Qualche volta la vita di uno scrittore può essere straordinariamente affollata. Di buone idee, se è in stato di grazia. O da personaggi, di varia umanità.
Ora, non fraintendetemi: io li amo, i protagonisti delle mie storie. Alcuni più di altri, lo riconosco. E nulla mi rende maggiormente felice che vederli riamati.
- Racconta, ancora. Accadde davvero così? E lui, e lei – esistono – davvero? -
E' lecito domandarselo. Alcuni, me lo domandano.
Ma immaginate, per un momento soltanto, di essere voi lo scrittore. Ardente di vita. Traboccante di creatività e di passioni (è difficile, lo so). E che mentre siate intenti a scrivere, i vostri personaggi vengano a battervi sulla spalla. Non un tocco leggero, no, ma quasi stizzito. – Ehi tu, hai scritto di me, lo sapevi? Sono il tuo personaggio, sono quello preferito. Il protagonista. Dopotutto, mi devi qualcosa, no?
E voi: - Stai zitto, cretino, pezzo di somaro, anzi somarissimo. Ma non lo vedi che sto scrivendo? - .
Insomma, è straniante. Da farvi venir voglia di non scrivere più (no, questo è impossibile). Magari di scrivere d'altro. O di altri.
Ai miei personaggi preferiti son pronta a concedere vita e respiro. Ma voi non guardatemi in cagnesco, eh. Vi amo, sapete. Ma sulla carta. E rendo di voi un'immagine tale – seducenti anzichenò – cosicché vi amino anche altri; poi, alla fine dello spettacolo, torniate dietro le quinte. Sudati, stanchi, epperò felici. Vi amo, è vero. Ma vi farò il favore di non dirvelo mai.
E' che agli scrittori piacciono le tempeste in un bicchier d'acqua. Amano alla follia e repentinamente disilludono. E' il loro - numero - migliore, la magia più riuscita. Non c'è nulla di reale, nulla di autentico come lo intendete voi. Non innamoratevi mai di uno scrittore. Né di una scrittrice.
Adesso mi par quasi di vederti. Seduto sulla tua poltrona Chesterfield, con il tuo sigaro e il whisky preferito. A leggere e rileggere, come dici tu.
E io, dentro la storia. Perché il tuo personaggio preferito sono io.
- Lui era bellissimo. Lei si voltò, e disse... -
***
Il Doppio Sogno di Schnitzler. - Eyes Wide Shut - . Il Club (dei Proustiani), se preferisci.
Un salotto letterario dietro una congrega di streghe - uomini e donne, secondo l'accezione socratica - dalle apparenze lussuriose. E in verità, un Simposio alquanto carnale.
Non avevo mai subito così prima d'ora la fascinazione di un non-luogo. Ermeneutica del desiderio, fra ridondanze barocche. Ed è curioso sapere che mi stai cercando, poiché se anche ne avessi il tempo per intero, non mi troveresti.
Non penserai a venir qui, né potresti indovinare che lo abbia fatto io – non mi conosci.
Qui è dove tu non sarai mai.
Nessuno tra coloro che conoscono te leggerà, e ti parlerà di me. Rivestita dell'invincibile sortilegio, della medesima specie di quelli che preservano i bambini. I folli. I santi. Gli ebbri.
Un ingannevole sfoggio di sincerità potrebbe sempre eluderti. Ed io, occultata tra le pieghe.
Non vi è necessità di cancellare con zelo da iconoclasta le tracce dei giorni: siamo destinati a non incontrarci.
In alcun luogo c'è una Morgana che quel pomeriggio non si sia sottratta al tuo abbraccio. Ti abbia concesso quel bacio. Non ti abbia sferzato con parole crudeli.
L'insulto deliberato da farti arretrare, pallido in volto.
Il nome che non pronuncio. Potrei gridarlo qui e da altrove, tetti o terrazze, non sarebbe differente. Cose da dire e cose da non fare. Cortesi e distanti, delicatezza ponderata ed estrema che si riserva al malato grave, poi tacciamo all'unisono, sincronizzati sui moti invisibili del cuore.
Non ti ho odiato fino in fondo. E anzi ti amo, mio ardente nemico, irreparabilmente.
Tu puoi sempre leggere di me. Cancellare il mio numero che non ti chiama mai. Scegliere di far andare la mia musica.
Dio, se ti invidio tutte le alternative che hai.
Non puoi più toccarmi, però. Né possiamo più guardarci negli occhi, per caso e interminabilmente.
Senza esserci mai mentiti. Come in un singolare giuramento di lealtà e inimicizia.
Mio avversario e mio amore.
Il tuo sguardo serio e intento su me. Una morgana infine compunta, pronta a riconoscerti il vantaggio, se tu lo avessi ottenuto. Non sorridere mai, pensavo assurdamente. Linee purissime e perfette di cesello. Non sorridere, e poi - non toccarmi, non baciarmi più. Mai più, amore mio. Mai più.
Mago e sofista. La mia strega.
***
C'è qualcosa di profondamente e autenticamente gentile nell'uomo che le ha salvato la vita. Come se non bastasse.
Lui è bellissimo ma questo è qualcosa che non può ferire nessuno perché la sua bellezza è una luce e una grazia e, anche se tu non sapresti dire da dove questa luce gli giunga, è innegabile che sia un dono, per il cerchio di luce che spande intorno a sé.
Come un cerchio di luce e calore, promana da lui perché è un uomo felice, e tu la riconosci quella felicità rotonda e perfetta che un tempo avvolgeva te pure.
Non era un desiderio cosciente che altri ne facessero parte, ne fossero compresi: piuttosto, un'inestinguibile necessità. Come una luce, proprio, che crescendo si espanda ed intrida.
Così tu lo comprendi questo suo moto che inevitabilmente lo spinge ad aprirsi verso gli altri e a condividere. Ma di fronte a questo, devi ritrarti.
A te sembra che ci sia qualcosa di osceno nel mostrare le rovine di un cuore congelato. La creatura ferita la quale si ritrae dal magico cerchio di luce che ne rivelerebbe l'irrimediabile deformità.
Perché la felicità consiste in questo: nel confidare che il male possa essere sanato e ogni piaga curata. Nel non capire come a quel moto incessante di vita e calore se ne opponga un altro che si alimenta di sé e nutrendosi distrugge e distruggendo si nutre. Puoi starne lontano, però. Perché è sempre questo l'errore che compiono le persone buone e felici: credere di poter toccare ciò che è male, fosse anche per guarire, senza restarne irrimediabilmente contagiati. E' la malìa inesplicabile e ingannevole del Giardino d'Inverno. Non fiorirà nella maniera che intendi tu. Mai.
Morgain