Ancora Lui non è arrivato e sono già le tre del pomeriggio.
La tristezza è vietata alle sirene così come la remissione.
Per avere baciato il residuo insipido che c'e' nel sale delle lacrime, l'estraneità del mondo contemporaneo mi è del tutto familiare, come materia già vissuta.
Io cerco l'immensità in quest'antico Faro addossato alla roccia, in cima allo strapiombo che segna l'insenatura della Baia.
Il nido della mia fanciullezza.
Come ogni giovane creatura, provavo una certa idiosincrasia per la vita di città e mi rifugiavo qui, ad ascoltare le sonorità di questo paradiso stregato e immaginare l'alea dei cambiamenti che presto avrebbero investito la mia esistenza.
Mi nascondevo dentro la Torre, nei momenti di bisogno, al riparo dal freddo e dal vento.
Questa è sempre stata una costruzione invincibile e nessuno è mai riuscito ad espugnarla.
Io ci ho provato, passando l'infanzia agganciata in alto alla gabbia che circonda la torretta a picco sul mare.
Passavo ore ed ore ad osservare la riga sconfinata dell'orizzonte.
Guardavo in basso le onde infrangersi sugli scogli ammucchiati a ridosso del molo, che si agitavano con le loro frange argentate di schiuma.
Qui ho conosciuto un'incomprensibile calma eppure, col passar degli anni e delle stagioni, un languore crescente continua a serpeggiare brado, nel mio cuore.
Ho fissato questo primo appuntamento al Faro, nel rifugio della mia giovinezza.
...ho conosciuto Lui qualche settimana fa, in palestra.
Ci vado con Olivio, il mio migliore amico, a sudare spinning.
Il mio nuovo Bello invece, in piena fede col suo profilo salutista, frequenta per mantenere il fisico tonico e prepotente da super eroe.
Questa volta niente trucchi né artifizi, sono salita correndo per i tornanti del promontorio, con tuta da ginnastica e scarpe da tennis.
Ci siamo promessi un pomeriggio d'allenamenti.
Sento una strana esalazione fluttuarmi intorno come un'iperbole coronata di piume ed in questo stato d'animo convulso e premonitore, avvisto un fuoristrada scalcagnato in arrivo.
Dev'essere un'illusione ottica od un gioco di rifrazione, mi sembra quasi investito dai raggi del sole.
Gli vado incontro calpestando le creste di gramigna che crescono selvagge.
Lui inchioda l'auto e scende con una certa agilità.
Alla luce dell'astro il suo abbigliamento è molto semplice: jeans sbiaditi ed una camicia bianca, con uno strano e madornale amuleto al collo.
E' grintoso, con gli occhi blu elettrico che gli sbucano dalle orbite.
Altissimo ed erculeo.
Il mio quoziente di variabile casuale Gaussiana scende subito in picchiata.
- Sei in ritardo, che è successo? - .
- Scusami, ho avuto un disguido - . Risponde con premeditazione.
Tipica menzogna nascosta o meglio una mezza verità.
Mi giro verso il Faro davanti a noi.
Una Torre gotica con tanto d'edera abbarbicata ai muri e di gabbiani che svolazzano intorno.
Ombre artificiali ricadono verso est.
Decidiamo di entrare nel mio nascondiglio privato.
Ho sempre conosciuto il segreto d'accesso, un regalo del vecchio guardiano, al compimento dei miei 13 anni.
Il lastricato è dipinto di segmenti d'albero e radici aeree di sterpaglie.
Nulla sembra uguale ad allora.
Un cigolio, un rumore sinistro di ferraglia.
Lo scricchiolio dei nostri passi sul pavimento sbriciolato.
Lui è già terreo in volto e si guarda convulsamente intorno.
- Un titano non può avere paura - . Sorrido.
Una cornacchia disturbata vola via emettendo un lugubre richiamo.
Improvvisamente mi stringe forte la mano.
- E' inquietante questo posto - . Sussurra.
- Ma no, solo bonari fantasmi - .
Si gira e mi guarda. Capisco che non vuol più vedere oltre.
In un lampo, mi è addosso, con quella timida violenza che adoro.
Non vuole dolcezza, non vuole amore.
E' sesso quello che vuole, forte, ardente, un marchio di fuoco come i miei capelli.
Almeno così credo.
Gli scosto la camicia madida di sudore e lui resta immobile, quasi pregustando la mia reazione.
Socchiude gli occhi e la mia bocca lo cerca.
Non so nemmeno io se per consolazione o per smaliziato ardore.
Io non desidero possederlo, almeno non ora, non stavolta.
E' qualcosa d'altro che esigo.
Mi abbasso come una geisha che esegue un ordine impartito, gli slaccio la cintura ed inizio ad accarezzargli le palle sopra il tessuto degli slip.
Nello spazio disadorno i suoi gemiti tuonano in eco ridondante.
Sembra selvatico come una lepre sguinzagliata dalla sua cella, ma stavolta mi sorprende.
Forse è come tutti gli altri, non permette a nessuno di capire realmente i suoi bisogni.
Ma è questo che voglio.
Tutto deve essere un mistero con me, un salto nel vuoto, un'infame vertigine.
- Cosa succede? - , sgrano gli occhi su di lui.
Abbassa lo sguardo.
Mi fermo in un baleno e finalmente mi guarda.
- Credevo ci fosse anche Olivio, oggi - .
L'ho riconosciuto!
Sembra un angelo vestito da demonio o un demonio con le sembianze di un angelo.
C'è solo un modo per saperlo, adesso, stringerlo violentemente a me.
Se la sua parte infernale verrà fuori, mi torchierà con i tuoi muscoli possenti, se sarà uno spirito celeste, si arrenderà al mio amplesso avvolgente.
Non mi resta che pirateggiare la situazione.
E' lui è la vittima prescelta e succhierò la linfa finché, esangue, non rimarrà vaccinato per sempre.
La mia fantasia insultata comincia a baloccare.
Il suo gemito flebile inizia a trasformarsi in un ansito di voluttuoso tormento ed io, decisa, gli allontano la mano dall'inguine e decido di spogliarlo.
Un suono a metà tra un sibilo ed un piagnucolio gli sfugge dalla gola.
- Non fermarti proprio adesso - . Implora riportando la mia mano sui genitali.
Reagisco e mi libero in fretta, accanita a sfilargli la camicia, finché riesco ad aprirla, scoprendo un torace liscio e quasi glabro.
E' niveo, candido quasi più di me.
Gli circumnavigo il capezzolo con un solco delle mie unghie, mentre con l'altra mano gli spremo energicamente le palle.
Un lampo di luce bianca esplode nel mio cervello.
Non è lui che mi vuole, lo fa e basta, senza sapere cosa succederà dopo.
Solleva passivamente i fianchi ed io gli sfilo via l'intimo aderente.
Comincio quindi a giocherellare col suo cazzo, inseguendo il pulsare di tutti i filamenti che lo guarniscono.
Lo accarezzo, lo tiro, lo strizzo, muovendo la mano sempre più in fretta.
Poi mi accorgo che è vicino a venire.
Mi sento frustrata e sempre più aggressiva.
Improvvisamente risorge in me il consueto istinto di rivalsa.
Sono acutamente conscia di quanto è assurdo il fatto che lui non è qui per me, ma per un altro.
In effetti, Olivio è da sempre mio inseparabile seguace.
Presa da un moto d'irritazione, decido di farlo vibrare come un astro splendente riflesso nel ganglio solare.
Anche se la mia stella, oggi, ha solo una magnitudine apparente.
- Inginocchiati sulla cassapanca - lo invito da donna perfida, come se stessi facendo l'amore in astratto.
Lui lascia cadere i jeans sul pavimento ed ubbidisce, acquattandosi a quattro zampe sul baule basso.
Gli sfilo uno ad uno anche i calzini e gli strappo l'amuleto che porta al collo.
M'inginocchio a fianco per accarezzargli la carne liscia della schiena, palpando la sua temperatura in salita e l'accelerarsi del metabolismo.
Lui rimane immobile, mentre la pelle d'oca affiora ad ogni mio sfregamento.
Gli blandisco ogni centimetro di derma sui fianchi con dita leggere come ali di libellula.
Agisco lentamente, senza fretta, continuando a fissare le mie mani minuscole, composte di falangi sottilissime.
Giocherello a lungo con la nuca, la graffio e lascio piccole striature rossicce.
Poi gli lambisco e lecco tutta la spina dorsale, tracciandogli un circuito umido, simile ad una scia umettata di limaccia.
Passo leggermente le labbra sui fianchi glabri, infilando di taglio una mano nella fessura buia tra le natiche, mentre con le labbra indugio a lungo sulla pelle morbida dell'interno delle cosce.
E' pronto.
Lui solleva il culo, in modo che il mio palmo penetri più a fondo nell'oscura fossa pelosa.
Adesso capisco dov'e' il centro del suo piacere e lì rivolgo tutta la mia attenzione.
Vincendo una momentanea ripugnanza gli poso sopra le labbra e avverto i battiti impazziti del suo cuore.
Allungo la mano all'inguine e sento la caramella diventata enorme.
Passo una gamba sopra di lui e mi metto cavalcioni.
Alzo dritta la testa, mentre lui crepita come i cingoli di un carro armato sovietico.
Mi giro frettolosamente attorno, riguardo le mie mani minuscole e scorgo l'amuleto strano, la cui cordicella è rimasta impigliata lungo il mio braccio.
Una specie di totem angoloso, grosso e sfaccettato.
Indomata dal pensiero di propinargli quella supposta decuplicata di metallo, stringo le ginocchia tra le sue cosce e lo penetro.
Lui emette un grido di dolore, mentre affondo completamente il feticcio nell'ano e gli graffio una natica, coprendola di segni simili a robuste frustate.
Alla fine scendo da cavallo, ascoltando i suoi gemiti estasiati e il tremito convulso che ho provocato.
Adesso sono finalmente conscia delle emozioni scomposte dentro di me.
Il desiderio risvegliato dal permesso che sto esercitando.
Angoscia ed alienazione perché non posso completare l'atto, in quanto non sono nè un uomo, nè il fantasma del Faro.
Non sono niente.
Potrei prenderlo adesso, rinvigorito e dolorante, ma non voglio.
Fredda tecnica di circostanza che purga la poesia dei sensi.
In un solo istante riesco ad alleviare il brulicante ginepraio che regna dentro il mio essere e sottintendo alla realtà infame di un'esperienza che trascende il tempo.
Si ricompone sfilandosi il vitale talismano ed avanziamo lentamente fuori sul parapetto.
Una vecchia sartia dimenticata da secoli oramai ed un circuito infinito di ragnatele e macchie bisunte segnano il passaggio per l'uscita.
Aria !
E' già buio e so guardare tutto quello che di veramente grande mi sovrasta: il cielo e la grandiosità del mare.
Lascio scivolare tutto il resto, perché la Passione è una specie di magia e non un argomento.
Assurdo cercare l'immensità nella carne morbida e impaurita, nelle tremule ombre di questi vecchi cordami lacerati.
Il mio esistere non può essere in proprietà comune, ma solo in totale simbiosi con la natura con la quale divido sensuale innocenza.
I mirti olezzano dallo steccato del Faro ed il firmamento è stellato anche questa notte.
Questa sorta d'affresco rintrona nel mio animo di donna appassionata e prolunga la bellezza dell'attesa, rasserenando tutti i sentimenti e le carezze corporee.
Oramai la marea si è ritirata lasciando scoperte le rocce che coronano laggiù, l'insenatura frastagliata della riva...
L'antefatto tra le vecchie mura sfiora la superficie maestosa sopra di me:
- Dedico a te questa notte - .
Di nuovo sola, ritorno di corsa su per la scaletta della torre e mi fermo appollaiata alla ringhiera, con le gambe dondoloni, a 500 metri dall'acqua.
Come allora.
Una promessa.
Tornerò presto al Faro.
Per un altro appuntamento, con un uomo che ancora non conosco.
Quello a cui ho dedicato questa notte.
Rossogeranio