Li guardo ballare scanzonati. Hanno nel corpo l'agilità scattante dell'adolescenza e la leggerezza tipica dei vent'anni. Potrebbero essere fratelli se non fosse per la notevole differenza d'altezza: uno infatti supera il metro e ottanta, l'altro invece si ferma al metro e settanta. Sottili, dai muscoli lunghi, olivastri e lisci. Ad occhio e croce il più piccolo pesa come me. Ha il bacino strettissimo, le natiche che stanno tra le dita, le braccia striate di verdi vene pulsanti. I capelli nerissimi, più corti sulle tempie, e gli occhi bruni, fondi, dalle cornee biancoazzurre. Il - fratello - è la sua copia allungata, naso compreso. Ha un profilo meno bello infatti, il naso importante svia l'attenzione dagli occhi, ma il sorriso, candido e spregiudicato, disarmerebbe chiunque.
Giocano tra loro come cuccioli di cane, girano sulla pista con palpabile elettricità, incuranti della stanchezza, mai paghi di oscillare il bacino.
Inizialmente credo siano assieme, ma seguitando a guardarli mi rendo conto che il contatto tra loro è proprio di fratellanza, profuma di gaiezza ed amicizia profonda, non d'amore o desiderio.
La conferma mi arriva di lì a poco. Sento due mani posarsi sicure sui miei fianchi fasciati di nero ed imporre un ritmo frenetico, esaltante. Un corpo caldo s'incolla al mio e mi piega le gambe. Avverto subito la pressione tra i glutei, un cazzo giovane e duro che gioca sulle mie curve. Il mio vestito è trasparente, sottilissimo. Percepisco chiaramente la piega spessa dei suoi jeans. Adoro questo tipo di contatto, non so nemmeno che viso abbia, non so chi sia, mi sto solo godendo il suo bacino ondeggiante, spudorato. Le sue mani scivolano verso l'alto, evitano cortesemente il seno e si incrociano sopra l'ombelico. Le osservo: sono grandi, sottili e scure. Ha una carnagione troppo olivastra per essere di qui. Le braccia sono quasi glabre, con le fasce muscolari insolitamente evidenti.
Mi volto, non per vederlo, ma per sentirlo sul bacino. Infila una gamba tra le mie, si salda forte alle mie anche e mi trasporta via, in una fluttuante lambada. Non ci siamo ancora guardati, teniamo entrambi gli occhi socchiusi e ci lasciamo trasportare dalla musica che pompa sangue nel cuore. Incrocio le braccia dietro la sua schiena, in un insolito slancio d'affetto. La mia è gratitudine, voglia di spandere calore, di comunicare energia calda. Arrivo ad afferrarmi i gomiti con le mani e scoppio a ridere rovesciando la testa, mentre lui mi sostiene la nuca con la mano destra. Apro gli occhi e lo riconosco, è il più piccolo dei due, e mi sta sorridendo con una franchezza che non vedo da tempo. E' giovane, giovanissimo anzi. Un'ombra di barba sul mento, ma guance vellutate, dalla pelle luminosa, un'ambra scura priva di imperfezioni. Ha gli occhi grandi nerissimi, che ridono gai.
Balliamo assieme tutta la notte, senza chiederci nulla. Ci fermiamo solo pochi minuti, seduti sul muretto a bordo pista. Ha sette anni meno di me, mi schermisco, gioco a fare la mamma, a rimproverarlo di fare le ore piccole. Mi racconta sereno del lavoro che ha trovato qui, al nord, tramite internet, dell'appartamento che condivide col suo amico fidato. Mi mostra le foto del fratellino, rimasto a Napoli. Scherza e m'imbroglia dicendomi che è suo figlio. Ha un modo delicato di guardare, di chiedere, di condividere.
Mi trascina di nuovo sulla pista, in balia di un'energia che conosco bene, che spinge a sciogliere le redini nel magma sinuoso della folla.
Si crea un'intimità improvvisa, non voluta. Comincio a sentire il suo corpo in ogni guizzo, a cogliere l'eccitazione che respira latente sotto la pelle. La sua, e la mia. Mi viene da ridere. Rido pensando alla differenza d'età, a come il corpo se ne freghi altamente di certe sottigliezze. Il cuore mi rimbomba in gola mentre spingo voluttuosa il culo verso il suo cazzo esuberante. Afferro le sue natiche con le mani, lo premo verso di me e abbandono la testa sulla sua spalla. Mi respira sul collo. Voglio che mi tocchi, che mi baci o mi lecchi le clavicole. Penso che un adulto l'avrebbe già fatto, mentre lui segue soltanto le mie reazioni, passo dopo passo, senza anticipare nulla, senza invadermi come invece vorrei ora. La mente ondeggia pericolosamente, scivolo con le dita sul suo ventre, lì dove muore nell'elastico dei boxer. Colo di desiderio caldo tra le gambe, avverto l'odore della mia pelle cambiare, trasformarsi in profumo ammaliante. - Guarda che sono di carne... - gli sussurro modulando la voce. - Ah sì? - mi risponde, e mi stringe più forte, il cazzo che gli scoppia nei pantaloni.
Penso che glielo vorrei toccare, lisciare coi polpastrelli, misurare con la bocca. Penso che lo trascinerei nel bosco vicino e lo spingerei contro un albero, che gli sgancerei i tre bottoni dei jeans tutti assieme, con uno strappo, e lo respirerei sopra la stoffa bianca dei boxer stretti. Penso che glielo prenderei tutto in bocca subito, senza preliminari noiosi, che lo guarderei negli occhi e gli chiederei se ha mai trovato una donna che succhia con tanta passione. Penso che lo leccherei a lungo, nutrendomi del suo odore di ragazzo. Penso che vorrei non mi dimenticasse, che passerei la lingua ovunque, che scivolerei tra le sue gambe, fino ad arrivare all'ano. Penso che lo penetrerei in punta di lingua per farlo sciogliere un poco, e poi gliela infilerei tutta, scopandolo come si deve. Penso che una volta drogato così, tornerei al suo cazzo e lascerei fossero le mie dita a fotterlo dietro. Penso che vorrei sentirlo vibrare, vedere le sue gambe piegarsi e gli occhi chiudersi sull'emozione troppo forte. Penso che adorerei il suo schizzo caldo e violento in gola, assaporarlo con calma e tenergli il sesso tiepido tra le labbra immobili mentre rimpicciolisce poco a poco. Penso rimarrei così, in ginocchio sull'erba a baciargli il ventre adolescente finché non ritorna sulla terra.
Penso tutto questo mentre l'alba giunge con le sue dita biancolatte a scorticare i sogni.
Lo saluto senza ricordare nemmeno il suo nome, ma col gusto del suo sesso disegnato nella mente.
Madamesnob