Lei vagava, piacevolmente sperduta, tra gli scavi romani di Jerash.
Dal Foro, una grandissima piazza ovale delimitata da un colonnato, aveva percorso il cardo, una larga via tuttora pavimentata con gli originali lastroni di calcare.
Si era messa, ad un certo punto, a ripetere un gioco che faceva da bambina: camminare evitando di appoggiare il piede sulle connessure tra una pietra e l'altra, contando i passi, ma poi aveva smesso, presa dalla magia delle visioni che si offrivano ai suoi occhi.
Quando si trovò di fronte ai propilei di un grande tempio prese a salire un'ampia scalinata.
Faceva i gradini lentamente, assaporando il clima rarefatto del luogo, mentre guardava le raffinate colonne corinzie che svettavano in un cielo di cobalto di accecante splendore.
Colla testa completamente rivolta ai monumenti, non badava al percorso, cosicché si trovò all'improvviso quasi a cadere addosso ad un uomo che scendeva.
Non vide nemmeno bene il giovane che le stava di fronte: di lui la galvanizzò lo sguardo d'ammirazione dei suoi profondi occhi neri.
Era una sferzata di sensuale potenza, un immergersi nelle sconosciute profondità del desiderio,
un'indagine nei segreti meandri del sesso.
Per pochi secondi, che le parvero un'eternità, restarono a guardarsi, poi lei abbassò gli occhi, imbarazzata.
- Mi scusi - lo dissero insieme, come si fossero accordati, poi lei riprese a salire, mentre lui rimaneva fermo a guardarla.
Il resto della giornata trascorse per lei nelle abituali occupazioni, tra le quali affiorava, intermittente, lo sguardo di quell'uomo.
Al tramonto si accordò con un'amica in vacanza che desiderava recarsi ad un bagno turco e non sapeva come destreggiarsi tra le offerte.
Lei scelse un esercizio frequentato da occidentali, dove non vigeva la rigida divisione tra i locali destinati alle donne e quelli destinati agli uomini, pensando che lì l'amica si sarebbe trovata più a suo agio, come in patria.
Furono accolte, all'ingresso, da una nuvola di vapori odorosi: il profumo di incenso e di erbe aromatiche aleggiava nella Westya, il tepidarium, che esse raggiunsero dopo la doccia.
Nella fontana al centro, decorata con tessere di mosaico, zampillava l'acqua, rilassando la mente col suo dolce sciacquìo.
Sedettero su panche di marmo riscaldate, cominciando a parlare tra loro.
Una signora con la figlia adolescente, un arabo di mezza età e una giovane coppia in viaggio di nozze entrarono dopo di loro, nel momento in cui esse uscivano dalla sala per dirigersi verso il
Beit el sakhin, il calidarium, che le avvolse con la sua nuvola di vapore bollente.
Appena entrate, fu come se avessero perso la vista.
Furono avvolte da una fittissima nebbia che non permetteva di capire se ci fossero altre persone nel locale.
- C'è qualcuno? – domandò lei entrando, senza ottenere risposta, cosicché si resero conto
di essere le uniche lì.
I 50° di calore e l'umidità inducevano una sonnolenta, rilassante inerzia... non avevano più voglia di parlare, chiusero gli occhi stendendosi sulle panche, dopo aver posto sotto di sé il loro telo di spugna.
Lei ripensava alla giornata trascorsa, alla visita effettuata la mattina nella zona archeologica, a quegli occhi che le avevano procurato brividi di eccitazione e si perse in una fantasia che la vedeva protagonista di emozioni erotiche, percorsa, accarezzata dal lampo sensuale di quello sguardo di fuoco.
Lo sguardo non la lasciava: era su di lei, indugiava sui suoi seni, sulle cosce tornite, sul pube, girava intorno ai fianchi per soffermarsi sulla rotondità dei glutei, quasi a voler aprire il solco fra essi, scivolava sotto il perineo, voglioso di violare l' intimità della sua rosa di carne... si sentì in subbuglio, spossata, languida, bagnata, e non riusciva a capire se fosse a causa del vapore caldo o del desiderio che il ricordo di quello sguardo le provocava.
- Non resisto più, io esco – le disse l'amica e lei non rispose, ma rimase supina, con gli occhi chiusi, avvolta nel suo sogno sensuale.
Poi sentì la frescura dell'acqua che un'inserviente le versava sul capo e si riscosse.
Fece un' altra sosta di dieci minuti prima di uscire a sua volta e di essere presa in consegna da mani esperte che l'accarezzarono tutta con un guanto ruvido, le lavarono il corpo e i capelli con saponi profumati, la immersero, come una cosa preziosa, in una vasca di acqua tiepida, dove potè di nuovo chiudere gli occhi e sognare quello sguardo.
Era una così dolce ossessione! Si sentiva come svuotata e desiderosa di lenire il languore con la forza di intense carezze erotiche, di violente esplosioni orgasmiche... fu trafitta da lampi accecanti di desiderio.
Uscì dalla vasca avvolgendosi il telo intorno al corpo e si diresse verso uno dei ristretti cubicoli adibiti al massaggio.
Si sdraiò sul lettino a pancia in giù, in attesa.
Poco dopo dita delicate la liberarono dal telo in cui era avvolta e presero a massaggiarle il collo e le spalle.
L'olio profumato le venne versato sulla schiena e le mani le lavorarono la muscolatura seguendone dolcemente i contorni, premendo coi pollici a creare ondate di benessere e di abbandono, cosicché emise un sospiro di beatitudine.
Il massaggio agiva su di lei, attraverso il contatto delle mani sul corpo, delle dita che esercitavano sfioramenti o pressioni, apriva dentro di lei quell'intimità che permette di ascoltare la propria essenza e quella altrui, i desideri, i bisogni, e sentì di nuovo nel ventre quella sensazione di vuoto e languore.
Alzò allora una mano a fermare i gesti delle mani che la massaggiavano, intrecciò le sue dita con le loro dita, che la aiutarono a sollevarsi e a mettersi in ginocchio sul lettino.
Gli occhi di lei corsero al viso sconosciuto, si fissarono nel suo sguardo. Era uno sguardo simile a quello che lei ricordava o era lo stesso?
L'uomo le frugò il seno con gli occhi, poi le accarezzò il ventre, la sollevò abbracciandole le cosce, mentre lei gli stringeva a sua volta le gambe intorno ai fianchi.
Lui la baciava e riempiva il vuoto della sua bocca con la lingua e quello del suo ventre con la sua verga possente.
Stettero così – immobili – per un tempo lunghissimo e il piacere scorreva nel sangue di entrambi con un lentissimo canto.
Poi ci furono convulsi colpi ravvicinati e mentre le contrazioni la facevano inarcare nei sussulti dell'orgasmo, fu inondata da un fiotto caldo e odoroso e gridò, poi fu deposta gemente sul lettino e il suo sesso gonfio trovò refrigerio nelle lente leccate che lo massaggiavano ripulendolo, mentre le mani le massaggiavano i seni.
In seguito lui la guardò e lei lasciò che i suoi occhi fossero catturati perdendosi in quello sguardo.
Quando uscì e tornò nell'ingresso, dopo essersi rivestita, trovò l'amica che l'aspettava, che sbuffando le disse: - Ma quanto tempo ci hai messo? Non tornavi più! -
Nut