Una passeggiata nel primo sole di primavera, la città che riluce come per una magia di gioia per la vita che si rinnova. Mi pare di vedere ogni venatura delle foglie, le ombre lucenti delle gemme, i profili di quelli che saranno fiori, sento scorrere il calore nelle vene, vorrei mettermi a correre o a ballare per strada, ma non lo faccio, per fortuna... rido tra me e me e cerco il negozio dove devo ritirare una statuetta di Delft per un'amica.
Il profumo del legno e della cera d'api racconta come quest'antiquario ami mobili ed oggetti in egual misura. Le finiture calde ed eleganti del noce e della quercia accarezzano il mio sguardo come una piuma, mentre una sonata di Brahms accompagna il mio vagare curioso in questo labirinto ordinato.
L'antiquario deve essere nel retrobottega, parla al telefono, una voce bassa che mi guida fino alla sua scrivania. Legno di rosa e cuoio spagnolo, una stilografica che danza tra le sue dita. Mi fa un cenno di scusa, mi fa capire in un gesto come la conversazione si prolunghi oltre le sue aspettative.
Non ho fretta ed esploro una saletta in cui un piccolo comò, una coppia di sedie dal dorso arcuato ed un tavolino da tè ricreano con le porcellane candide un salottino del XVIII secolo. Vecchi volumi in cui l'oro dei fregi s'amalgama con l'azzurro ed il verde della seta.
Sono sola e nella penombra mi sento incoraggiata a prendere in mano un'edizione settecentesca incredibilmente bella dei Sonetti di Shakespeare che mai mi sarei attesa di trovare in Italia.
Lo sfoglio lentamente, il solletico della carta quasi pergamenata contro la pelle sottolinea l'eterno piacere di quei versi senza tempo. Mi siedo su uno sgabello e lascio che la poesia scivoli dentro la mia mente, dimentica della piccola commissione e dell'antiquario.
Ne riavverto la presenza quando un movimento sulla porta mi ruba la luce per leggere. Insieme alla pendola, il cuore ha un soprassalto, mi sento quasi colta in flagrante, sebbene credo non sia seccato, a giudicare dal sorriso con cui attende con una scatola in mano.
- Leggevo... è una bellissima edizione.-
- Indubbiamente ha dimostrato di apprezzarla -
Non so come interpretare il suo commento, così taccio e lo guardo. Non è imponente, ma non somiglia neanche un po' all'idea che avevo dell'antiquario mingherlino. Mi porge la statuetta.
- Si accomodi di qua, nel mio ufficio c'è più luce.-
- Non era mia intenzione leggere ancora, stavo solo aspettandola..-
- Non si preoccupi, non desidera vederla?
Mi sento un po' ridicola, ma naturalmente ha ragione. Lo seguo nello studiolo. Ha passi lunghi ed elastici ed una schiena larga. Mi sorge il dubbio che sia stato proprio lui a spostare buona parte dei mobili del salottino. La statuetta è una pastorella bianca e blu che accudisce un agnellino; è perfetta in ogni più piccolo dettaglio, persino le dita che passa nel vello soffice della bestiola o le pieghe della veste che sembra mossa da un refolo di vento.
Ho decisamente troppa fantasia, però è un piccolo tesoro, mi sento orgogliosa di essere io a ritirarla. Una piccola firma su un modulo e la mia avventura nella grotta di Aladino è sul punto di terminare, ma l'antiquario mi indica la pendola dietro l'arco di pietra drappeggiato di raso grezzo.
- Vuole vedere le altre della serie?Erano conservate insieme, probabilmente su un ripiano molto simile a questo.
- In una pendola?-
- In un ambiente femminile com'è questo, ho cercato di ricostruirlo, sia pure con pezzi non olandesi.
Si dice che la curiosità abbia ucciso il gatto, spero che il detto non sia da interpretare troppo letteralmente o meglio che l'antiquario non sia un assassino.
Non lo è... anche se, come armi improprie, ha due iridi che paiono provenire da Delft come la pastorella, tanto sono blu e luminose. E' un narratore e mi racconta la storia di questa colonna intagliata nel legno, viva come può essere una materia che un tempo cresceva tra terra e cielo, profumata del tempo e venata come un brandy d'annata. La sua voce è lenta, ma inarrestabile, le sue mani si muovono sul legno come se ricreassero ogni istante della sua creazione. Le sue labbra si piegano in sorrisi fuggevoli quando un aneddoto buffo fa capolino nella storia avventurosa che proprio le sue parole fanno rivivere nel qui ed ora.
Mi sento come quando da bambina sedevo sulla barca del salvataggio a guardare le onde, ascoltando il bagnino che mi snocciolava leggende del mare come se fossero accadute nel suo quartiere. Incantata e totalmente dimentica di quel che non sia il fluire del racconto e del cerchio perfetto dove lancette in ottone si rincorrono, interrotte dal profondo rintocco delle ore. Per due volte... è l'ora della chiusura e mi riscuoto, sento quei due battiti come se fossero risuonati dentro di me.
L'invito a cena giunge come la pausa a metà di un film, c'è un secondo tempo molto più promettente, a quanto pare, ma devo fidarmi della sua parola oltre che del mio istinto.
La consegna della pastorella mi consente di tornare a casa, cambiarmi per ritrovare un senso di realtà e per soddisfare l'eterno femminino.
Al ristorante il tempo scorre come l'acqua ed il vino nei bicchieri, non saprei dire quali piatti si siano succeduti sulla tovaglia bianca di Fiandra.
Vorrei che la sera non finisse mai, il mistero della pendola passa in secondo piano rispetto al cantastorie con cui attraverso la città silenziosa, guardando le luci riflettersi nei canali, riflettendo solo a metà su ciò che sento e su ciò che dico. Un musicista di strada suona il sax, riempiendo di note questa notte così tersa. E' quasi mezzanotte, silenzi e parole formano a loro volta una melodia che rende inarrestabile la malia che mi ha presa per mano attraverso le sue dita.
Quando mi bacia, mi sembra solo naturale e non mi accorgo di essere nell'arco che incornicia il negozio, il calore del suo corpo contro il mio fa da contrappunto al freddo del vetro su cui mi appoggio. Il suo senso del bello ha voluto questo o è stato il caso?
Ultimo pensiero coerente, prima di precipitare in un turbine avvolgente di carezze sapienti di cui avverto l'effetto, non il contatto. Notte stregata, notte senza tempo.
Scendo i gradini senza sapere della loro esistenza, immemore e cieca, solo desiderosa della sua bocca e delle sue mani, ovunque.
Mi avvolge con il suo corpo caldo quanto il legno dietro la mia schiena, mormora di ciò che ha provato per la curiosità che mi ha letto negli occhi, sussurra nel mio collo delle storie d'amore che la pendola ha scandito per coloro che ne hanno ordinato la costruzione e cercata per mare e per terra dopo averla perduta. Una dama ed un pirata, un conestabile ed una vedova onorata, un uomo ed una donna, come noi.
Le sue mani disegnano sotto le mie gonne mappe del viaggio che la pendola ha compiuto, le mie si perdono sul suo corpo, confuse avventuriere.
Mi chiedo se fosse così frenetico anche il bisogno di quegli amanti e se fosse più difficile trovare la pelle nuda sotto gli strati di tessuto... forse erano più abili o forse erano abituati ai loro abiti quanto noi lo siamo ai nostri. Sento la sua risata contro la mia bocca... dunque ho dato voce a questi pensieri.
Scioglie i miei capelli contro le venature del legno, li vedo confondersi nello specchio, il mio viso che appare e scompare dietro le sue spalle. Chiudo gli occhi, anche se quello specchio dorato mi mostra solo ciò che stiamo per diventare, le sensazioni che mi assorbono da dentro, trasportandomi in un luogo che forse ha visto altri amanti.
E poi restiamo soli, avvolti dal solo desiderio, le sue mani mi stringono in vita, sollevandomi contro la pendola, accarezzandomi le cosce che lo avvolgono come due serpenti, mentre respiriamo l'uno con la bocca dell'altro, senza spezzare il continuo scorrere di questo calore.
Sento sotto la lingua il profilo pieno delle sue labbra, il battito selvaggio del suo cuore, mentre le sue dita scoprono le linee della mia schiena inarcata, l'umidore che tradisce ciò che mi fa provare.
Neppure il suo corpo sa tenere certi segreti. Il suo bisogno preme sempre più insistente, soddisfacendo il mio, in una prima lenta spinta che mi lascia senza fiato, aggrappata a lui, in attesa che quest'energia potente si sprigioni e ci bruci completamente.
Lo avvolgo stretto, sentendolo pulsare e muoversi, accompagnandolo in questa danza antica, scandita dai suoi fianchi e dai miei, una sfida all'equilibrio, una gioiosa sottolineatura alle parole che mi sussurra instancabile, provocandomi sempre e ancora.
Non sono preparata a questo lento vibrare che mi sale dentro.
Premuta contro il legno, aperta e serrata intorno a lui, avverto i rintocchi... uno... due ...tre. quattro... nove... undici... mezzanotte... e mezza.
Le ore risuonano in me insieme ai movimenti del suo corpo forte, ma il nostro piacere non è Cenerentola e continua a fluire, mentre sdraiati su un tappeto provo a dominarlo, immaginando il seguito della favola, giocando con il suo petto liscio, con i suoi muscoli che sussultano sotto le mie mani vagabonde.
Scivolo sulle sue gambe per baciare il suo ombelico e una curiosa costellazione di nei un po' più giù... la passione che dimostro per questa nuova forma di geografia astronomica lo coinvolge parecchio... di nuovo.
Le mie labbra accolgono il suo entusiasmo, così come le sue si mettono d'impegno per non lasciar nulla d'inesplorato... e non è un neofita... le sue dita percorrono la mia pelle come una cartina, il mio corpo come un continente, ricco di valli, colline e grotte. Le sue labbra seguono fiumi sotterranei fino alla sorgente che è sua, per sempre.
Storie di viaggi che si consumano ancora tra le mie cosce, mentre il suo corpo duro risale la corrente senza sosta, fantasie di amori mentre la mia bocca duella con la sua, il profumo della passione che pervade la stanza e appanna lo specchio, mentre la pendola continua a scandire rintocchi fino all'alba.
E' un raggio timido che filtra sotto le pieghe del raso ed illumina la barba lunga sul suo mento, il petto che si solleva piano nel sonno. Mi piace dormire su di lui, ma non posso permettere che apra il negozio così... non voglio sapere se la gente sia abituata a vederne uscire donne a quest'ora.
La pendola torreggia su di me con i suoi riflessi benevoli, ha mille altre favole da raccontare, ma mentre questo è il suo posto, non sono certa sia anche il mio.
- Aspetta.-
Il cantastorie mi guarda, comprende e sorride. La sua voce ha interrotto l'allacciatura della camicetta.
- E' domenica, il negozio è chiuso -
- Devo andare.-
- Perché? Non ti piace qui?-
- Sì, ma.
- Ci sono almeno duecento oggetti qua dentro, sai?
- Davvero?
- Davvero.
La luce del giorno accende la pendola come lui accende me, quando sorride in quel modo.
E poi non ho mai resistito ad una bella storia.
Madkitten