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Racconto n° 2753
Autore: ElisaN Altri racconti di ElisaN
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Epilogo
E siamo giunti anche noi all'epilogo.
Noi che ci credevamo immuni all'amore e all'orgoglio, al dolore e alle vendette. Noi, che ci promettevamo piaceri incondizionati e vicendevoli. Noi che sfidavamo la notte, attendendo esausti le luci di una nuova alba. Noi che correvamo a gran velocità sulle strisce d'asfalto, con la convinzione di essere inarrestabili, invincibili, inarrivabili.
Noi che in fondo non abbiamo mai creduto in una storia, noi che una storia non ce la siamo neanche creata, noi che non abbiamo ricordi tangibili, ma solo sensazioni imprigionate. Nessuna fotografia assieme, nessuna lettera dedicata, nessun regalo scambiato.
Eravamo qualcosa d'indefinito, di taciuto, di nascosto, di proibito, di scandaloso, di emozionante, di felice, di raggiante. Odoravamo di sesso. Animali atti all'accoppiamento, questo eravamo, agli occhi del mondo.
Abbiamo suscitato invidia ed odio. Abbiamo spaccato alleanze e dissolto amicizie. Insieme eravamo la temuta calamità cosmica. E come ogni terremoto, come ogni inondazione abbiamo disseminato devasto, miseria, sconforto. E non attorno a noi, ma dentro di noi.
Nel nostro cuore albergano solitudini soffocate dalla continua e vana ricerca dell'appagamento. L'epilogo di una relazione è l'elaborazione più spicciola di un lutto.
Separazioni prostranti e inaccettabili. Rassegnazioni forzate, aspre, ingiuste, indigeste. Estranee inconsapevolezze e inafferrabilità della realtà altra. Sensi di colpa, rimorsi, rimpianti.
- Noi - che diventano - io - . - Io - impreparati a diventare nuovi - noi - .
Abbiamo smarrito la rotta, in un oceano tempestoso, come fragili imbarcazioni, con la prua spezzata e la vela lacera. Non ci sono porti che ci vogliano ospitare, non ci sono terre che permettano ai nostri spiriti indomiti di rinfrancarsi.
- Dove sarai? Cosa starai facendo? - , mi interrogo e non ottengo risposta. Sono morsa da tarli che mi hanno bucato pelle e interiora. Si può vedere dentro di me, oltre di me, al di là di me.
Riposo e tranquillità. Ne ho bisogno. Fuggire è inutile. Si porta solo il corpo altrove, ma la mente e il cuore non si scardinano. Sono come solidi portoni serrati che impediscono entrate ed uscite. Il nuovo non deve intaccare il vecchio, il vecchio non deve rifuggire le sue sedi costrette.
Ciò che mi nutre mi distrugge. Sei tu a nutrirmi e a distruggermi, è il nostro ricordo e quelli che rappresentavano i nostri istanti e i nostri spazi che mi cibano e nel contempo mi sviliscono.
Riposo e tranquillità. Una requie apparente regna nella mia stanza. La luce soffusa, proveniente da una lampada in carta di riso, rischiara i volti duri e contriti delle donne che ho schizzato a carboncino su giganteschi fogli immacolati. Sono le facce della mia anima, le smorfie del mio spirito, le maschere della mia teatrale esistenza.
Il silenzio è la colonna sonora ideale di questa nuova sera, acida e puntuale. È un silenzio che fa eco, che urla, che scalpita, che strepita, mentre il mio cuore si spaura di cordoglio e Morfeo, figlio del Sonno e della Notte, sfiora le mie pesanti palpebre col suo mazzo di papaveri, donandomi realistiche illusioni e la facoltà di riposare, una volta, ancora.

È rotondo e sodo, giovane e fresco. La scissione simmetrica è ulteriormente delineata da un sottile filo nero che finisce per nascondersi nella serratura delle natiche, laddove abita l'antro stretto e innervato del desiderio sodomita. I miei occhi sono interamente riempiti da cotanta venustà femminile, in un sogno caldo e sperato. Si schiude leggermente, quella mirabilia erotica, quasi volesse farsi conoscere nel suo interno più segreto, quasi volesse farsi odorare e saggiare nel suo respiro sudato e amaro, nelle sue grinze carnose.
Due mani nodose scivolano lungo i fianchi, i pollici s'incastrano volontariamente nei lembi laterali dell'intimo, spingendolo con foga verso il basso. Il filo raspa il taglio depilato, lasciando nudo il buco violaceo e spugnoso.
Mi sento solleticata da un godimento trasfuso dal sogno alla realtà, dal pensiero al corpo. Sento la mia vagina contrarsi leggera, con la sola forza cerebrale.
La mia visuale si amplia. Ho finalmente la possibilità di ammirare la donna nella sua interezza.
Ha lunghi capelli biondo cenere che vanno a morire assieme alla schiena, solleticando con le punte giocose il pelo dei glutei plasmati a regola d'arte. Le gambe sono lunghe, nervose, solide e flessuose.
Amo la perfezione che il mio inconscio notturno mi rende abile a partorire.
E sento un caldo umettato da umori divamparmi fra le cosce. Mi scopro incapace di discernere il reale dalla fantasia. So solo di desiderare un pene turgido e deciso dentro di me. Un pene che si faccia serrare dai miei muscoli vaginali, che da essi si lasci risucchiare e respingere. Vorrei poter custodire il sesso di un uomo nel mio, spada tagliente dentro al fodero.
Vorrei carezzare audace quella donna, ma un vetro imponente e massiccio si frappone alla carnalità.
Sono la spettatrice del mio stesso sogno, mi concedo e mi interdico da me il raggiungimento della soddisfazione.
Mi avvoltolo fra le coperte, imprigionando fra le gambe l'attorcigliamento teso di un lenzuolo. La mia anima fa transumanza indecente dell'animale che pasce delle mie viscere. Sfrego il mio pube contro la corda di tessuto, mentre lei si volta.
Carne nuda e compiuta mi punta e scruta. Sfrego incessantemente la clitoride gonfia e pungente.
Lo sguardo verde di lei, ottenebrato da lunghe ciglia annerite dal maquillage, mi regala un'irrorazione sanguigna formicolante nell'intero sesso.
Le labbra rosate della mia fantasia si mordono maliarde e una pulsazione incontrollata invade le pieghe nascoste dalle mie cosce.
Continuo a frizionare il mio sesso con un ritmo cadenzato dal piacere.
Proseguo in preda alla mattanza della ragionevolezza nel gustoso gioco dell'autoerotismo, mentre i suoi seni mi ricascano generosi dinanzi agli occhi. Grossi e candidi con una puntura ispida e tracotante del capezzolo, sembrano volermi trascinare nel loro mezzo, per strizzarmi, inglobarmi, soffocarmi di delirio.
Sento un primo timido orgasmo ingravidarmi di bramosia famelica.
Scendo con un'occhiata veloce lungo il ventre scolpito della mia donna per rapirle lo spettacolo estatico e maestoso del sesso. Una striscia sottile di pelo castano si arrampica lungo uno squarcio polposo e vivido. I miei docili orgasmi si sommano in una moltiplicazione numerica e impaziente per esordire in un'esplosione finale violenta che mi aggroviglia l'utero stuzzicato, mi avvampa il corpo incontentabile, m'incendia l'anima ribelle.
Il cuore acquieta l'affanno, il corpo si abbandona alleggerito, il sesso asciuga lacrime di mucosa rappresa.
Osservo lei, la femmina del mio incanto, il visibilio enfatico dei miei sogni, dietro la vetrina, apatica, immobile, sospesa. Ho posseduto il suo corpo con gli occhi. È giunto il momento di impadronirmi dei suoi movimenti. Infilo il gettone nella fessura. Voglio comprarla.
La moneta tintinna metallica e fumi fasciati di rosso rendono incandescente l'atmosfera.
Qualcosa sta accadendo, al di là del vetro, al di là di me.
Una mano possente e maschia si fa strada dietro la mia donna, scostandole i capelli e liberando il gentile collo. La femmina inclina il capo docilmente, con un filo lucido di bava che le ridisegna l'angolo destro della bocca.
Il tuo volto satanasso si figura nelle mie pupille rese bestie dalla furia. Ecco dov'eri: perso dietro nuove nudità, plastificate dal terrore e annichilite dalla tua spavalderia.

Una nuova alba primaverile tinge di rosa il cielo terso, una prima luce che, da troppo tempo ormai, non attendiamo più assieme. Per noi è giunto il dì dell'epilogo. Un triste crepuscolo tinto di sangue è l'orizzonte che segna la rotta dei nostri timoni.
Le scie delle nostre barche spumeranno in acque sconosciute e lontane.
Le gomme della tua auto correranno sulla nostra provinciale, trasportando un'altra donna.
Sarai un nuovo - noi - , con una lei che non risponderà al mio nome e alle mie fattezze.

Io cosa farò, ancora lo ignoro. Sappi che l'epilogo mi ferisce.

- Se sei giù perché ti ha lasciato
Se per lei sei un uomo sbagliato
Se non sei mai stato un artista
O non sai cos'è una conquista
Se per lei sei stato un amico
Se non hai lo sguardo da fico
Se non vuoi restare da solo
Vieni qui e fatti un regalo.

Comprami,
Io sono in vendita
E non mi credere irraggiungibile
Ma un po' d'amore, un attimo,
Un uomo semplice
Una parola, un gesto, una poesia,
Mi basta per venir via

Felicità
È una canzone pazza che cantare mi va
Una musica che prende e che ballare mi fa

Se non sei da un film a colori
Portar via le frasi agli attori
Se per te il sabato sera
Non c'è mai una donna sicura
Se non hai sulla tua rubrica
Una che sia più di un'amica
Se non sai andare lontano
Dove non ti porta la mano

Comprami,
Io sono in vendita
E non mi credere irraggiungibile
Ma un po' d'amore, un attimo,
Un uomo semplice
Una parola, un gesto, una poesia,
Mi basta per venir via

Felicità
È una canzone pazza che cantare mi va
Una musica che prende e che ballare mi fa

Felicità
È una canzone pazza che cantare mi va
Una musica che prende e che ballare mi fa... -


(Comprami, Viola Valentino)


ElisaN

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