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Racconto n° 2698
Autore: Matilde S. Altri racconti di Matilde S.
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Cuoio grezzo
Inviata dal capo ad ascoltare il solito noioso meeting, sono seduta in prima fila a fingere un interesse formale per gli argomenti trattati dai vari relatori che si susseguono. Ancora mezzora e poi me ne vado. Mentre decido il tempo minimo che devo ancora resistere sale sul palco lui.
Lo guardo.
Lo guardo con l'acquolina in bocca, come una bimba golosa guarda un dolce a lungo agognato.
Lo guardo con l'aspettativa di un nuovo gioco da sperimentare.
L'uomo arringa il pubblico con fare sicuro e indubbio carisma. Bello di una bellezza maschia e un po' selvaggia, occhi grandi e scuri dallo sguardo intenso ed un bel corpo solido e scattante. L'uomo è molto affascinante ma non è questo che ha risvegliato il mio interesse ma un particolare del suo abbigliamento. I miei occhi sono attratti dallo splendido cinturone in cuoio grezzo. Sembra un serpente avvinto, lo cinge, lo abbraccia nella sua ruvida stretta, entra nei passanti dei suoi jeans ed esalta la mia libido di tinte erotiche e scabrose. Mi riporta a ricordi infantili, quando ascoltavo mia nonna narrare di severe punizioni inflitte con la cinghia, storie di mutandine abbassate e lacrime, tenera carne profanata e striature infuocate sulla pelle candida. E assieme ai brividi di paura mi avvolgevano altre strane sensazioni, oscure pulsioni che il mio corpo di bimba non riconosceva. Solo da adulta ho compreso il desiderio di essere accarezzata da quel cuoio, l'erotismo intrinseco di aprire quella fibbia e sfilare quel simbolo di potere. Per depositarla nelle mani del mio uomo, come uno scettro che gli dona un diritto assoluto.
La donna è un caleidoscopio infinito di desideri, sa trasformarsi da regina tiranna in schiava sottomessa, in un gioco delle parti sempre nuovo e pericoloso, una favola infinita in cui l'erotismo sale a colmare la mente di fantasie eccitanti.
Osservo stregata la fibbia della sua cintura, la luce strappa dall'oro brunito scintille di vita, subisco rapita la malia del suo muto invito. Lui continua a parlare alla platea, le mani affusolate si muovono con grazia, mani di uomo che sicuramente sanno risvegliare la passione.
Chiudo gli occhi e mi perdo.
Sento la sua voce bassa e decisa che mi chiama: - Alzati, vieni qui, slaccia la cintura e fammi godere. -
Non posso alzarmi davanti a tutti, non posso obbedire alla sua richiesta, ma all'invito sento uno spasmo di desiderio al basso ventre ed un languore che dalle membra si espande, una corrente elettrica che mi pervade istigandomi. La voce si alza di tono, diventa esigente e perentoria – non farmi attendere, vieni qui e amami con la tua calda bocca, apri questa fibbia e compi il tuo dovere - non posso resistere, il desiderio è prepotente e lo sguardo è catturato da quel cuoio, come una calamita che mi attira inesorabile. Mi alzo senza guardarmi attorno, dimentica della gente che partecipa al meeting, mi avvicino al palco, salgo e mi inginocchio davanti a lui. Resto così a lungo, gli occhi sul suo bacino, la gola secca dall'emozione, tremando di eccitazione e aspettativa. La sua mano mi accarezza teneramente la testa, con un dito scende sotto al mento e mi fa alzare il viso. Mi guarda e mi parla - non perdere tempo, mentre io continuo il discorso tu compi il tuo dovere – non c'è urgenza nelle sue parole, solo ineluttabile certezza. E io obbedisco, automa senza volontà, plagiata dalla lussuria.
Inizio il rito. Con la punta delle dita saggio la ruvida consistenza del cuoio, lo sfioro con amore, tocco la fibbia ed inizio ad aprirla. Non la sfilo ancora, la lascio aperta con i due lembi che pendono, slaccio il bottone dei jeans e abbasso la cerniera. Appoggio il viso sulla pelle calda del ventre, aspiro il suo profumo, assorbo il suo calore e bacio i suoi boxer neri. La sua mano sfiora i miei capelli e la sua voce continua sicura il discorso. Con le mani mi infilo sotto alla camicia, percorro il torace prima con i polpastrelli e poi con le unghie, sento i muscoli irrigidirsi al contatto, la pelle rabbrividire, i capezzoli indurirsi. Scendo, le mie dita entrano nei boxer, giocano con i peli del pube fino a stringersi sulla sua virilità pulsante. Muovo la mano, salgo e scendo sulla sua asta turgida, mentre con la lingua lo assaggio in rapidi tocchi da gatta. Mi fermo, le mani tornano alla cintura e la sfilano. lo guardo negli occhi, bacio il cuoio e gliela porgo . La prende fra le mani, sorride soddisfatto – togliti la maglietta, voglio la tua carne esposta - e io obbedisco ancora. Passa la cinghia dietro alla mia schiena, la fa aderire alla mia pelle, la trattiene con entrambe le mani legandomi con lei al suo corpo. – ora fammi godere – e io lo accolgo nella mia bocca. E amo il suo membro caldo, lo bacio con riverenza, lo lecco con dolcezza infinita e poi lo succhio con ardore fino a sentirlo espandersi e fremere. Allora inizio a muovermi su e giù con le labbra facendolo entrare sempre più profondamente mentre le mie mani lo accompagnano. Lui mi guida con la cintura, la tira, la allenta per poi tirarla ancora obbligandomi al suo ritmo. Sento il suo corpo fremere nell'esaltazione che precede l'orgasmo.
L'eccitazione sale in me vorticosa e mi ubriaca di passione mentre lui gode e mi inonda col suo caldo latte. E io lo bevo, lo gusto, mi nutro di lui, fino all'ultima goccia di piacere che mi dona. E godo con lui. Il mio corpo vibra estasiato mentre fra le mie gambe il fuoco si scioglie senza bisogno di nessun tocco. Languida e appagata riapro gli occhi, lo guardo dalla poltrona in cui sono ancora seduta, ed incontro il suo sguardo curioso.
Vede i miei occhi velati dalla fiamma della lussuria e non capisce. Non può sapere dove la fantasia mi ha condotto, non può immaginare che la sua cintura possa avermi fatto godere. Gli regalo un malizioso sorriso, mi alzo e abbandono la sala soddisfatta e sazia, leccandomi le labbra con la punta della lingua, gesto istintivo di donna golosa e un pò monella.

Matilde S.

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