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Racconto n° 3191
Autore: ElisaN Altri racconti di ElisaN
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Così sia
Mi solletichi l'arco della schiena con una penna di piccione sgualcita. Resto in silenzio e catturo l'attimo, fuggitivo e nefasto. Vorrei soffocare, mentre le emozioni si accavallano sotto i seni stanchi. Temo di esplodere di dolore e sorrido felice. Che sia il tuo sperma una pozione malefica per cadere in amore? Ora te lo domando, con l'esigenza di giustificare il mio automatismo. Rispondo, sempre, a tuo comando. Mi guardo allo specchio. Mi assassino coi miei stessi occhi. Vedo una bambina sola e ferita. E la tua assenza, immensa, costante, proverbiale. Eccoti bussare alla porta, con quel tocco pretenzioso. Sento scorrermi fra le terga una lama di pugnale, puntuta e ghiacciata. Non esitare a conficcarla! Sarebbe la mia ultima chance per sopravvivere. La morte è la mia salvezza. Ove tu non esisti. Ove le tue parole non suoneranno in eco. Ove le tue gesta rimarranno immemori fino a imperituro giorno. Scivolo con lo sguardo sui miei fianchi sprecati alla tua ingordigia, mentre impietoso picchi il mio battente. È una coppa traboccante di veleno quella che vuoi porgermi. Un boccale di vita serpeggiante che mi farà perire, lentamente. Uccidimi in fretta! Davanti a questo specchio testimone. Un fiotto rosso a suggellare la mia esistenza pavida e ignava. Non urlare. Entra! Che bestia sei. Scorna il legno. Violenta come un ariete il mio castello. Fracassa il ponte levatoio. Ma non rapirmi. Fermati! Questa volta non ti seguirò nell'ira immonda che ti ubriaca. E ancora quella penna di piccione ad annientare le mie pianificazioni dimentiche. Ah che dolore! Sento che il veleno ti fluisce magmatico fra le gambe. Dove lo riverserai? Sono vestita della mia sola pelle ingiallita. Mi scaldo come un animale senza vello. Scuoiata dei miei strumenti naturali. Entra e uccidimi! Con la tua spada dura e flessa. Non punirmi, non fiaccarmi ancora. Non flagellarmi, non ricoprirmi di improperi. Seguo i tratti del mio volto riflesso. Carezzo le mie smorfie contratte e asciugo le mie lacrime. Ma non mi sfioro. Soffro il calore di una mano. Patisco persino la mia. A questo mi hai ben addestrata. Sei dentro il mio castello. Ti sento festante. Ho pena per entrambi. E ancora la lama affilata ridisegna le mie contorsioni belliche. L'abito bianco è appeso, sul manichino di pezza. Ha interiora morbide come ovatta. Dolci e insensibili. Vorrei colmarmi e pascere d'esse. L'organza candida mi interroga. Tu pretendi la mia vestizione, nel candore immacolato. No! Ne saremmo indegni. E non salire felino quelle scale. Solca a gran falcate lo spazio che ci divide. Perché devi ancora uccidermi, una, due, tre e mille fiate, per poi ridarmi alito vitale a tuo desio? Maledetto! Non mi guardare così. No! Non violenterai l'immagine di una vergine. Che quell'abito segua altri felici destini. Non mi rimproverare! Sguaina la spada dal fodero setoso. Non utilizzare l'infingarda piuma. Con me non servirà. Ne conosco le patologie ed ogni consunzione. Tu m'odi per questo. Ricattatore del mio silenzio. Ricettatore della mia purezza. M'inginocchio perché tu mi dia il colpo fatale. Se solo questo potrai darmi e soltanto a me lo riserverai, così sia.

ElisaN

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