Quella ragazza aveva un vestito stupendo.
Nella luce soffusa del piano bar la stava ammirando mentre con la sua musica teneva compagnia al poco pubblico della sera.
L'aveva notata sin da quando aveva varcato la porta d'ingresso e in solitudine, chiedendo una cosa da bere, si era messa sul divanetto di fronte a lui.
Dimostrava una trentina d'anni e aveva una folta capigliatura bionda che cascava libera sulle spalle: viso angelico, ma sguardo duro, deciso.
Mentre cantava una canzone di Masini cercava di mettere a fuoco le immagini, ma la poca luce non l'aiutava di certo; solo quando era passata attraverso la luce forte del salone d'entrata aveva potuto vedere le sue gambe affusolate che emergevano prepotenti, sotto quel vestito trasparente.
Sembrava disegnato da uno stilista appositamente per lei tanto le stava bene, riusciva a mettere in risalto il meglio di lei e, se ne aveva, nascondeva i suoi difetti.
Era semplicemente un vestito nero, a tubo, ma l'effetto su di lei era sconvolgente o, perlomeno, lo era per lui.
- Vorrei dedicare Roberta a quella stupenda ragazza che è davanti a me - .
Quelle parole erano uscite senza che lui avesse avuto il tempo di ragionare, d'altronde era sempre stato un istintivo.
Il sorriso che lei fece, unito al calice alzato come ringraziamento per quella dedica, lo fecero stare bene dentro e così fece quella canzone che da tanto tempo cantava, ma che da tanto tempo non dedicava più a nessuno.
Veniva da un periodo sentimentale molto difficile, il suo matrimonio era fallito miseramente a causa del suo lavoro: tutte le notti a tirare tardi e le donne che giravano attorno a quell'ambiente avevano fatto il resto.
Pensare che aveva fatto di tutto per essere fedele, ma doveva ammettere che era difficile resistere in quell'ambiente chiudendo sempre gli occhi.
Fortuna che non aveva figli.
Adesso, dopo tanto tempo a cantare per nessuno, ritrovava quella sensazione stupenda: finalmente le sue parole erano dedicate a una donna che in pochi secondi lo aveva stregato.
Lei rimase tutta la serata su quella poltroncina ad ascoltare il pianista ed era colpita piacevolmente dalle dediche che lui le faceva; era passata per rilassarsi mezz'ora con un poco di musica e si trovava lì ormai da tre ore.
L'orario di chiusura si avvicinava e quando il pianista, in un momento di pausa, le aveva chiesto di rimanere per lui, lei aveva risposto di sì senza neanche sapere il perché, forse per educazione o forse perché si sentiva sola.
Adesso era lì davanti a lei in quella tarda serata:
- Ciao mi chiamo Marco, sono contento che tu mi abbia aspettato, anche perché ho battuto il record di canzoni dedicate alla stessa persona: sarebbe stato un peccato vederti sparire nella notte - .
- Che simpatico e che bel sorriso - .
Questo pensiero veloce si era unito al suo sorriso e rispose:
- Volevo conoscere la persona che mi ha dedicato praticamente la serata - .
Sorrisero insieme di quella battuta e si misero a chiacchierare come da molto non capitava a nessuno dei due.
Le parole uscivano leggere e veloci e i discorsi erano sempre preludio a una risata, tutti e due scherzarono di loro e del mondo, e solo per pochi attimi i loro occhi chiesero qualcosa di più.
Ma quei pochi attimi bastarono a farli sentire complici anche oltre la serata.
Si lasciarono ripromettendosi di sentirsi e quella fu una promessa facile da mantenere.
La sera dopo lei era lì ancora, più bella e desiderabile, e questa volta i suoi occhi erano meno duri.
Marco, vedendola, ebbe un balzo al cuore; la aspettava da sempre e il tempo si era fermato al momento del doloroso distacco della sera prima. Per tutta la notte aveva pensato a lei, aveva capito da subito che lei poteva essere qualcosa di speciale e, pur conoscendola appena, quando lei se ne era andata, gli era sembrato che fosse uscita l'allegria dal suo cuore.
Così, vedendola varcare la sala, capì che era lì per lui e questo lo fece stare bene tutta la notte, riuscì a fare divertire gli ospiti del locale e a fare dei gorgheggi di alto livello; era chiaro che cantava e rideva per lei, ma tutti ne beneficiavano.
Quando la vide accavallare le cosce sentì un indurimento tra le gambe come da molto non sentiva. Non perché non facesse sesso, anzi, era quello che sentiva in testa che era diverso.
Lei sapeva che forse aveva esagerato nel vestirsi provocante, ma gli andava di rischiare con Marco e voleva provocarlo facendogli intravedere cosa poteva avere.
Era lì divertita e faceva quei movimenti che mandano in sollucchero gli uomini, vedeva che Marco non le staccava gli occhi di dosso e immaginava i pensieri che potevano passargli per la testa nel momento dei suoi cambi maliziosi di gambe. Con disinvoltura aveva fatto in modo che il vestito salisse quasi sino alle autoreggenti ed era sicura che lui avesse capito cosa portava sotto.
Era un gioco, un bellissimo gioco che Patrizia gli stava lanciando, aveva capito sin da subito che lei lo faceva apposta e quando aveva intravisto la sua pelle oltre le autoreggenti avrebbe voluto smettere di cantare e andare a baciarla per poi portarla nel suo talamo e amarla con quella passione che si sentiva addosso.
Il suo eccitamento rimase ad accompagnarlo sino alla fine della serata, gli sembrava di sentire il fruscio delle calze quando cambiava gamba e questo era benzina pura sul suo membro.
Finito di cantare per tutti andò da lei e gli disse:
- Che ne dici se andiamo a casa mia e canto solo per te? -
Era quello che sperava di sentirsi dire, era venuta per lui e il suo iniziale interesse era cresciuto sino a diventare desiderio; adesso era un fiume in piena che voleva essere calmato.
Le loro mani si cercavano durante il tragitto e i corpi cominciarono ad assaggiare e pregustare il dopo.
La casa ben arredata, la classica confusione di un uomo che vive da solo, fu l'ultima cosa che vide prima di immergersi nei suoi umori, la bocca era deliziosamente impegnata a far felice Marco e anche lui le stava dando sensazioni che aveva sperato di sentire: se quello era l'inizio del loro amplesso non osava pensare come sarebbe finita quella serata.
E, in effetti, la serata finì con i loro corpi stremati dal piacere, faceva fatica a deglutire tanto la bocca era secca; tutta la notte Marco era stato un amante caldo e spietato, aveva voluto e ottenuto tutto da lei, ma ne era valsa la pena.
Guardandolo dormire ebbe un moto di tenerezza come da molto non provava, seguì quel corpo nudo e si bagnò le labbra in un gesto indecente pensando ancora una volta alla notte passata.
Raccolse i suoi vestiti sparsi per la stanza, piano uscì da quella casa sperando che lui la chiamasse al cellulare e in quel momento decise di cambiare la suoneria, cominciò a fischiettare - Roberta - e salendo su un taxi torno alla sua vita di tutti i giorni.
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