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Racconto n° 3228
Autore: Mayadesnuda & Erato Altri racconti di Mayadesnuda & Erato
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Pomeriggio siciliano
Il peso degli sguardi. L'aveva dimenticato. O forse semplicemente rimosso. Erano passati anni, ormai quasi venti. Ma non era cambiato niente. I drappi di pizzo bianco, pazientemente lavorato al tombolo, coprivano ancora le finestre spalancate sulla piazza e gli uomini, era pronta a scommettere gli stessi, continuavano a sedere immobili sulle sedie di paglia di fronte all'unico bar del paese. Una caraffa di vino piena a metà e quattro bicchieri sul tavolo di legno, sporchi come i pensieri di quel paese, che non aveva mai capito.
Era tornata. Le circostanze lo imponevano. Ma in realtà aveva voluto provare a se stessa di poter tornare. Sola. Libera. Diversa. Come era sempre stata.
Il rosso cremisi del suo tubino di Chanel spiccava come una macchia di zagare su quella terra vulcanica. Ondeggiava sui tacchi a spillo, attraversando la piazza, avvolta dal peso degli sguardi.
"Ha la grazia leggera di una ballerina e un culo scolpito nel marmo" si ritrovò a mormorare Anna osservandola avviarsi ad ampie falcate verso la porta del bar. Non credeva si ricordasse di lei, in fondo erano solo state compagne di scuola per un breve periodo ventanni prima. Ma doveva osservarla da vicino. Guardare in fondo ai suoi occhi. Doveva capire.
Le andò incontro decisa a mezza strada, lì nel centro assolato della piazza, immobile nell'afa del meriggio. Il contrasto era evidente: la bellezza bruna sfrontata di Valentina avvolta nella seta rossa, e quella bionda elegante e maliziosa (potenza degli antenati normanni) di Anna, esaltata dal turchese del corto vestitino di lino che indossava.
- Ciao" disse Anna puntando i suoi occhi chiari addosso a Valentina "non credo ti ricordi di me, ma beh... io invece non ti ho mai dimenticato e sono anni che aspetto di poter fare... -
Valentina non permise ad Anna di terminare la frase, le affondò una mano nei capelli ed incurante dell'immobile e silenzioso palcoscenico su cui si trovavano l'attirò a se mormorandole sulle labbra: - ...questo, se ricordo bene Anna cheriè... - E le affondo la lingua in gola succhiando avidamente l'appassionata risposta di quella donna sbucata dal suo passato e deliziosamente sfrontata ora nel suo presente.
Risero guardandosi negli occhi dopo. E quelle risate caddero nel silenzio immoto della piazza come pietre; si avviarono, tenendosi per mano avvolte dal calore bruciante degli sguardi, verso la casa di Valentina.
Percorsero poche centinaia di metri, inerpicandosi leggiadre nonostante i tacchi a spillo, per le stradine tortuose, arse dal sole caldo di Sicilia, arse - anch'esse - dalla voglia che le consumava dentro. Ci misero un'eternità ad arrivare poiché, di tanto in tanto, dovevano fermarsi per dissetarsi di carne contro un muro, per mangiarsi a vicenda la bocca di baci, per insinuare mani ansiose sotto le gonne, incuranti degli sguardi indiscreti delle donne nascoste a spiarle dietro le persiane. Perché in questa terra si sa... sembra che non ci sia nessuno in giro, ma tutti guardano, vedono, sanno.
La casa di Valentina era un'oasi, un fresco riparo agli occhi, anche a quelli del sole. L'interno era essenziale: pochi mobili in noce scuro, siciliano, forte, massiccio, in contrasto con il bianco accecante delle pareti. In ombra a quell'ora del pomeriggio, con gli scuri semichiusi a mitigare il caldo e appena un filo di luce ad illuminare la polvere, fendendo l'aria d'agosto come una lama.
Valentina spinse l'amica in camera senza darle nemmeno il tempo di pensare: aveva troppa voglia di lei, a lungo inespressa e dunque carica di lussuria e perversioni contenute a lungo. Senza spogliarsi caddero sul letto antico in ferro battuto che si lamentò appena, eccitato anche lui per ciò che accoglieva... le mani di Valentina che percorrevano veloci il vestito turchese di Anna, lo alzavano fin sopra le cosce e continuavano, ansiose, a seguire la curva dei fianchi, i seni, fino a portarsi dietro la nuca per attirarla a sé e baciarla con passione, scopandola in bocca.
Se fosse stata un uomo le sarebbe stato già dentro, risalendole deciso lungo il ventre, e probabilmente fu quella la sensazione che provò quando le tirò via, con uno strappo deciso, l'intimo succinto che la copriva appena e, con una mossa fulminea, le fu dentro con le dita della mano, poi con la lingua e con i pensieri. Scese con la bocca lungo le gambe tornite, guizzando ogni centimetro di pelle. Avvolse le caviglie con la sua lingua, le amò come fossero un fallo da accarezzare intorno e risalì piano a ritroso, soffermandosi dietro la piega del ginocchio, lungo le cosce tese allo spasimo, per tuffarsi in mezzo a quelle altre labbra che parlavano la sua stessa lingua.
Anna conteneva a stento tanta passione, non aveva quasi il tempo di rispondere a quell'assalto che le divorava assieme alla carne ogni volontà residua. Le piaceva... le piaceva quella donna così calda e violenta da superare in emozioni e in spinta erotica qualsiasi uomo. Ma doveva fermarsi o il suo piacere sarebbe esploso troppo, troppo in fretta. Le prese il viso tra le mani, togliendola a malincuore dal suo nido caldo e la guardò a lungo quasi a cercare un perché, quasi a chiederle dove era stata mai in tutti quegli anni. Ma le parole non servivano. La passione senza freni di Valentina era un male contagioso e anche lei la baciò con passione, quasi con rabbia. Non ci fu il tempo di pensare ad altro. Anna cadde pesante sul cuscino ed era ancora lei sopra, ancora lei a guardarla perdersi solo del piacere di due dita dentro, l'altra mano immobile contro la spalliera del letto, bloccata per il polso dalla mano di Valentina. Non le serviva altro: occhi, parole e due dita a portarla in alto. Anna non durò a lungo... Valentina era davvero brava e l'amplesso fu immediato, fulmineo, inaspettato, anche ancestrale e - puramente carnale - , senza aiuto di nulla, nemmeno della fantasia.
Dopo parlarono. Anna era un fiume in piena ora. Voleva sapere tutto di quella donna il cui corpo aveva saputo darle in pochi minuti quello che per alcuni lustri aveva solo sognato. Chiedeva. Non faceva in tempo a terminare un punto interrogativo che già un altro andava formandosi nella sua testa. Ma Valentina non aveva voglia di parlare. Era tornata perché doveva. E poi non era mai più fuggita da allora. Da quel dannato pomeriggio d'inizio autunno. Il mare luccicante. La spiaggia deserta e loro. Certo non erano dove dovevano essere. E certamente erano nude. Ma nessuna di queste ragioni sarebbe davvero bastata se... Valentina scosse la testa e affondo quasi inconsapevolmente le unghie laccate di nero nella carne morbida del ventre di Anna. Ora erano libere. Ma per Valentina poteva esserci solo quello. Il disarmante appagamento della pelle. La pace momentanea dei sensi travolti. Non poteva più amare. Non Anna. Non lì. Non aveva nemmeno ascoltato il cicaleccio costante di quella donna che non ricordava. Lei invece si era persa nella spirale divorante della memoria. Infausta memoria. Ma ora cosa stava dicendo...: - Mi porteresti con te? - Valentina non poteva credere che l'avesse detto. Proprio lei. La ragazza che aveva obbedito, taciuto, accettato. La fanciulla bellissima che aveva calpestato se stessa e lei in nome della famiglia. Ora la voleva. Ma ovviamente non lì. Valentina tremava dalla rabbia, non sapeva nemmeno più lei se per la donna che Anna era diventata o per la fanciulla che lei era stata. Ma, in ogni caso, il finale lo avrebbe scritto lei. E sarebbe stato scritto nel sangue. Il sangue dell'anima.
Spense la sigaretta con forza e, afferrata Anna per i lunghi capelli, le morse le labbra divorandogliele in un bacio violento e implacabile: - Portarti? E dove di grazia dovrei portarti mia dolce ipocrita signora? Nel mio mondo forse? Che fai? Taci. Sì, è meglio che tu faccia silenzio. Sei stata sempre bravissima a farlo. Tacere è la cosa che ti viene meglio. -
Valentina si infilò il vestito sul corpo nudo. Calzò le scarpe rapidamente e, afferrata la borsa, gettò le chiavi di casa, di quella casa che lei aveva sempre vissuto come una prigione addosso ad Anna. "Ecco, goditela, fanne la tua garconiere, bruciala, vendila. Non m'importa. I conti sono chiusi. I giochi sono fatti. La vittima è diventata carnefice - .
Fuori, al sole, Valentina riprese a respirare. Era finita davvero. Aveva bisogno di un bagno. E sapeva esattamente dove andare a farlo.

Mayadesnuda & Erato

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