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Racconto n° 3351
Autore: Rossogeranio Altri racconti di Rossogeranio
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Dal Tramonto all'Alba. Prima Luce
Una giornata incoerente, come il bagliore accecante di un raggio laser.
Nella dimensione locale adulterata, nulla è peggio di un telescopio diottrico che converge sul ritorno alla nicchia, all'urbanità, alla promiscuità giocosa del vis à vis.

Questa volta non mi sottometterò alla festa; il sollazzo che correrà il rischio dell'esclusivo e dovrà esaurirsi per sfarzo universale.

La giornata scorre schizzata come una siringa; il getto aumenta la densità delle ore che scorrono e mi lanciano lontana.
Frenesia d'indifferenza veloce.

Rimango alla deriva forzata nei circuiti cittadini, tra rallentamenti, ingorghi, stupidità poliziesca ed infortuni stradali.
Inebetita dal freddo procedo nell'impazienza generale e nell'impossibilità di fuggire da una trama che m'imprigiona senza cambiare positura alla lancetta dell'orologio.
Tutto questo nel tentativo memorabile di arrivare pronta per il nuovo anno, l'intermezzo della mia futura perdizione.

Corro trafelata oltre la sfrangiata nappa della neghittosità diurna, nel movimento pendolare tra la vacuità dell'alba e la tinta spuria e meticcia del tramonto.

In qualche modo aggiusto i miei ultimi impegni in una sorta di callida e peritosa trattativa, il maestoso baratto empireo che mi permette di giungere puntuale a destinazione.

Sono arrivata.
Mi spoglio della mantella in vilpelle e rimango con l'abito frusciante di colore rosso.
Un involucro di seta fredda e sfarzosa, di fantasia violenta, che tratta la mia nudità con i guanti di velluto.

Le stanze sono ornate d'artistiche incisioni, sculture e segni ingegnosi per mano degli uomini.
Le enormi campanule variopinte dei coriandoli allucinatori sono già sparse ovunque e mi si attorcigliano sotto i piedi.
Hanno la fragile compattezza della latta dipinta come i corni dei vecchi grammofoni a trombetta.

Una bambola canora dalla chioma ingessata sta straziando il parterre interiore, in un ambiente scontato dove il nulla sta componendosi in uno schema purchessia.

L'atmosfera è già sniffata dal vermiglio delle stoffe succinte e metodicamente elettrolizzate.
Alcuni sono distesi, scollacciati, incollati l'uno all'altra ad aspettare il rintocco della mezzanotte farsi strada attraverso minuscoli bottoni d'argento che separano mani pensili e capricciose.

La solita tela.
L'antico retaggio, rito prodigioso nella fissione prodotta dal veglione, che in proprio non possiede alcuna suggestione esplicativa.

L'avvenimento sta per frazionarsi nei massimi delle risorse all'uopo.
Si frantumerà nei lampi d'artificio per arrotolarsi su se stesso come il serpente tentatore nell'Eden.
Dovrà ridere senza sonno, rivoltarsi d'imperativo clamore e soprattutto, dimenarsi e ringiovanire.

Nugoli di persone con le coppe in mano sono appesi in un murmure di conversazioni pronunciate, mentre diverse fonti di chiarore stanno aureolando divani, dipinti e tappeti.

Potrei scongiurare l'accelerazione dei minuti con uno spumante ghiacciato, per dare diversivo all'euforia artificiale, attraverso il freno inesauribile del senso.

Ma qualcosa accade.
Qualcuno d'incantevole inonda la veduta in una sala di lucore; dove il pensiero divertente da solo, è un altro fantomatico abbaglio.

E'un uomo stupendo, d'un fascino monopolizzante ed esclusivo.
Con un solo sorriso fa il vuoto intorno a sé.
Manifesta una personalità stupefacente, ammaliante, che getta ombra su quanti lo circondano.
Cammina a testa alta, diritto e sembra non vedere nessuno d'importante.
Ha gli occhi che compenetrano inebriati come quelli d'un appassionato intenditore d'arte.
Uno sguardo peculiare, profondo, d'altissima perfezione.

Dubito si renda conto che sono ad un passo da Lui, eppure nell'armonia incosciente che prorompe ad ogni gesto, si volta verso di me e guarda.

Sento le vibrazioni che si disperdono nei miei lunghi capelli, il riflesso dei suoi lineamenti va ad insinuarsi sotto la mia pelle.
In una sorta di mezza mattonella perdiamo l'estraneità ed abbracciamo l'evidenza.
Ci stringiamo le mani che affondano tra loro.
Sento la saliva montarmi in bocca e davanti.

E' un'Opera bellissima e mi precede verso l'ingresso di un piccolo boudoir adiacente alla sala.
Vinta, ricolma mi abbandono al suo insegnamento, mentre ovunque crepitano voci chiassose che si deformano in risate nervose.

Entriamo insieme scostando le tende.
Il sangue mi bolle nelle vene; è la Passione che mi chiama.

Se lo potessi fare subito, non esiterei.
La voragine mi coglie preparata.
Quel non esserci mai visti che adesso sperimento.
Il suo membro è un unico interminabile strumento; uno spazio, intercapedine o lacuna da sembrare una falda conturbante.

La bricia di languore mi butta in ginocchio sulla propaggine irta e carnale, incorniciata da una caligine fitta di filamenti lubrici e vaporosi.
Scivolo oltre lo spettacolo all'interno del corpo sudato, la tentazione primordiale di rivestirmi delle sue stesse secrezioni.
La pellicola resa nella sua forma liquida m'invade dentro in una pulsione immediata.
L'oscenità dell'Arte è in agguato oltre il drappeggio; l'emanazione mette inizio ai deliqui dialettici del senso ed agli stratagemmi troppo lustri dell'attrattiva.

Sto pervertendo qualsiasi cosa che sia linguaggio.
La lingua è mia e seduce tramutandosi in ciò che non dice.

Lui mi sta davanti, piantato con tutto lo splendore permesso di seme autentica.
Sostanza nel sogno.
Vedo la punta dignitosa che fiocca a mezz'aria e la prospettiva di darmi piacere mi fa allargare le natiche, fiera della mia bassura.

Avverto il forame che si accorda alla fervida ampolla dove bollono i liquami superni, binaria morbidezza d'ignote curiosità reciproche, unite in fecale letizia.
Nell'abitacolo intessuto di stimate fibre, rimango genuflessa sotto il soffitto decorato di rabeschi.

Perché il tempo non trascorre mai in questi recessi di creatività e tutto acquisisce la qualità di maestosa Natura viva.

Scocca la mezzanotte.
L'attimo in cui, la mitica consonanza dei botti si diffonde dentro il declivio tra sferici interludi.
E' l'ora fatale in cui ci possiamo riunire, nella parusia promossa in un corpo solo e un diverso spirito.

Le ore dopo sono di una bellezza tale che spandono soddisfazione nelle anime più travagliate e perplesse.
Stupendo il panorama sensuale della discriminazione, dell'illusione degli orifizi vaganti.
Ricercata la precisione estetica dei corpi, accurate le loro pulizie.
Meravigliosa la successione degli atti dell'impresa.
Tutti rimangono dinoccolati in una sborra di cotenne, champagne e vero umore.

Pare che la Notte abbia concertato ogni preludio per accompagnare noi due, appartati assoli.
Può essere l'avventura di una volta, niente di più.

E' già l'aurora.

Da sempre sorge svagata su estesi catafalchi di pallore, algida e smagrita, avvolta in lunghezza dai sudari della nebbia e della gente.
Un chiarore incapace di partorire il giorno, che storna il firmamento e gli azzurri solidali.

Ma nessun'alba assomiglia ad un'altra.

Quella di oggi è rimasta con me ad accogliere l'appello aurato del flavo mattino.
Splende radiosa ad ornare il meretricio triste e opaco del vecchio anno; un affollato rossore di gioia che incendia il cielo e si dissangua in uno schizzo scarlatto d'Amore.

Perché se il buio segna la decadenza del Sole, la mia nuova alba è trionfo quotidiano di Prima Luce.

Rossogeranio

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