Seduto nella penombra della stanza l'uomo osserva dalla finestra le onde gonfiarsi livide e sbattere con violenza sugli scogli. Mare e vento si accoppiano in un amplesso furioso. Arabeschi inquietanti squarciano il cielo. Rabbiosa la voce del tuono annuncia l'arrivo del temporale.
L'uomo guarda affascinato la natura che sfodera tutta la sua potenza.
Ama il mare. Lo considera un elemento vitale, parte integrante della sua essenza.
Quel mare ha ascoltato i battiti del suo cuore bambino.
A lui ha confidato sogni e paure infantili.
Su quella spiaggia ha conosciuto l'amore e il sesso.
In quel liquido amato ha nascosto le sue lacrime.
A lui ha urlato la sua rabbia.
Era un giovane dal cuore puro come il mare in amore.
Acqua limpida e trasparente come pregiato cristallo di rocca in cui luccicano bagliori d'oro zecchino.
Raro spettacolo che lascia senza fiato per la suggestiva bellezza.
Così era il suo cuore.
Poi è cresciuto ed è diventato uomo.
E asperità granitiche lo hanno avviluppato.
Con la mano si sfiora il viso lasciando vagare la mente. Si sente diverso da qualche tempo. Meno cinico. Di nuovo curioso e vivo come da tanto non gli succedeva.
Chiude gli occhi e lei entra prepotentemente.
Lei.
Diversa da tutte.
Un caleidoscopio infinito di colori e suoni.
Lei.
La sua innocenza lo spiazza.
Non è giovane.
Non è particolarmente bella.
Eppure il desiderio che gli risveglia è incredibile.
Lei.
Vivace e sorridente.
Maliziosa e provocante.
Permalosa e orgogliosa.
Un'ignara, incoerente sgualdrina.
Lei.
Entrata con irruenza nei suoi pensieri.
L'uomo cerca inutilmente di cacciarla dalla mente.
Pensa alle tante donne che ha avuto. Alle tante che anche ora ha. Lui, trasgressivo e vorace, sempre alla ricerca di nuove prede, di nuove emozioni da consumare e vivere.
Poco paziente di indole, gentile ma rigoroso, non tollera i giochetti di furbette maliziose che cercano di sedurre per poi negarsi.
Sprazzi di vissuto a dilagare.
Fotogrammi di sesso sfrenato e lussurioso, condiviso con donne disinibite e vogliose.
Si rivede slacciare il bottone dei jeans, far scendere la lampo ed immergersi in bocche generose ed avide, le mani sui folti capelli a guidarle in un ritmo cadenzato fino a riempirle di sperma.
Rivede figure riverse sul letto a gambe spalancate contorcersi mugolando sotto ai colpi della sua lingua fino a raggiungere l'orgasmo.
Le vede appoggiate al muro, le gonne sollevate e i glutei protesi, farsi scopare con dirompente energia.
Sesso bellissimo senza complicazioni o sentimenti.
E se una prima stuzzica e poi fa la ritrosa la manda al diavolo e passa oltre.
Ma lei...
Lei fa la ritrosa.
Lei seduce e si nega.
Lei ti guarda con occhi vogliosi e poi ti sorride timida.
Lei gioca con le parole, creando fantastici sogni a cui poi non vuole giocare.
Era maggio inoltrato.
L'uomo era nel suo ufficio e scriveva l'articolo di cronaca per il giornale. All'arrivo del direttore aveva alzato la testa scocciato dall'interruzione. Si era alzato di malavoglia per dare la mano alla nuova collega che gli veniva presentata. Due chiacchiere ed un sorriso distratto per darle il benvenuto e si era immerso nuovamente nel pezzo.
Non vi era nulla in lei che a prima vista avesse risvegliato il suo interesse. Forse solo il sorriso lo aveva incuriosito. Quel modo di arricciare le labbra, quella malizia che luccicava agli angoli della bocca morbida e carnosa.
Ma era stato un attimo fuggevole, una traccia appena accennata nel pensiero e non subito recepita.
Nei giorni seguenti però qualcosa in lei lo aveva stupito.
Il suo modo di vestire era singolare. Ampie camice informi su jeans stinti. Quasi un celare la sua femminilità in abiti che nascondevano le sue curve. Ma le camicie avevano sempre qualche bottone di troppo slacciato e lasciavano intravedere deliziosi reggiseni estremamente intriganti.
Un controsenso interessante.
Aveva cominciato a tenerla d'occhio.
Si muoveva nella redazione con sicurezza. Aveva legato con tutti ed era stata accolta con simpatia. Nel lavoro era estremamente competente. Con lui aveva un atteggiamento rilassato e amichevole. Ma non mostrava nessun altro interesse.
E questo per l'uomo era strano.
Sì, senza falsa modestia, lui sapeva di piacere molto. Il suo modo di fare un po' ombroso, il suo fisico atletico, il viso dai lineamenti marcati e maschi attraevano le donne. Era abituato ad essere corteggiato.
Anna, la nuova collega, diventò in breve una sfida per il suo ego.
Iniziò ad avvolgerla nella rete seduttiva da tempo collaudata e praticamente infallibile. Ma con lei sembrava non funzionare. Anzi, gli si rivoltava contro. Era lui che si sentiva sempre più attratto.
Lei a volte pareva stare al gioco.
Gli lanciava sguardi allusivi. Con il corpo lanciava segnali inequivocabili. Quella linguetta rosea che usciva ad accarezzarle le labbra mentre lo ascoltava era un invito irresistibile ai baci. Quella posa negligente in cui si sedeva davanti a lui, le gambe socchiuse e la mano appoggiata sul ginocchio che scivolava languida verso l'interno coscia. Quel suo chinarsi in avanti lasciando intravedere la morbida curva del seno erano palesemente volute. E poi certe frasi lasciate cadere come per caso. Malizia pura.
Ma poi si ritraeva. Tornava ad essere la collega ironica che con una battuta lo faceva frenare.
E lui fremeva di desiderio e rabbia.
L'occasione di conoscerla meglio arrivò quando assieme furono inviati ad un meeting a Roma.
Durante il viaggio in aereo lui le chiese di raccontargli qualcosa della sua vita.
Non immaginava certo nel formulare una semplice domanda per trascorrere il tempo del viaggio di avere quel resoconto incredibile.
Senza reticenza alcuna lei iniziò a raccontargli la sua vita.
Nata in un piccolo paese di montagna, era cresciuta circondata dall'affetto di una famiglia modesta, ma molto unita. Ultima di tre sorelle era stata vezzeggiata e coccolata. All'età di quindici anni si era trasferita in città dalla sorella maggiore per studiare. Aveva frequentato il liceo e poi si era laureata.
Narrava la sua vita con occhi dolcissimi, come rivedendo nel parlarne le sue montagne e i suoi sogni di adolescente.
Poi il tono della voce era cambiato. Divenuto più basso e modulato. Lo sguardo da sognante era diventato lucido e provocatorio.
- Avevo diciassette anni quando ho fatto per la prima volta l'amore con un compagno di liceo. Deludente per la verità. Era un bellissimo ragazzo, ma non aveva esperienza. Non ho provato quei brividi e quel piacere che mi aspettavo. Non sapeva accendere la mia libido. Era molto innamorato, romantico e dolcissimo. Ma io volevo godere. Provare quelle sensazioni fantastiche di cui si parlava fra ragazze. Dopo sei mesi l'ho lasciato. Ho avuto altri uomini, ma sempre senza trovare quell'appagamento che cercavo. Era diventata quasi una fissazione sai? –
L'uomo ascoltava sconcertato. Non si aspettava quel suo raccontargli particolari intimi con tanta naturale semplicità.
Affascinato, osservava il suo dito giocare con un ricciolo di capelli che le sfiorava le labbra.
Lei riprese a parlare guardandolo dritto negli occhi.
- A diciannove anni ero ormai convinta di essere frigida. Rassegnata a tiepide sensazioni. Poi ho conosciuto Elvira. Una mia compagna di università. Studiavamo assieme a casa sua per preparare un esame quando lei mi confessò di essere lesbica. Ne parlava tranquillamente. Sai, erano gli anni della libertà sessuale e faceva tendenza essere diversi. Io le raccontai della mia incapacità di godere. Dal parlare al fare il passo fu breve. E per la prima volta ebbi un orgasmo. -
Interruppe il racconto per osservarlo.
Quegli occhi lo sondavano espliciti. Sembravano leggergli dentro.
L'uomo non capiva se era vera e spontanea o se cercava di scandalizzarlo con una storia inventata. Le labbra carnose sorridevano seducenti e maliziose.
Riprese il racconto dopo pochi istanti, come se avesse deciso che era meritevole delle sue confidenze.
- Per prima cosa, quando le confidai che non provavo piacere, mi disse che forse ero come lei. Poi si alzò e mi venne vicina. Mi accarezzò prima i capelli e poi il viso. Le sue mani erano leggere e delicate mentre scendevano sul collo. Un brivido mi trafisse improvviso quando la sua bocca scese a sfiorarmi la pelle della nuca mentre con le mani mi toccava dolcemente il seno. Mi fece alzare prendendomi per mano e mi guidò nella sua camera da letto. Mi svestì lentamente. Ogni indumento tolto baciando la pelle che scopriva. La sua lingua era ruvida e calda. Disegnava scie umide che mi scioglievano. Ci sapeva davvero fare. Non aveva nè fretta nè urgenza. Esisteva solo il mio corpo da ridestare. Ero completamente abbandonata alle sensazioni. Vibravo ai suoi tocchi sospirando piano. Mi fece girare supina e massaggiò tutto il mio corpo col suo. Il suo pube rasato mi solleticava le natiche mentre mi leccava la schiena mordendomi piano. Quando la lingua si infilò fra i miei glutei ero bagnata in maniera indescrivibile. Mi fece sollevare i fianchi ed iniziò a lambirmi la figa. Ad ogni affondo di lingua sussultavo e fremevo. Quando capì che mi avvicinavo all'orgasmo infilò le dita in me. Prima una, poi due... poi non so, non capivo più nulla... mi scopava con le mani e io tremavo e gridavo in preda per la prima volta a sensazioni purissime. –
L'uomo sentiva scoppiare il cazzo nei pantaloni. La guardava bevendo le sue parole. Incapace di nascondere il desiderio che la descrizione aveva acceso.
Lei aveva interrotto il racconto. Ad occhi socchiusi riviveva la scena. Lo si capiva dal lieve rossore che le imporporava le guance. Dal respiro leggermente affrettato che le sollevava il seno. Dalla dolcezza della bocca che lasciava intravedere la punta della lingua accarezzare i denti.
L'annuncio dell'atterraggio giunse ad interrompere quel momento.
Come ridestata, Anna riaprì gli occhi. Uno sguardo ironico e sfacciato la illuminava mentre lo sfidava a parlare.
- Ti ho scandalizzato? No, non credo, anzi a ben guardare direi che ti ho eccitato! –
La sua risata cristallina sferzò l'uomo. Per la prima volta imbarazzato dalla sua virilità che tradiva l'eccitazione. E lei, sfrontata, guardava la patta dei pantaloni, divertita e maliziosa, mentre gli lanciava quell'ultima frase provocatoria:
- Forse sapresti farmi godere anche tu... -
Per fortuna erano arrivati. Scesero dall'aereo parlando d'altro, come se quel racconto non ci fosse mai stato. Ma l'uomo non riusciva a distogliere il pensiero. Domande inespresse frullavano nella sua mente. Soprattutto una: - Era lesbica o era stato solo un episodio? –
Decise che alla prima occasione glielo avrebbe chiesto.
La giornata trascorse frenetica senza la possibilità di approfondire l'argomento.
Finalmente alle nove di sera si ritrovarono seduti a cena nel piccolo ristorante del loro albergo.
L'uomo parlava di facezie cercando il momento per tornare sul discorso. Ma durante la cena non trovò l'occasione. Fu solo più tardi, davanti alle porte adiacenti delle loro camere, che senza pensarci oltre glielo chiese:
- Oggi mi hai incuriosito, stupito anzi, per la naturalezza con cui mi hai confidato la tua vita sessuale. Non è usuale che una donna si racconti come hai fatto tu. Ma mi è rimasto un dubbio ... sei lesbica? -
Non era il modo migliore per chiederlo, ma voleva assolutamente sapere.
Lei scoppiò a ridere divertita dalla sua goffaggine.
– Scusami, ma la tua faccia è buffissima sai? – poi tornò seria e lo guardò a lungo prima di parlare.
- Non lo so. Mi piacciono le donne. Mi piacciono gli uomini. Mi piaci anche tu. Ma evito di fare sesso con i colleghi. Anche se per una volta sono tentata di dimenticare le regole... –
Parlava avvicinando il viso al suo. Le ultime parole soffiate sulle sue labbra. La bocca socchiusa, il respiro lieve a sfiorargli la pelle. Dalla bocca la lingua emerse a leccargli le labbra.
Poi il bacio languido e travolgente.
Il corpo caldo abbandonato sul suo torace.
Le mani ad accarezzargli le spalle.
La strinse forte fra le braccia accarezzandole il corpo, godendo nel sentirla vibrare di desiderio.
Attimi sospesi di incommensurabile erotico trasporto.
Poi lei si scostò. Con un dito gli sfiorò le labbra mentre parlava:
- Meglio fermarci ora... buonanotte collega – un sorriso quasi triste mentre lo salutava entrando nella sua stanza.
L'uomo guardò la porta chiusa con un senso improvviso di vuoto.
Entrò nella sua stanza scuotendo la testa perplesso. L'erezione premeva dolorosamente nei pantaloni. Il desiderio era fortissimo. Incredibile la voglia di possederla.
Si spogliò restando con i soli boxer. Steso nel letto la immaginava nella stanza di fianco.
Anche lei forse stava guardando il soffitto.
Anche lei forse sentiva nel ventre quello strano rimescolio che implorava carezze.
Forse anche la sua mano scendeva fra le gambe per cercare piacere.
Rochi gemiti gli sfuggirono dalla gola mentre lo sperma gli colava fra le mani.
Quando la vide passare davanti alla portafinestra rimase immobile. Evidentemente i terrazzi erano comunicanti.
Silenzioso si alzò e si avvicinò per guardarla. Era appoggiata alla balaustra. Una sottile camicia da notte le arrivava appena sopra alle ginocchia. I piedi erano nudi. Sembrava parte della notte. Misteriosa e libera sfiorava con lo sguardo le stelle.
Cercando di non fare rumore aprì la porta. Le si avvicinò silenzioso. Convinto di non essere stato visto. Ma appena raggiunta lei gli parlò senza neanche voltarsi a guardarlo.
- Ci sono notti in cui il desiderio vince...
Notti come questa, in cui non me ne frega nulla delle regole. Notti da lupa in calore ... –
La voce era bassa, sensuale e vibrava di note lussuriose. Quando si girò a guardarlo una nebbia di passione sfrenata invadeva le sue pupille.
Le mani lunghe, bianche ed affusolate, danzavano scendendo ad afferrare l'orlo della camicia da notte.
La sollevavano lentamente scoprendo pelle lattea e vellutata.
L'uomo tratteneva il respiro salendo con lo sguardo assieme alla stoffa e godendo dello spettacolo che si andava svelando.
Le gambe lunghe e tornite erano divaricate e il triangolo di peli emergeva dalla stoffa mentre lei lo muoveva ritmica avanti e indietro in un invito audace ed esplicito. Stoffa che sfiorava e scopriva, i fianchi, il ventre, l'ombelico e ancora su, in un salire di una lentezza estenuante.
Il seno finalmente scoperto era bellissimo. Pieno, sodo, con aureole grandi e scure e i capezzoli raggrinziti e irti a denunciarne l'eccitazione.
La luce lunare ne inargentava le forme morbide.
Rimase nuda, ferma, appoggiata alla ringhiera.
Pelle protesa verso di lui in un richiamo di arcana intensità. Senza proferire parola gli urlava imperiosa di prenderla, di usarla, di scoparla.
Lì e subito.
Non ci furono parole. Solo gemiti e sospiri sempre più acuti ad animare la notte.
E rumore di pelle che si scontrava, di mani che ghermivano e pretendevano di entrare e toccare ovunque.
L'uomo aveva il suo capezzolo in bocca. Lo succhiava, lo leccava, lo mordeva. Lei aveva le mani sui suoi glutei e le unghie conficcate nella sua pelle.
Con ancora i boxer addosso spinse i lombi con forza penetrandola. Stoffa impregnata dal lago di umori della sua figa. Ruvida carezza nella vagina che la fece tremare. Lei sollevò le gambe legandole dietro alla sua schiena e rimase appesa a lui, sorretta dalla ringhiera, mentre si protendeva per farsi colmare a fondo.
Bramosa di essere riempita.
L'uomo sentiva salire lo sperma a gonfiargli la cappella. Con uno sforzo di volontà uscì da quella vagina calda per non godere subito.
Iniziò a baciarla e toccarla ovunque. Esaltandosi nel sentirla tremare e gemere. Con la lingua disegnò il suo corpo, scese a leccare il ventre, assaggiò la rugiada fra le sue gambe, la mangiò goloso inebriandosi al suo sapore e al suo profumo.
La pelle le si increspava e rabbrividiva ai tocchi sempre più audaci. La sentì tremare mentre passava le dita fra i glutei, insinuava un dito lungo il solco e premeva forzando per penetrare nel piccolo orifizio.
Sentiva le contrazioni della sua carne avvolgerlo mentre il dito le affondava dentro, vincendo la resistenza della carne.
L'eccitazione lo rendeva famelico. Imperiosa voglia non più frenabile.
Sollevò lo sguardo a guardarla.
Gli occhi socchiusi di lei mandavano bagliori oscuri.
Una valchiria famelica, assetata di sesso.
Annegò la lingua fra le sue labbra in un bacio da toglierle il respiro.
Poi la fece girare.
Quel culo bianco e proteso lo fece fremere. Scese a baciarlo, leccarlo, morderlo.
Lei emetteva gemiti sempre più forti. Apriva le gambe lasciando alle sue mani lo spazio per immergersi nella sua figa che colava miele.
Con le dita lo prese e lo spalmò sul piccolo buco. Poi si sollevò.
Le mani stringevano i seni con forza mentre appoggiava la cappella e premeva per incularla.
La aprì con una spinta improvvisa e violenta.
L'urlo di lei squarciò il silenzio della notte.
La mano dell'uomo salì alle sue labbra per soffocarlo.
Gemette nel sentire i denti affondargli nel palmo con violenza, mentre lei muoveva il culo per farlo penetrare ancora più a fondo.
Stille di sudore imperlavano i loro corpi brillando come diamanti alla luce delle stelle.
Le pelli incollate si inebriavano dei brividi intrattenibili che li percorrevano come scariche elettriche.
Il culo di lei lo avvolgeva bollente, risucchiandolo e stritolandolo con contrazioni sempre più veloci.
Lo sperma la riempì strappandole gemiti sempre più alti mentre si abbandonavano all'estasi.
L'orgasmo li lasciò esausti, riversi sulla ringhiera con il respiro spezzato.
Due corpi accartocciati uno sull'altro, incuranti del mondo che li circondava.
L'uomo si scostò dal suo corpo caldo dopo un tempo infinito.
Lei era bellissima, abbandonata e doma contro la ringhiera.
Sulle sue natiche luccicava un rivolo di sperma che scendeva lento a firmarne la pelle.
L'uomo si svegliò che era l'alba.
Sulla pelle ancora il suo dolce profumo
E le sue parole ancora nelle orecchie:
- Non vi saranno altre notti... -
Sorrise al ricordo.
Amava la battaglia.
Era vivo.
Pronto alla guerra.
Matilde S.