Spingo il vecchio portone in legno. Il chiavistello arrugginito fa da battente. Mi si apre dinanzi agli occhi un chiostro erboso. Nella macchia verde, contornata da colonne ammuffite dall'acanto, ritrovo Sara dormiente.
Mi avvicino, faccio per chiamarla, ma il mio sguardo viene rapito dal pallore lunare di quel corpo esile e sparuto che respira profondamente, facendo lievitare l'abbozzo dei seni.
I raggi del sole trafiggono violenti il pergolato d'uva e arrossano quelle carni delicate, offerte inconsapevolmente alla natura beffarda.
Il caldo umido della pianura Padana fa traspirare la donna di un sudore fresco.
La sottoveste di seta bianca le si incolla addosso delineando forme curiosamente adolescenziali.
Un vento soave le solleva la parte inferiore della camiciola ed un taglio ricoperto di riccioli dorati si schiude sornione al mondo.
Faccio per coprirle il pube, ma il vento giocoso sferza folate vigorose. La sottoveste mi sfugge dalle mani, separandosi dalla pelle di Sara e gonfiandosi del soffio infingardo. Una nudità completa del petto mi rivela piccoli capezzoli cerchiati da un'aureola bruna.
Mugugna di piacere e sorride nel sonno, con le bionde ciocche di capelli che aderiscono al viso.
Decido di non svegliarla e approfitto dell'annosa amicizia che ci lega per visitare la sua nuova abitazione: un postribolo dell'Ottocento da ristrutturare, dolce oasi di piacere nella congestione del traffico d'oggigiorno, antica pietra di uno scandalo tristemente abusato nel presente.
Mi arrampico su un'impervia scalinata di marmo ruvido, lacerando con le mani le fitte ragnatele che ricascano dal soffitto. Procedendo, lo spazio si racchiude in un corridoio stretto e gradinato, dove il buio e l'umidità imperano silenti.
Il mio battito cardiaco aumenta per lo sforzo e la tensione.
La salita va a morire in una balconata fatiscente ricoperta di glicini odorosi. Cammino in punta di piedi sulla passatoia di fiori violacei, sollevando la lunga gonna all'altezza delle ginocchia. Dalle crepe onuste di tempo sboccia il rigoglio della natura. I rami del glicine si attorcigliano all'arrampicata dell'edera, come corpi assoggettati alla carnalità.
Lungo il muro che si erge alla mia sinistra, come bocche spalancate, mi si offrono tre usci privi di imposte.
Mi faccio ingoiare dalla prima cavità.
La stanza cela l'intelaiatura tarlata di un letto a due piazze e, sulla parete opposta, la sagoma di un camino murato.
Vedo una giovane donna seduta sul bordo del letto, strizzata in un bustino stringato, coi seni ingolosenti che traboccano dai merletti rosati.
La muta mercantessa di sesso adagia l'ampia sottana turchese su lenzuola di lino grezzo e ingiallito, in attesa dell'amante danaroso.
Nella stanza rosseggia il fuoco del camino ed ombre screziate danzano col sottofondo crepitante della legna bagnata.
La vedo aprire un sorriso nella mia direzione. Il fantasma del suo cliente varca la soglia della camera da letto, penetrando e attraversando il mio corpo irrigidito.
È un nobile dal capo impomatato, con baffi sottili e pettinati. Usa modi garbati ed ossequiosi. Le si accosta per baciarla, costretto in un abito scuro dall'ottima manifattura.
Li sento clandestini di un amore irragionevole e disapprovato.
Li avverto cacciatori di un affetto contrariato e vergognoso.
Rispettosa del loro sentimento, li abbandono per fare il mio ingresso nella seconda alcova.
La stanza centrale nasconde muri con tracce di vernice vermiglia. Su uno di essi resiste appesa la tela scrostata di un ritratto. Scorgo a fatica i tratti di un volto femminile, contratto in una smorfia di dolore.
La camera da letto si accende di cremisi e in un angolo, brancata nella violenza di una morsa da gendarme, scorgo il volto del dipinto. Con la chioma scarmigliata e il trucco sbavato, la seconda mercantessa di sesso si offre alla furia di un belligerante. Ha ancora indosso l'abito vaporoso, sollevato frettolosamente dal cliente nell'urgenza di un orgasmo.
Scivola su e giù lungo la parete, con un ritmo cadenzato dalle penetrazioni del cliente. Le sue proteste inascoltate si mescolano ai gemiti godenti dell'uomo.
Li sento bruciare ciascuno della propria solitudine.
Li avverto sordi del proprio piacere.
Scivolo via amareggiata e violo la requie del terzo locale.
L'ultima mia esplorazione scopre un angolo riservato e buio dove troneggia una scricchiolante specchiera. Apro l'unico cassetto sopravvissuto allo scorrere dei secoli e trovo un libricino. Lo afferro con delicatezza, sfilandolo dal mobile. La copertina nera è infarinata di polvere. Lo apro. Non riesco a leggere nulla. L'inchiostro è stato cancellato dall'umidità.
Vedo l'ennesima proiezione femminile della mia fantasia seduta dinanzi allo specchio.
La donna fa ricadere sulle spalle morbidi riccioli rossi. S'incipria il naso, sistema la scollatura. Guarda compiaciuta l'immagine riflessa.
È pronta a concedersi solo a se stessa, per il piacere incondizionato della confessione.
Apre il suo diario su una pagina immacolata, intinge il pennino nell'inchiostro nero e si accinge a scrivere, col trasporto di un'eroina romantica, di un amore negato, lontano, proibito, a lei, mercantessa di sesso, trafficante di erotismo, bottegaia di sogni.
Le parole prendono corpo sotto il moto fermo e sicuro della mano, per poi liquefarsi in un pianto amaro.
Ripercorro in fretta e furia i gradoni con doppie falcate, inseguita dal profumo strisciante dei glicini e da immagini di un passato ormai estinto.
Sara si è svegliata e mi aspetta in giardino, ritta sulle secche gambe, con in mano una bottiglia di spumante e due bicchieri da cucina sbeccati.
La guardo.
È adorabile anche con gli occhi rigonfi, le carni arrischiate ad una scottatura, i piedi nudi intrecciati ai fili d'erba. È adorabile anche coi capelli scomposti e arricciati dal sudore, con la bretella della sottoveste ricadente dalla spalla, con le labbra screpolate e cristallizzate in un sorriso forzato.
La raggiungo.
-Beviamo quel che resta della mia serata!- esclama, versando la bevanda alcolica nei due bicchieri.
Il liquido è sgasato e dal colore giallo ossidato.
Afferro il mio bicchiere e brindo in silenzio a Sara, mercantessa di sesso del Duemila.
ElisaN