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Racconto n° 3349
Autore: Amelia Altri racconti di Amelia
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Una mattina d'inverno

Mi guardi.
Li sento i tuoi occhi cerulei posarsi sul mio culo mentre aggiusto il perizoma di pizzo bianco trasparente.
Mi muovo velocemente. Sono in ritardo, come sempre.
E mi sembra che tu, guardandomi, mentre steso sul letto fumi voglioso la tua prima sigaretta, mi rallenti, mi deconcentri.
Sono abituata a star sola.
Non capisco come sia possibile che acconsenta a dividere con te il mio letto già da due notti.
E che ti permetta di fumare in camera.
Sto invecchiando, sto cedendo, non all'amore però. Ad una sorta di bisogno d'affetto, di condivisione.
I tuoi occhi indugiano sul mio seno. Il capezzolo destro, impertinente, fuoriesce dalla coppetta del reggiseno a balconcino.
Taglia seconda, sicuramente un acquisto estivo.
Non so se per la pigrizia che mi coglie d'inverno, se per i rossi da lungo invecchiamento, per gli arrosti e i brasati o forse un po' per tutte e tre le cose, ma mi sono ritrovata con tre chili in più addosso, equamente distribuiti.
Mi siedo per infilarmi le autoreggenti.
Sento il suo desiderio bruciante, ne avverto l'odore: l'aria della camera ne è pregna.
Ti guardo e capisco che cosa stai pensando.
Credi che io vada da lui.
Gli occhi luccicanti mi hanno tradito, il sorriso da bimba maliziosa con cui ti ho aperto gli occhi stamattina ti hanno messo sull'avviso.
Eppure io ho veramente un appuntamento di lavoro.
E se mi faccio bella è perché sono intimamente troia ed amo essere desiderata, ammirata, mangiata con gli occhi.
Il mio cuore batte forte perché dopo l'ufficio so che farò quella cosa che Lui mi ha chiesto, l'altro Lui. Per l'esattezza uno degli altri due, quello fisicamente assente ma fin troppo reale.
Non ti tradirò con la carne, con l'anima sì però.
Mi guardi, ti intrufoli nella mia mente.
Dò un'occhiata all'orologio. E' tardi.
Aumento il ritmo, i tacchi picchiettano sul parquet mentre spazzolo i capelli, metto gli orecchini, cerco il cellulare.
Intanto tu mi guardi. Ti passo accanto e mi afferri per la gonna.
- Lasciami stare, dai... -
Mi infili una mano sotto la gonna, scosti il filo di pizzo bianco, infili due dita, ad uncino, dentro di me.
Mi volto e ti guardo con aria di sfida.
Mi vuoi possedere, vuoi lasciare il tuo odore sulla mia pelle, il tuo seme dentro il culo perché l'altro possa sentirlo.
Come sempre sottovaluti la mia complessità. Sono troppo contorta perché tu possa veramente arrivare a leggere dentro di me. Il pensiero mi fa sorridere.
E' veramente tardi ma decido di stare al tuo gioco. Anzi, l'idea che tu mi scopi più per marchiarmi che per puro desiderio mi eccita.
Vado in bagno, mentre stendo il mascara sulle ciglia sento la tua mano frugare nuovamente dentro di me.
Mi piego in avanti. Strappi il perizoma.
Faccio finta di niente, allargo le gambe e inizio a intingere le mie labbra di lucido rosso.
Sento la tua erezione, sorrido.
Apro il tubetto di olio di semi di lino e inizio a spanderlo sui capelli troppo secchi. Ti sento armeggiare con il tubetto, mi ungi e ti ungi.
Io intanto spruzzo un po' di profumo dietro ai lobi delle orecchie. Mi guardo soddisfatta allo specchio e mi rialzo, pronta per uscire.
Allora mi spingi nuovamente contro il marmo, contro lo specchio a parete. Entri dentro. Deciso, lento ma inesorabile.
Per fortuna non ami parlare perché non sei te a farmi godere, ora.
Mi apro, ti accolgo, mi inarco e roteo il bacino per prenderti tutto, spingo verso di te appoggiando le braccia divaricate al ripiano di marmo.
- Prendimi per i capelli! - ti ordino con voce roca
- Più forte –
Penso che non sei proprio capace di maltrattarmi come voglio io.. però mi sbatti, penetrarmi con forza ti piace e allora dai, fammi male...
Il mio sfintere si allarga sotto ai tuoi colpi, finché non mi riempi di fiotti caldi.
Mi rimetto in piedi.
Ancora ansimante riprendo subito il controllo, sistemo la gonna, mi aggiusto i capelli, la sbaffatura del lucidalabbra.
Ti guardo, senza baciarti, senza dir niente.
Sei soddisfatto, lo so.
E io ho eseguito gli ordini, alla lettera. Mentre scendo le scale sento il liquido colare lungo le cosce.
Apro il portone. Una raffica di tramontana mi investe, lo sperma da calda carezza diventa una gelida sferzata sulla mia pelle.
Sorrido, penso e sorrido.



Amelia

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