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Racconto n° 2783
Autore: Matilde S. Altri racconti di Matilde S.
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Oniriche visioni
Ombre nebulose mi circondano.
Sono avvinta in una ragnatela di perdute memorie.
I sospiri lamentosi di amanti sconfitti mi lacerano l'anima.
Onde di lussuria sbattono contro scogli di ancestrali paure.
Vorrei fuggire da questo mondo onirico che mi divora, rubandomi l'innocenza, rendendomi fragile creatura nelle mani di crudeli carnefici. Cannibali di purezza inghiottono i miei istinti e mi precipitano nella sfrenata orgia sacrificale. Sono assediata da corpi vuoti di pensiero, mossi solo da laidi istinti carnali. Stracciano le mie vesti, ridono mostrandosi fra loro brandelli di stoffa, bandiere impudiche d'insano piacere. Uomini e donne, oscenamente nudi. Seni pesanti che sbattono contro al mio corpo, bocche spalancate che inghiottono i miei brividi, falli incuranti che penetrano i miei orifizi.
Osservo, impotente spettatrice, la mattanza della mia carne. Urlo la rabbia, lo strazio, l'angoscia, ma sono sovrastata dal silenzio gelido del nulla.
L'incubo m'inghiotte, mi trascina e mi porta lontano.
Altre vite sfilano rapide davanti ai miei occhi sbarrati, travagli di odissee remote, spezzoni di film in bianco e nero.
Li vedo giungere.
Sono giovani, belli, flessuosi. La pelle nera brilla, evidenziando i muscoli scattanti di lui e la pienezza morbida di lei. Sono schiavi. La loro colpa è grave, si sono accoppiati. Senza permesso. Meritano la condanna. Lei è trascinata in catene, ha il viso rigato di lacrime e lo sgomento negli occhi. Lui ha lo sguardo fiero, cammina eretto e sembra non sentire le grida eccitate della folla.
Lo spettacolo inizia.
Vengono denudati e legati mani e piedi. I pali hanno anelli appositamente studiati. Due animali aperti come croci. I corpi nudi fremono nell'attesa. Il sibilo dello scudiscio sembra quasi gentile, la mano che gli dà vita è bella e curata e lo sa muovere con arte. Trae dalle pelli lucenti serpenti scarlatti e roventi. Con maestria crea arabeschi di fuoco, lacera e tortura, punisce con giustizia quel furto di piacere.
Altre immagini, altre agonie.
Ora vi è una giovinetta bellissima. I lunghi capelli biondi le accarezzano i glutei rotondi e sodi, un ciuffetto di riccioli d'oro zecchino si annida fra le sue gambe e il seno piccolo e teso guarda spavaldo verso l'alto.
Una vergine per il signore, - Ius primae noctis - .
La stanza è riccamente arredata : letto a baldacchino, broccati preziosi e cassettoni in ebano lucidissimo. Un candelabro d'argento massiccio, finemente inciso, sostiene due candele accese.
L'aristocratico entra nella stanza. Sordo ai tremiti di paura e disgusto abbranca la ragazza, la trae a se, le infila la lingua in bocca forzandola ad aprirla. Tasta con crudeltà quella carne pura. La spinge sul letto. Infila le mani ad allargare l'entrata del suo sesso inviolato; con rozza fretta, senza gustare quel frutto dolcissimo. Entra in lei con un unico colpo, insensibile ai suoi singhiozzi.
Nei miei occhi resta impressa una macchia vermiglia sul candido lenzuolo.
Vortici impazziti di colori e suoni mi trascinano. Altri sospiri dolenti, rassegnati, vinti.
Occhi allungati.
Pelle olivastra.
Corpo minuto e delicato.
Piccole mani strette sui fianchi a chiedere rispetto e pietà.
Una certezza invade disperata la mia mente.
Non è il passato.
È oggi.
Lui un ricco turista, lei quasi una bambina.
La madre contratta il prezzo come fosse una mercanzia. Lui cerca di ottenere quella tenera carne risparmiando qualche dollaro. La transazione avviene. Quei soldi lordi di sangue in cambio di un'anima. La madre indica la stanza sul retro. La ragazzina si avvia a capo chino, l'uomo la segue. La madre prosegue il lavoro di rammendo senza nessuna espressione sul volto stanco.
Non resisto.
Chiudo gli occhi per non guardare, urlo per non ascoltare.
E sento sul mio corpo il sopruso, l'orrore, il disgusto. Artigli spaventosi si conficcano nel mio cuore. Come un animale ferito e braccato mi dibatto per fuggire dall'inferno agghiacciante in cui sono precipitata. Ho la bava alla bocca, l'orrore mi soffoca, vomito parole di repulsione mentre la lama luccica fra le mie mani prima di affondare, feroce giustiziera, in quella carne lurida che puzza di carogna.
Apro gli occhi.
Il sudore è freddo sulla mia pelle. Mi guardo attorno confusa.
La mia stanza.
Il mio letto.
La mia vita.
Il sogno è svanito. La luce del giorno rinfranca il mio spirito ferito dalla lotta.
Incubo di realtà esistenti.
Di uomini di sola facciata.
Grotteschi personaggi che confondono il sesso con lo squallore ripugnante dell'abuso.




Matilde S.

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