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Racconto n° 3143
Autore: Erato Altri racconti di Erato
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In tutti i sensi
A noi piace mangiare e bere. Gustiamo il cibo come il sesso, abbandonandoci alla voluttà simile, al gusto, all'esaltazione di ogni senso, dei sapori, degli odori, alla perversa sensazione espressa da un piatto accompagnato da un buon vino, con una musica sfumata a sottolineare la complice atmosfera.
Non parliamo quasi mai; uno di fronte all'altra studiamo i nostri occhi, il movimento lento delle labbra, i gesti delle mani, lo sguardo celato appena dal socchiudersi delle palpebre, mentre gustiamo i sorsi speciali di un bouquet raffinato e moderatamente alcolico.
Godiamo d'istinto il piacere dell'altro; imbocchiamo l'intrigo carnale di indefinibile silenzio.
A volte interrompi l'incanto, d'altrettanta magia; ed è la tua voce che si amalgama al profumo fruttato del vino, al sapore deciso di un crudo di pesce, al tepore ovattato di un primo o al morbido segreto di un dessert.
Nella curva agrodolce dei miei barocchismi di palato mi arrivi spezia, mi arrivi miele, mi arrivi stupito contrasto di fragole e aceto balsamico o arrogante schiocco di cioccolato amaro che spoglia di succo le scorze d'arancia.
Ti guardo. Sempre. Ti guardo anche quando non mi sei accanto e mi raggiungi come puoi, di voce o di ricordo.
Come l'estate in Spagna, lontana ormai, eppure così viva nella mente e nel palato.

- Conosco un ristorante a Barcelona, ha un nome molto intrigante, sta in una laterale del Passaig de Gracia, ti ci porto amore - .

La notte catalana ha un non so che di magico. Odori, luci, suoni, sapori, si fondono prima dell'imbrunire in un cielo di corallo e cedono il passo a un cobalto lucido, brillante.
La serata ha inizio sul corso principale, tra le opere di Antoni Gaudì, casa Batlò e La Pedrera.
La nostra passeggiata serale è inframezzata dalle soste per gustare qualche tapas e tanta cerveza.
Il ristorante è su una strada laterale; accediamo alla sala tramite una galleria aperta sul fianco destro che lascia vedere le cucine d'acciaio, pulitissime ed ipertecnologiche. Il gioco di luci che ci investe è notevole e la sala da pranzo, su più livelli, vive di un rosso passionale irrorato sugli arredi in pelle e acciaio; l'ambiente tutto è illuminato in modo da far risaltare il minimalismo dettato dagli architetti.
Qualche capriccio rococò ammicca in foglia oro sui braccioli ricurvi delle poltrone, rivestite di tessuti che osano e stupiscono.

Ci sediamo a uno dei tavoli e pregustiamo già la nostra cena. Tu sei magnifico, sereno e rilassato nella tua sobria eleganza; mentre tormenti lentamente i gemelli della camicia mi consigli sulla scelta delle pietanze.
- Ti suggerisco proteine, amore... ti serviranno per la notte - mi sussurri malandrino, allungandoti di poco verso me. Così, dopo la libidine di un filetto cucinato con pimentos del padron, un peperoncino delicato alla griglia, leggermente salato, ordiniamo e ci gustiamo un Cava Riserva: gli champagne spagnoli sono di qualità superiore e fanno il loro effetto, stordiscono quel che basta, in tempi brevissimi.
Ci dirigiamo verso i bagni ai quali si accede tramite una spettacolare scala tutta in acciaio e vetro; gli scalini sono illuminati da minuscole luci poste alla base; la freddezza elegante e distante del vetro e dell'acciaio scaldata dalla luce è una passerella incredibile e io so che mi vuoi in sintonia, elegante e provocante; vuoi vedermi salire quella passerella come se portasse dritta in Paradiso.
Ho seguito le tue - istruzioni - in merito all'abbigliamento, per essere come tu mi vuoi, femmina e calda: un sandalo slanciato con tacco a spillo, la gonna nera stretta, appena sopra il ginocchio e un top di seta, bianco, con le spalline sottili. Pochi gioielli: una collana di perle, il diamante che mi hai regalato quando eravamo a Parigi e sotto assolutamente niente.
Salendo le scale ho i tuoi occhi incollati addosso. Ogni tanto mi volto e ti guardo mentre segui discreto l'eleganza algida in bianco e nero e lo sguardo bollente. Entriamo nei bagni e chiudiamo. Sono raffinati come il resto del locale: un'intera parete è occupata per tutta la sua lunghezza da uno specchio e dal lavabo doppio, incassato nell'anima fredda del marmo Guatemala. La tensione guizza sotto gli abiti, fuoriesce dalle dita e s'espande nell'aria.
Divarico lievemente le gambe, poggio le mani sul lavabo e sollevo la testa; lo specchio rimanda l'immagine di due corpi che si studiano senza bisogno di parole.
Sei rapido e non mi dai tempo di pensare quando mi afferri i fianchi e incolli le tue labbra calde al mio collo. La tua lingua è magnetismo puro, elettricità che si ripercuote tra le vertebre; le vene sul collo diventano tracciati mentre la tua voglia di scoparmi si fa prepotente, scandaglia il mio ventre senza nemmeno toccarmi.
Mi sento quasi mancare quando stacchi una mano dai miei fianchi e, deciso, la fai risalire lungo la schiena; eserciti una lieve pressione tra i lombi, impercettibile quasi... e io mi sento morire.
Tutto accade rapidamente. Ho le tue mani impazzite sui miei seni, la tua bocca a divorarmi la carne, tutta.
Non c‘è più tempo. Mi afferri la nuca, tiri le ciocche con violenza, con la mano libera mi sollevi la gonna, sbottoni i pantaloni e ti ho dentro. Un colpo secco, violento. E mi manca il respiro.
Un tempo indefinibile ci ha incollato gli occhi allo specchio che ci sta di fronte; mi offri le tue dita da leccare mentre sei in me che spingi e non ti fermi. Mi scopi senza sosta, in preda a un delirio d'onnipotenza esplicato nelle mani, finchè non ti arrendi al tuo piacere, finchè non m'inchiodi al mio.
Percepiamo solo adesso la realtà in cui siamo immersi, il silenzio sembra presentarsi improvvisamente, inframezzato dal nostro ansimare che va ricomponendosi.

Prima di uscire mi baci, divorandomi.
Torniamo al tavolo. Sembra che nessuno si sia accorto di noi. Hai uno sguardo colmo di dolcezza, come ogni volta dopo che facciamo sesso.
Condensi il tuo - grazie amore mio - in un gesto affettuoso: raccogli una fragola dal vassoio che sta accanto allo champagne e la porti lieve alla mia bocca. Le tue mani hanno ancora il mio sapore.
I miei occhi, il tuo.

"Dalla mia alla tua bocca
prelibato intendersi di mela
il gusto esalta
l'odore tuo che penetra
di sangue e di marea
le viscere del cuore"

Erato

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