi del furore che da giorni mi rendeva folle, stretta tra le sartie di uno di quegli alberi maestri, tralicci avvolti nella brezza di una notte già serbante in sé il morso dell'inverno, ma ancora tersa e sotto un cielo stellato.
Pochi passi in quello spazio d'ombra e arrivammo ad un grande scafo bianco, marchiato Aphrodite. Il ponteggio di legno ha cigolato all'istante sotto i nostri tacchi a spillo, emergendo incredibilmente fantasmagorico e lucido sotto la luce di quella luna. L'eleganza dell'arredamento interno era pari alla finezza di quella novella slave che continuava a osservarmi esplicita. Giulia era il suo nome, chissà se l'hai conosciuta mai...
La sua ronda intorno al mio corpo e le sue parole erano leggere e delicate quanto la fermezza protettiva con cui il suo braccio osò e mi allacciò in vita.
Amabilmente si mise a suonare - Love devotion surrender - .
Volli sciogliere ogni ultimo indugio, quindi l'afferrai saldamente per i fianchi e la voltai a me stringendomela contro. Nessuno era intorno a noi, tranne gli occhi della amatissima Elisa che, di lì a poco, scorsi in cima alla scala mentre scendeva in cabina.
Elisa, quale meravigliosa amica è stata, puoi immaginare... non ce l'avrei fatta senza di lei nei primi giorni in cui si è spalancato il nostro abisso. Quella notte, vedendomi allontanare, si è preoccupata e ha pensato di venirmi dietro.
Così, allungando una mano nello spazio che ancora ci separava, le ho fatto cenno di raggiungerci, lanciando un'occhiata ad intravedere la reazione di Giulia. Elisa non si è fatta pregare: mi ha sorriso di rimando e si è insinuata, con la grazia che le è propria, fra i nostri corpi abbracciati. Affondavamo una dentro l'altra. Intente a ballare.
Ho avvicinato il mio viso al suo e L'ho fatto scivolare nell'incavo del suo collo nudo, lei ha teso il capo indietro, accettando che le slacciassi il corpino. L'ho ringraziata, cingendola palpitante a me. Ma ho pensato a Te, nonostante tutto.
Non provavo un reale desiderio. Giocavo. Percepivo il fascino del gioco e tremavo. Ed Elisa? mi chiedevo.
Il suo sguardo ero ebbro dai cocktails, tenero e sensuale, cedevole, io sentivo il bisogno vero di abbandonarmi a lei per smettere di pensare.
Soggiogata dalla grazia della sua stessa rivale, Giulia sembrava sorpresa di perdersi in quel trio inaspettato. I baci sui decolletè e sulle bocche assetate si moltiplicavano confondendosi ai sospiri. Le mani scoprivano i corpi facendo scivolare i vestiti sopra l'assito rosso di mogano. La cabina sembrava inebriarsi, risuonavano le note oscure di - We're going wrong - . Scesero le tenebre.
I nostri corpi si abbandonarono ad ogni movimento e si riversarono sui divanetti bianchi di pelle, le mani cercarono di placare le mute suppliche della carne. Ed io ebbi paura.
Ti rividi di fronte a me, e non potei evitare di sentire la docile fiammella dell'orgoglio, conscia che quella notte non avrei deluso le Tue aspettative.
Ero spaventata dal mio stesso desiderio; mi rannicchiai in fuga tra le braccia di Elisa e lei non mi tradì, non mi resistette, emise gemiti piccoli e farfuglianti che mi sedussero.
Sentii così il bisogno di Te morirmi minuto per minuto, stentavo a riconoscermi nella slave che ero stata solo qualche mese prima.
Lasciai che Giulia frugasse la mia bocca, a fondo, mentre la sua mano risaliva le cosce di Elisa. Lasciai che Elisa, la cui mano danzava dentro di me, nuda e umida, mi trascinasse a velocità vertiginosa dove finalmente riuscivo ad isolarmi. Un luogo sotto la pelle, cui solo io potevo accedere.
Appartata dentro quelle carezze, il mio corpo gridava come una preghiera. Ad Elisa.
Elisa che alla fine fu il bersaglio prescelto dalla lingua di Giulia e dalla mia.
E Tu, in quel momento Tu non c'eri. Ti tenevo a distanza. Temevo che la disperazione mi urlasse contro uccidendomi.
Così lasciai che Giulia mi accarezzasse, mentre il suo delirio volgeva a liquefarsi, sulla mia mano, impetuosamente, inarcandosi e protendendosi ancora verso di me, consumandosi, divaricata e persa sul seno di Elisa che, immancabilmente, succhiava e leccava. Finché alleviata, Giulia mi sorrise, offrendosi al mio corpo ed accogliendone le suppliche. Al punto che mi rese capace di dipendere da lei, tant'è che alla fine preferii negarmi, per non far capitombolare il mio pensiero a Te.
Quelle forme di donna mi assorbivano, ma non mi sfinivano, se non obbligandomi insistentemente dove Tu non c'eri.
Ero libera, eppure legata ancora.
Lasciai che il piacere si ripercuotesse invece nei piccoli gemiti di Elisa, sul suo ventre, tra le mie dita avvinghiate ai capelli di Giulia, alla sua testa abbassata. E la cercai ancora, Elisa, proprio mentre improvvisamente raddrizzava trattenendomi a sé, con tutte le sue forze, accavallando le sue gambe tra le mie, bisbigliando che mi adorava. Ed io adoravo lei. Elisa, dolcissima.
Giulia la circondò e la baciò, sempre di più, precorrendone i movimenti tenaci e convulsi, mentre le mie labbra l'assaporarono finché non la sentirono spenta. E poi stretta, quando ci trascinammo sui piccoli letti di prua, abbacinate da noi stesse, abbracciate, io ravvoltolata in quel piacere che mi snidava dall'oblio e mi tuffava sopraffatta tra quelle braccia amiche. Lasciai che il mio tormento trovasse momentaneamente pace, illudendomi di poter stare lontano da Te. Intanto che lì, sul Mediterraneo, affluivano sonore le onde di - I've got so much to give - .


(A Michael)

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