Manuela ha il culo grosso. E uno sguardo luminoso che perfora l'anima.È carina Manuela, neri i capelli e tonda.
Carina ma non bella.
Manuela ha il culo grosso e modi gentili. Fa la cameriera in un ristorante sul mare. Cerca sempre di ricordare i nomi dei clienti e le loro preferenze, è importante per lei: la fa sentire a posto. E sa che è importante per i clienti sentirsi speciali, almeno un po'.
Ha finito il turno, Manuela. Toglie la divisa che usa per lavorare... maglietta bianca, pantaloni neri, un gilet. Indossa i suoi vestiti... maglietta nera, pantaloni neri. Non c'è gran differenza.
Lei non se ne accorge... o forse pensa che il nero le assottigli un po' le forme.
Ha finito il turno ora, e torna a casa.
E' stanca Manuela, ma lui la ferma, le sorride illuminandosi.
Ti vanno quattro passi?
Ho cinque minuti.
Lei non se lo fa ridire. Il sorriso di quella meraviglia di ragazzo, spesso le manca e fa male. Male come se le levassero la pelle.
La donna dei cinque minuti di tempo. Quella da chiamare tra una cosa e un'altra. Quella che non chiede, non recrimina. Sa perfettamente di non essere nella posizione per poterlo fare.
Quel ragazzo che le piace è una meraviglia.
È bello, alto e con il corpo scolpito da palestra e tanti sport.
La sua ragazza è come lui, bella alla sua altezza...
Tutti e due emanano quel aria che hanno le persone, quando la vita con loro si comporta da signora...
Ma fra loro non va bene.
Non dice nulla Manuela, ma lo ha capito lo stesso. E poi, il ragazzo con lei è gentile sempre, a modo suo le vuole bene.
A modo suo.
Chissà se il modo suo si potrà mai trasformare?
Shh... chiacchiera Manuela, parla del più e del meno, che di questo lui ha bisogno...
Ha pazienza Manuela. O forse, è una speranza irriducibile. Qualunque cosa sia, aspetta.
Sa che la cerca ogni tanto. Quando ha voglia di compagnia, quando la ascolta parlare e lascia che la sua voce e i discorsi, lo distraggano.
Poco tempo, ha sempre fretta lui.
Ma almeno... ogni tanto va da lei per chiacchierare e non pensare. Poco tempo, quel che serve per poter tornare a rituffarsi nella sua vita, alleggerito almeno un po'.
La ascolta, lei gli racconta dei ragazzi che la trattano così così.
Lui le dice che non la meritano, che lei è speciale.
Manuela sta zitta e ricaccia indietro un sospiro troppo profondo. Una lacrima che riesce a non far spuntare.
Lo guarda con quegli occhi che perforano l'anima.
Lui sta zitto, forse capisce, ma ha un amore che viene prima.
E lei sente di non essere speciale abbastanza.
Almeno non per lui.
Tornando a casa, ha voglie e desiderio, Manuela.
Ma tiene tutto per sé, perché non c'è modo di condividere.
E pensa pure che, se non gli servisse ogni tanto una delicata distrazione, lui non l'avrebbe vista nemmeno.
Soddisfa da sola i suoi desideri. Così come vive, mangia, dorme e pensa da sola.
Si ottunde come può. Si tiene occupata, legge, esce.
Cerca qualcosa di idiota che riesca a coprire il rumore che le fanno i pensieri nella mente, o per non sentire l'impotenza che a volte le fa mancare l'aria.
La sera guarda cose in tv senza vederle, senza ascoltare davvero.
Maledetta mente.
Zapping. E' notte fonda. Donne che ansimano esageratamente, gemono, leccano altre donne, ne torturano i seni, infilano dita dalle unghie lunghissime dentro fighe secche. I volti sono contratti in smorfie che fingono piacere, mentre il piacere vero, quello di farsi guardare, filmare, è ben nascosto dietro pretesti e fretta.
Un uomo ed una donna che si incontrano in un ufficio. Dopo pochi secondi stanno già baciandosi, palpandosi in favore di telecamera. Lui la spoglia, rimane vestito mentre la telecamera si sposta ad inquandrare la figa mentre lui la lecca. Poi, si spoglia anche lui e la scopa. La telecamera gira attorno a proteggere l'intimità di lui.
Chissà perché questa pruderie anche nei porno da tv. Chissà perché questa ipocrisia. La figa ha primi piani continui. Il cazzo, diritto alla privacy.
Manuela spegne la TV. Il silenzio è fitto, solido. Guarda fuori, la notte sembra circondare tutto, piove così tanto che non si vedono luci nelle case vicine.
Si guarda adesso, gli occhi scorrono su di sé impietosamente.
Nonostante sia sola, si è vestita con cura.
Non è un caso, lo fa sempre.
Non sopporta la trascuratezza, le tutone con gli orsetti, i calzettoni spessi.
E poi le piace giocare con le contraddizioni.
Una tuta l'ha messa, sì, ma di velluto nero e forse, le nasconde un po' quel culo grosso.
I pantaloni sono a vita bassa, la giacca è stretta e le arriva sopra all'ombelico, ha lasciato la lampo aperta a metà e sotto, si intravede un reggiseno di velluto nero che le lascia scoperti i capezzoli.
Prova ad accarezzarseli, immagina una mano che lo faccia con quel piglio che solo gli uomini hanno. I capezzoli le si induriscono, e la loro immagine si sostituisce a quella dell'ultima volta che un maschio li ha resi così. Sì, maschio è la parola, non altro. Uomo no, un uomo è un'altra cosa è.... Ma funzionava, ci riusciva almeno per qualche istante...
Chissà se lui....
E basta questo pensiero per distrarla, raffreddarla.
Il suo intemperante cervello non smette un secondo di tormentarla. Chissà se i torturatori delle dittature hanno la stessa impietosa determinazione...
Ma, cosa c'entra Manuela... le torture degli umani finiscono sempre, in un modo o nell'altro. Quelle della mente, del cuore difficilmente lo fanno.
Cerca di tornare a concentrarsi sui seni.
Ha voglia. Una voglia da pazzi. L'esercizio di rimandarla, la pazienza di aspettare, a volte è tutto troppo difficile.
E il tempo sembra dilatato sempre di più, lunghissimo, eterno, come quando da bambini non passava mai...
Ma Manuela ne ha moltissima di pazienza, moltissima.
Ha le torture note di pensieri noti, che le tengono compagnia.
Ogni tanto pensa ad una pillola che le dia sollievo, sa che lo farebbe, eppure se la nega sempre. Le sembrerebbe di barare.
E poi le medicine sono per chi è malato veramente.
Apre la lampo della giacca, ne emerge il seno, imprigionato da quella biancheria eccitante. Ne ama la costrizione, la stretta.
Le mani scendono ad accarezzare piano la pancia. La pelle è liscia, morbida.
Tanto tempo prima qualcuno le aveva detto che era la pelle più bella del mondo. Tanto tempo.
Un'altra vita.
Così non si può continuare, però.
Deve dar voce alla sua voglia.
Perché non diventi una follia che la riempie. Perché non diventi altra aria da inghiottire.
Maledetta mente.
Le dita scivolano sotto l'elastico dei pantaloni. Peli curati anche se... ma come fanno le attrici porno? Nascono così? Faranno il laser, la ceretta, o cosa?
Le dita scivolano un po' più in basso, scostano le labbra e scoprono l'umido che rende tutto più liscio, più morbido.
Si alza dal divano, va verso la camera da letto, apre il cassetto del comodino ed estrae un dildo, poi un minuscolo oggetto che vibra. Manuela ripensa a quando ha fatto quegli acquisti, all'imbarazzo, al senso di sconfitta...
Alla commessa che l'ha guardata quasi con curiosità...
Poi getta ancora un'occhiata dentro al cassetto, ma no... quelle no, anche se...
Sono una scorciatoria, lo sa. Ma vorrebbe provare ad evitarla.
Le tira fuori, la luce rimbalza sul metallo che sembra ammiccare. No. Ora no.
Invece le posa sul letto.
Sfila i pantaloni, ma tiene il reggiseno addosso, si sdraia sul letto e ruota le manopole dei vibratori per accenderli. Il ronzio la accompagna come un respiro.
Sfiora con le labbra la plastica morbida del dildo, la lingua lo lambisce, lentamente prende il tempo di immaginare odori, sapori e sensazioni che non siano la fretta di venire.
Con una mano avvicina il minuscolo vibratore al clitoride.
Non sopra, attorno, piano... con un dito sfiora più in basso a sentire la calda umidità...
Non è ancora il momento, piano, lentamente, aspetta...
Dolcezza, voglia di...
Non vuole permettere alla mente di prendere di nuovo il sopravvento. C'è un viso che cerca di tenere distante. Un sorriso che è una coltellata nella pancia.
Desidera carezze Manuela, carezze che un reggiseno stretto non riesce ad emulare.
Oh cazzo, basta!
Maledetta mente.
Lampeggiano di fianco a lei, di un baluginio d'acciaio che la irride. Sembrano sapere...
Tanto non ce la fai, Manuela...
Vaffanculo, maledette. Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo!
Le prende, le guarda. Sono proprio come quelle del dentista, quelle che servono a tenere il tovagliolo di carta...
Sa che funzioneranno come sempre.
In fretta, per non avere il tempo di ripensarci, allarga la molletta, i denti di metallo le mordono il capezzolo.
Velocemente l'altra, prima di avere il tempo per ripensarci.
Il piombo, appeso al cordino che le unisce, le cade in mezzo ai seni.
Un dolore come una scossa l'attraversa. Da levare il fiato.
Mentre i denti di metallo stringono, un gemito che non riesce a trattenere le scivola nella gola e poi fuori della bocca.
Sono la sua scorciatoria, sono il grido che sovrasta il suono dei pensieri, sono il dolore che scaccia il suo.
Ora, con la mano si accarezza e si scopre fradicia, come se il miglior amante del mondo le si fosse dedicato con amore.
È dolore Manuela, adrenalina, e le endorfine che aiutano a sopportarlo.
Shhh, non ora, non adesso. Taci, taci maledetta mente.
Il vibratore minuscolo seguita ad accarezzarla, mentre la sua mano guida il dildo a scivolare dentro di lei.
Una corrente elettrica dalle mollette alla figa; le contrazioni dei muscoli, dolore, piacere.
Piano Manuela, fai piano, fallo durare ancora un po'...
Lo sente, sente il piacere che sale, ma cerca di ricacciarlo indietro. I fianchi ruotano impazziti, la schiena s'inarca, il respiro è corto.
Gli occhi si socchiudono, ma il rimbalzo della luce sul metallo è uno scintillio che abbaglia, un fastidio.
Non vuole fermarsi ora Manuela, il dildo la penetra sempre più velocemente ed esce con difficoltà, trattenuto dai muscoli che lo succhiano voracemente.
Il vibratore sfiora attorno al clitoride, sempre più leggero, vuole sentire dentro, in fondo, la figa che è viva, che vibra, che succhia quel dildo.
E non riesce più a fermarsi, getta la testa indietro, viene, viene, viene...
Urlando un nome.
Maledetta mente.
Togliendo le mollette nessun sollievo, anzi per un lungo momento il dolore è più forte.
Respira a fondo Manuela.
Spossatezza.
Getta lontano da se tutto, spegne la luce.
Gli occhi, al buio sono aperti.
Mentre il ricordo di quel grido, di quel nome piantato nell'anima, la invade e una lacrima scivola lungo la gota.
Aspetta.
Non chiede, non recrimina. O almeno, cerca.
È gentile, ha pazienza.
O forse, è una speranza irriducibile.
Stay tonight
We'll watch the full moon rising
Hold on tight
The sky is breaking
I don't ever want to be alone
With all my darkest dreaming
Hold me close
The sky is breaking...
Zebra