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Racconto n° 3083
Autore: Nausica Altri racconti di Nausica
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La Katana rossa
Era dicembre e c'era la fiera dell'artigianato a Milano, centinaia di stands da ogni parte del mondo suddivisi per continenti.
Il continente asiatico, quella la nostra meta; una Katana nuova fiammante, quello lo scopo dell'acquisto.
Ma perché chiedere a me, un'allieva, di accompagnarlo a scegliere un oggetto così importante per un Maestro di arti marziali? Strano, molto strano. Comunque accettai, certo che sì, un grande onore per me.
Si dice che la katana sia l'anima stessa di un Samurai, un giuramento fatto su di essa è vincolato dall'onore, dal sangue...dalla morte.
Ne vedemmo un centinaio, ognuna di esse passò per le mie mani, ma non pensavo che il mio parere contasse molto infine, poiché non sono certo un'esperta. Mi sbagliavo.
Ad un certo punto fui rapita da un bagliore scarlatto, era la spada più bella che io avessi mai visto. Non so cosa aveva di particolare rispetto alle altre, forse il color rubino intenso, forse la lunga fascia di seta nera intrecciata all'estremità.
Mi fermai a guardarla e con le dita la sfiorai, lui la prese e me la pose tra le mani, lo guardai per un lungo attimo e poi la sfoderai.
L'acciaio era abbagliante, passai con tocco leggero l'indice sulla lama affilata...e rabbrividii.
Feci per porgergliela, ma lui non volle neanche toccarla e, cosa ancora più strana, non la stava neanche guardando; continuava a fissarmi dritto negli occhi, come durante i combattimenti, semplicemente disse: - Prendo questa -
Nello stesso stand acquistai per me un corto kimono di raso nero, con i risvolti rossi.
Tornammo verso casa, parlando degli acquisti e di altro, una nostra normale conversazione, fino a quando ci trovammo sotto casa mia.
Una classica situazione imbarazzante, erano le 22.30 e non sapevo se dovevo chiedergli di salire, certo era che desideravo farlo, non sapevo proprio come però.
Più di una volta era stato a cena da me, che c'era di strano in quella occasione nel chiedergli di salire? Eppure se ero così imbarazzata qualcosa di strano ci doveva essere per forza, qualcosa era scattato, qualcosa era successo. Anche se non si direbbe, sono molto timida in certe situazioni, e durante i 10 secondi dedicati al parcheggio mi ero già fatta 100 film nella mia testa, e ancora non sapevo che fare.
- Posso salire? -
Oddio ti ringrazio! L'ha chiesto lui!
- Ma certo! -
Arrivammo di sopra, ci togliemmo i cappotti e gli chiesi: - Cosa ti posso offrire? -
Ignorò la mia domanda e disse: - Provati il kimono, voglio vedere come ti sta -
Tremai immaginando tutto e niente. Non risposi. Presi il sacchetto con il kimono e salii di sopra, nella mia camera da letto, e dopo pochi minuti ero pronta per scendere, ma la sua voce mi arrivò dalle scale...stava salendo: - Sei pronta? L'hai indossato? - mi voltai e lo vidi lì, fermo sull'ultimo gradino. Nella mano destra teneva la sua katana.
Non so perché ma, anche se avevo il cuore che mi stava uscendo dal petto, in quel momento mi rilassai e gli sorrisi.
Era incomprensibile a me stessa quella reazione, ma mi ci abbandonai.
- Sei bellissima -
Rimasi immobile, in piedi davanti al letto, e con una lentezza incredibile si avvicinò.
Nessuno mi aveva mai guardato così, sembrava vedere la mia pelle sotto il raso, sembrava trattenere il respiro per tutto quel tempo, forse lo stavo trattenendo io.
Posò la katana sul letto, e mi prese il volto tra le mani, con una delicatezza travolgente. Chiuse gli occhi e mi accarezzò il collo, poi i capelli, le guance, le sue dita scrutarono i miei occhi e la bocca, e poi piano avvicinò le sue labbra alle mie. Gesti leggeri, innocenti, quasi impercettibili, stavano scatenando l'inverosimile dentro di me. Un nodo alla bocca dello stomaco da togliermi il fiato, un benefico calore nel ventre, sentii i miei seni gonfiarsi e i capezzoli inturgidirsi quando sfiorarono il suo petto.
Fu in quel momento, all'improvviso, che mi prese con una mano il mento e con avidità mi infilò la sua lingua in bocca, non trattenni un gemito.
Con le braccia mi strinse forte alla vita, facendo aderire il mio corpo al suo, avevo voglia di saltargli in braccio, di avvinghiare le mie gambe nude attorno ai suoi fianchi, ma mi trattenni. Sapevo che aveva in mente qualcosa, e in quel momento mi scostò delicatamente.
Con calma sciolse la fascia di seta nera dalla spada, molto lentamente, come se non avesse null'altro da fare al mondo. Io guardavo affascinata le sue mani calme. Mi guardò, mi sorrise in modo complice, e poi mi bendò.
Il battito del mio cuore divenne esageratamente veloce a quel punto, il mio respiro irregolare cominciò a sentirsi distintamente nella mansarda.
Sapevo che era eccitato dalla mia agitazione, lo ero anch'io...allungai le mani per cercarlo, lui subito le prese e cominciò a baciarmi le dita, una ad una le baciò, le leccò, le succhiò, poi mi spinse indietro e mi fece sdraiare sul letto.
Lo sentii spogliarsi, ad un tratto fu sopra di me, nudo. Sentivo tutto il suo peso e soprattutto sentivo il suo sesso gonfio e duro che premeva contro il mio ventre, dissi qualcosa...non ricordo - Oh mio Dio - era come se avesse 10 mani, le sentivo dappertutto.
Allargai leggermente le gambe e lui spinse il suo pene eretto facendolo strusciare contro le mie mutandine. Mi stava accarezzando dappertutto, sentivo le sue mani sul raso che esploravano ogni centimetro del mio corpo e la sua bocca sul mio collo, mi leccava ed avevo già una voglia pazzesca di averlo dentro di me.
Si sedette a cavalcioni sopra di me e, con la sua lentezza snervante ed eccitante, mi slacciò la cintura del kimono e la sfilò via, mi afferrò i polsi, li portò al di sopra della mia testa, e li legò.
Le nostre lingue si intrecciavano avidamente, mentre le sue mani scostavano il raso scoprendo lentamente lembi di pelle tremante, rabbrividivo al passaggio delle sue mani, questo lo faceva impazzire.
Non potevo usare le mani, le gambe avvinghiate ai suoi fianchi accompagnavo i movimenti, lo spingevo verso di me.
La sua bocca cominciò a scendere sul collo, la sua lingua come un pennello caldo lasciava umide scie sulla mia pelle, ormai il kimono era completamente aperto e quando la sua bocca arrivò ai capezzoli i miei gemiti si fecero forti. Li succhiava, li leccava, li circuiva, la mia schiena si inarcava andandogli incontro e ad un certo punto la sua bocca prese a scendere ancora, sotto i seni, fino all'ombelico...e ancora più giù, fino a quando sentii la sua lingua insinuarsi nelle mie mutandine, all'altezza dell'inguine, lì si fermò.
Sentii il rumore dell'acciaio della katana, la stava sfoderando dalla sua custodia.
- Santo cielo – pensai – Oh santo cielo-
All'improvviso sentii la lama gelida tra i miei seni, lentamente mi accarezzava andando su verso il collo, deglutii, arrivò fino alla mia bocca.
- Tira fuori la lingua -
Avevo paura, ma lo feci, sentii il sapore metallico e gelido sulla lingua. Una paura tremendamente eccitante. Prese di nuovo a scendere, passò di nuovo tra i seni e poi ancora giù fino all'ombelico, e più giù. Non riuscivo a respirare, non avevo fiato.
Sentii la lama sulle mie mutandine, scorreva piano lungo tutta la mia fessura, e poi tornò su seguendo l'inguine, si insinuò all'interno e lacerò la stoffa su un fianco. Io non riuscii a trattenermi ed emisi un gridolino. Risalì l'altro lato dell'inguine e lacerò ancora la stoffa con un taglio netto e deciso. La spada cadde in terra.
La sua mano afferrò la stoffa tra le mie gambe e la tolse, mi afferrò le ginocchia e le tirò su, aprendomi completamente le gambe, e poi... e poi all'improvviso sentii la sua lingua penetrare nella vagina fino in fondo. Gridai!
Sentivo la sua lingua insinuarsi, dentro e fuori...dentro e fuori.
Sentivo il suo volto affondare tra le mie gambe e sentivo i suoi gemiti, i miei umori e la sua saliva gocciolavano sul letto, li sentivo scorrere caldi, e poi rallentò, lentamente la sua salì verso il clitoride, delicata adesso - Oh sììì - voluttuosamente mi accarezzava il clitoride, su e giù, ancora e ancora, mi sembrava di impazzire.
Non volevo venire e glielo dissi:
- Non farmi venire così, ti voglio dentro di me. Slegami, ti voglio toccare -
- Non se ne parla, non ancora -
Mi chiuse le gambe e si mise a cavalcioni sopra di me, sentii il suo pene sulla mia pancia.
Mi accarezzò il volto e cominciò a salire, sentivo il pene caldo e pulsante che veniva su, verso di me, finché l'ebbi tra i seni, duro, bollente.
Prese i miei seni e lo avvolse, poi cominciò a muoversi, lo sentivo scivolare e gemere, su e giù...su e giù...abbassai il mento e aprii la bocca, e scivolando tra i miei seni la sua punta mi entrò in bocca, bruciante.
Sentivo le sue vene pulsare tra le mie labbra, lo sentii gemere forte e succhiai piano, e poi ancora...e ancora.
Continuava a scivolare tra i miei seni e ogni volta che tornava su mi entrava in bocca, fino a quando gemette: - Non ne posso più! -
Si fermò, lo sentii trafficare, capii che si stava infilando un preservativo, e poi si sdraiò sopra di me, sussurrò il mio nome e prese a baciarmi, allargai le gambe, e scivolò dentro di me. Gridammo insieme, oh quanto gridammo... sussurrava il mio nome, poi lo gridava, mi baciava.
Le nostre lingue non si stancavano di intrecciarsi, mentre il suo pene si spingeva sempre più in profondità dentro di me. Lo implorai di slegarmi, e con una mano finalmente lo fece.
- Fammi venire così...fammi venire adesso - gli sussurrai ad un orecchio, mentre le mie mani finalmente libere lo accarezzavano, le mie braccia lo stringevano, le mie gambe sui suoi glutei lo spingevano forte dentro di me, e le spinte divennero veloci, violente.
Sentivo i suoi testicoli sbattere sui miei glutei, all'improvviso mi tolse la benda dagli occhi e lo vidi...vidi i suoi occhi lucidi e venati, vidi il suo volto sconvolto dalla goduria e venimmo, un'esplosione nel basso del ventre, movimenti convulsi, sentivo i muscoli della mia vagina pulsare e bruciare, e giacemmo sfiniti.
E poi...ancora il mio nome in un sussurro.

Alla lezione successiva arrivò in palestra con la sua katana nuova, tutti gli chiesero di poterla vedere e lui tutto orgoglioso la mostrò.
Quando la sfoderò notai subito sull'acciaio una piccola incisione in lettere cinesi.
Qualcuno chiese: - cosa c'è scritto? - lui mi guardò e non rispose.
Un maestro cinese al suo fianco rispose per lui...e disse il mio nome.
Io lo guardai e in principio non capii.
Lui mi guardò...e sorrise.

Nausica

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