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Racconto n° 2693
Autore: Matilde S. Altri racconti di Matilde S.
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Sabrina
Sabrina è una donna sola.
Sabrina non è bella.
Vive una vita normale, fatta di piccole incongruenze e sciocchi idealismi.
Il suo cuore è puro come un chiaro lago di montagna, la sua anima è scorticata dalla realtà che ha ucciso i suoi sogni.
Sabrina porta sul corpo il peso di mille battaglie.
Il tempo ha segnato la sua pelle e il suo corpo, ma nulla ha tolto al magnetismo del suo sorriso.
E tu ne sei attratto, stregato da quel corpo non più giovane ma ancora pieno di luce afrodisiaca. Non sai come avvicinarla, non sai come accostarti a quel fuoco sacro senza bruciarti. Perché lei possiede qualcosa che valica e trascende la bellezza e la giovinezza che di solito agogni, lei sa ammaliarti per la forza che ha nel respingerti. Lo scontro è stato forte. Tu parlavi con l'arroganza di un uomo pieno di certezze, lei rispondeva con dolcezza ai tuoi attacchi verbali e sembrava ripiegarsi sotto alla violenza delle tue parole, accartocciata dalle frasi di puro maschilismo che fiorivano sulle tue labbra. Ma la rabbia a lungo trattenuta è infine esplosa e Sabrina ha rivelato il suo interno da guerriera e ha attaccato le tue certezze con la durezza del suo silenzio. Sì, il silenzio delle donne che hanno subito troppo a lungo certe frasi fatte e accusatorie: il cervello è una prerogativa maschile, alle donne basta un uccello che le riempia, soldi per qualche bel vestito e qualche complimento distratto. Si sa da sempre, si tramanda di maschio in maschio che la donna ragiona con l'utero. Quindi, amici miei, se volete domare una donna chiudetele la bocca con un bacio, tastatele il sedere per farle sentire il desiderio che vi ispira e stendetela sul talamo a gambe aperte. Per migliaia di anni le donne hanno interpretato questo ruolo, schiacciate dal maschilismo imperante che le voleva schiave e sottomesse, ma adesso non vi basta più un uccello fra le gambe per fermarle. Adesso la lotta è ad armi pari.
Questo ti urlava il suo silenzio. Lo hai sentito rimbombare nel cervello, lo hai sentito penetrare sotto alla pelle e giungere alle ossa. Un grido di rabbia muto, ma che ha fatto gemere le tue orecchie per l'intensità.
Sabrina ha pianto. Lacrime silenti gocciolavano sulle sue gote pallide quando sola risentiva le tue parole. Lacrime che accarezzavano la pelle del suo viso, scendevano dal mento al collo ed andavano a morire nel solco fra i suoi seni. Con le dita le inseguiva e le spalmava sulla pelle fredda, disegnando dei cerchi di dolore sui suoi seni, sfiorandosi i capezzoli con quell'umido regalo dei suoi occhi.
Quando hai suonato alla sua porta non sapevi come spezzare quel silenzio che ormai da giorni torturava la tua mente. Sapevi solo che non riuscivi più ad accettarlo.
Ti ha aperto con addosso solo quel ridicolo vestitino a fiori, dozzinale acquisto da mercato di donna modesta. E quei capelli raccolti in una coda di cavallo così improvvisata da renderla quasi ridicola. Ma cosa vedi in lei che valga la pena di cercare di rimediare ad un discorso non cercato e chissà come nato in un contesto che nulla voleva? Eppure sei lì, il cuore che ti preme in gola e la tenerezza per lei che quasi ti soffoca. La guardi e desideri farla sorridere, stringerla fra le braccia e tenerla appoggiata al tuo cuore. Ti fa accomodare nella modesta cucina, ti offre il caffè assieme ad alcuni biscotti fatti in casa, si siede davanti a te con le gambe pudicamente unite e lo sguardo vuoto. Allora tu le parli con gli occhi e lei ti ascolta, ti scruta a lungo ed infine ti perdona. Ti prende per mano e ti porta nella sua camera. Si spoglia e si stende sul letto, occhi da cerva ferita ti invitano a guarire il suo animo passando attraverso il suo corpo. E tu le chiedi perdono. Con mille baci ricopri la sua pelle, con la lingua accarezzi il suo corpo, ti insinui in ogni anfratto, riscaldi ogni parte di lei fino a sentirla tremare. Come atto d'amore finale entri in lei e ti muovi con una passione nuova e sconosciuta, guardandola negli occhi senti avvicinarsi l'orgasmo e quando vedi la sua bocca aprirsi in quel sorriso che ami, non resisti e la inondi col tuo nettare. E lei rabbrividisce fra le tue braccia mentre ti segue godendo con te.
Non ti stacchi dal suo corpo ma la tieni avvinta, respiri il suo profumo, accarezzi la sua pelle, bevi i suoi ultimi gemiti da gattina con un ardore che ti sconcerta. Guardi quegli occhi e vi scopri la fierezza e la forza, non più celata ma esibita con orgoglio. Poi le sue parole finalmente spezzano il silenzio di giorni. – ti rispetto se mi rispetti, ti amo se mi ami - e tu accetti il patto e senti l'angoscia sciogliersi, sostituita dalla gioia.

Matilde S.

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