"De l'aube claire
jusqu'à la fin du jour
je t'aime encore..."
Le strade di Francia le aveva percorse tutte. Teneva saldato tra le ossa del cuore l'incrocio dei volti, le ciglia sparse, le parole di tutte le sue donne. Niente come Parigi, nessun cielo lo avrebbe visto spettatore per la seconda volta: troppo bohémienne per tornare. Eppure il richiamo di quell'ultimo azzurro della sua mente era così forte che mise un piede avanti all'altro e rientrò a casa. E casa era quel quartiere a forma di mani, quel nido di colori, suoni, luci che lo avevano salutato giovane: sulle spalle la voglia di conoscere e vedere, e un ‘68 da bere in un fiato. Adesso aveva una testa vedova di idee e di capelli, un ginepraio irrisolto di parole nella bocca a nuotare tra i denti rimasti e le iridi annegate in una sottomarca compiacente di pessimo Gin. Fermò una mano a sfiorare i muri del Père – Lachaise... una voce crudele sussurrò le note di una vecchia canzone... un attimo appena, poi scomparve inghiottita dal sole e dalla polvere rattrappita sulle palpebre. Attraversò Pigalle e si accomodò gli occhi sull'aria che solo lì ritrovava intatta nello spirito dei colori. Un trionfo di gessi madonnari, un'orgia di turchesi, lilla, porpora e arancio gli tormentava gli occhi con mille setole d'acciaio dentro le pupille. Pierre aveva un sogno a forma di universomondo, lo aveva inseguito per tanti anni senza mai raggiungerlo, sublimato e obliato nel corpo delle sue Justine, delle sue Juliette, delle sue Pauline. Più di tutte aveva negli occhi Claire e la sua voce bambina. Claire e il suo fazzoletto di sogni ripiegati con cura; Claire e le sue moine cucciole quando apriva il verde degli occhi sui tetti di Parigi. Claire che non era più, uccisa da un sogno chimico iniettato in vena. Ed eccola, viva, danzargli le ombre, galleggiare come la giovane martire di Delaroche, annegata dentro le sclere, sintetizzata, anestetizzata, cicatrizzata nelle corde spente, nelle erezioni solitarie, nelle masturbazioni copiose e deliranti... - mon amour, mon doux, mon tendre, merveilleux amour... - Scacciò quelle parole ancora una volta, dandosi del pazzo.
Non era più Rue de Saint Quentin ad aprirgli le gambe, non erano più le cosce calde e magre della sua ‘jolie‘ ad accoglierlo, candide di pura passione; non erano le sue mani a spremergli l'anima dalle viscere, non più la sua bocca inventata da chissà quale Dio a succhiargli via ogni residua ciarlatana velleità. Non avrebbe mai più tuffato l' esuberante sete di libertà tra i suoi seni generosi e sodi, non avrebbe mai più bevuto il suo pianto silenzioso e felice raccogliendolo con la lingua, come un assetato, dalle ginocchia dove era andato a nascondersi. La sua piccola donna che non amava le promesse, che scopava con il cuore, che trasformava come un bizzarro Mida le stinte trapunte in broccati preziosi e i letti, sopraffatti da impietosa ruggine, in testate d'argento. Con lei anche l'ammezzato di Montmartre gli era sembrato Versailles e la muffa al soffitto nient'altro che nuvole arrabbiate. Claire era il suo dentro urlato al mondo, tutto quello che si sarebbe fatto bastare, l'ultimo grido d'orgasmo sincrono regalato ai suoi vent'anni. Claire se n'era andata e con lei gli amplessi di Parigi; s'era portata via la musica dell'anima e un sogno rivoluzionario, rosso come l'amore. Adesso Pierre risaliva in solitudine le strade di Francia, un puzzle di ricordi a tenergli compagnia; gli si erano incanutiti anche i sogni e un rantolo cattivo gli abitava la gola senza dargli scampo. Pierre lo sapeva che quel quartiere sporco di poesia lo attendeva per l'ultimo saluto; sapeva anche che non avrebbe atteso a lungo e che nessuno dei suoi amori gli sarebbe stato accanto. Biascicò gli ultimi pensieri, stendendoli come tele intonse sui tetti di Montmartre, tracciò i brevi ideogrammi rimasti nelle sue dita e un clavicordo di suoni esternati dal cuore. La collina degli artisti era sotto i suoi piedi, tra le sue mani, e lui non aveva che qualche ora da spendere. Si sedette malfermo sui ricordi, il guardo appeso ai tetti d'ardesia, la consapevole tristezza delle bisacce vuote. Si sentì figlio del suo Baudelaire, avvertì forte nelle narici l'odore perduto dei fumoir, masticò 'Les fleurs du mal' a memoria: la sua Bibbia d'amore disfatto. Montmartre dipanava la quotidiana verve, esplicandola nel tratto vivace degli artisti di strada, nei volti sporchi che si somigliavano tutti. Gli sembrò di riconoscere la sua mano correre veloce nel tratto di matita, matta di sfumature, intensa nel circuire la tela, nell'amore unico che lo legava al suo estro. Ma era stanco Pierre; poggiò la testa sui tetti di Parigi e con il cuore in mano recitò la sua ultima poesia al vento.
Erato