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Racconto n° 2895
Autore: Mayadesnuda Altri racconti di Mayadesnuda
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Senza fiato III: il colore viola
Era viola. Non ciclamino. Nè lilla. Proprio viola. Intenso. Cupo. Come la sua anima. Inciso da minuscoli ricami tono su tono. Lieve come il soffio della pelle in cui era stato tagliato. Si adattava al suo corpo come un guanto. Del resto le era stato cucito addosso. Era la sua secondo pelle. La sua identità nascosta. L'io, vertiginoso e crudele, della lupa che ruggiva nel suo sangue.
Persino il suo sguardo acquistava una luce differente quando lo indossava. Lo aveva sempre saputo. E forse in passato lo aveva anche sperimentato. Ma non così. Non come con quel ragazzo. Indossarlo per lui era un ‘altra cosa. Era come spogliarsi di ogni dannato orpello, far cadere ogni più piccolo frammento del muro di cui si circondava di solito. Mostrasi nuda. Totalmente. Liberà di assumere quell'identità cosi autenticamente sua. Libera di prendere. Penetrare. Affondare nella carne morbida, cedevole, offerta sotto di lei. Sicura. Si, anche adesso che era sola. Si sentiva sicura. Femmina fino all'ultima goccia di sangue. Proprio in ragione di quella correzione anatomica. Paradossi dell'anima. Era stato un dono. E l'aveva colta di sorpresa non accadeva quasi mai che Sofia si stupisse. Ma Leo aveva avuto quella straordinaria capacità di coglierla in contropiede da subito. Ne era rimasta affascinata.
Lui leggeva dentro alla sua anima. Nell'abisso oscuro, che vi ribolliva dentro, con sicurezza. Simile a quella con cui lei decifrava lui. Sofia ormai aveva smesso di interrogarsi sulle ragioni di questa comunione istintivamente profonda. Ne godeva. Come era solita fare della vita e delle sue infinite declinazioni casuali.
Ricordava perfettamente la notte in cui Leo le aveva dato il suo regalo. Quello che aveva fatto cucire sulle misure del corpo di lei, perché calzasse perfettamente. Perché indossandolo lei sentisse ciò che sentiva lui. Perché lei prendesse, con la violenza di cui la sapeva capace. La violenza che lui voleva per se. Leo aveva bisogno che Sofia lo scopasse in quel modo. Doveva sentire la sua carne lacerarsi sotto i colpi di lei. Farsi morbida, cedevole, aperta, laddove prima era solo contratta chiusa di muscoli. Voleva darsi a Sofia. Lei aveva fatto crescere quel desiderio di essere oggetto in lui. E ora Leo era pronto a godere di ogni minuto di quell'esperienza. Per questo quella notte non le aveva detto del regalo. Solo, mentre lei era intenta a leccarlo con golosa avidità, lo aveva chiuso sul suo corpo. Quasi senza che lei se ne accorgesse. E dopo si era offerto. Lei non aveva avuto esitazioni. Del resto Leo era sicuro che Sofia non avrebbe esitato. La lingua di lei aveva percorso avida il solco tra le sue natiche. Indugiato sul buco. Le dita curiose e decise erano entrate. Una. Due e poi tre. Il viola sul corpo di lei reso lucido dalla saliva che vi aveva spalmato sopra, si accendeva di mille riflessi alla fiamma delle candele. Lei aveva giocato un po' con la punta, facendola scorrere nel solco. Ma poi la tensione, la voglia che l'attenagliavano da tempo erano diventate incontenibili. Il colpo era stato secco. Impietoso. Leo aveva dovuto ricorrere a tutta la sua forza per non allontanare Sofia. Ma c'era riuscito. Lei aveva iniziato a muoversi. Il respiro rotto. Leo si era sentito capace di sopportare qualsiasi cosa pur di continuare a sentire la voce di Sofia arrochita in quel modo dalla voglia di prenderlo. Il peso del corpo di lei sul suo lo mandava in estasi. Lei si muoveva. Spingeva ritmica. In crescendo. Il respiro sempre più affannoso. La voce con cui lo chiamava. Lo esortava. Sempre più faticosamente le usciva dalle labbra.
Finchè era esplosa. Crollando esausta sul corpo di lui. Le unghie affondate nelle sue spalle. I denti nel collo. Leo aveva pensato che non avrebbe mai potuto amarla più che in quel momento. Si era sentito suo. Totalmente. E l'aveva sentita sua. Persino più di quando era lui a prenderla in quel modo.
Sofia aveva tremato dopo. Leo l'aveva portata a perdere il controllo. Era andata oltre se stessa. Oltre lui. E ora quell'identità viola rispecchiava la sua anima come mai niente prima. Non sarebbe più riuscita a farne a meno. E non ne aveva avuto bisogno. Sofia si scosse allontanando con un sorriso da se quei ricordi così intensi. Ora era pronta per un altro capitolo. Si guardò soddisfatta allo specchio. Il nodo della cravatta, i polsini della camicia, la pelle lucida delle scarpe, il filo dei pantaloni perfetto. E quel rigonfiamento caldo sotto la patta. Si era pronta. Mise gli occhialetti cerchiati di oro brunito e calzò il borsalino che aveva ereditato dal nonno.
Avrebbe messo alla prova Leo. Voleva prenderlo. Le fremevano le dita e persino la pelle viola sotto i pantaloni, anche se sapeva benissimo che non era possibile. Ma voleva farlo in pubblico. Sarebbero andati in quel locale gay. Una discoteca nota in città e lei lo avrebbe sbattuto contro un muro della toilette e sarebbe affondata nel suo culo. Così. I pantaloni dei Leo calati il minimo sufficiente. Quelli di lei appena aperti. Lui si sarebbe aggrappato al muro con le unghie. Lei avrebbe coperto il suo corpo montandolo. Come due animali in calore. Due uomini in preda alla voglia. Solo quella. Pura. Bestiale. Contro un muro. In una notte qualunque. In quella città, che non ammetteva requie.
Dopo si sarebbero presi per mano e sarebbero tornati alle loro case. Leo con il culo dolorante e Sofia con il sapore di lui in bocca. Uniti da un amore cupo e appassionato. Di colore viola.

Mayadesnuda

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