La castitą. Una pazzia ereditaria lontana dalla stagione dell'istinto.
La notte raccoglieva sulla casa un certo numero di sogni, Gaia si era alzata addirittura all'alba, in preda a un impulso represso.
Una capricciosa bellezza sporgente sulla pelle diafana.
Quanto zelo nell'esortare la pigrizia a non sospettare di lei, il lieve incarnato del pescatore gił al mercato, messo a nudo dall'ambiguitą delle sembianze che la psiche richiamava con sottili proposte.
Appelli di attrattiva.
Lui, giungeva alla piazzetta da una ben nota banlieue del porto, corrotto dal fascino del Mare.
Il sale sulla sua pelle incarnava l'impulso di un omaggio esplicito.
Il pesce di paranza scampava a colpi di coda dall'aggressivitą delle reti, ma naufragava di fronte allo sguardo azzurro di quel semidio che si tuffava. Immersioni profonde e un movimento lubrico ingannavano le creature abitanti l'Egeo.
Gli occhi blu cobalto. Occhi d'oltreoceano.
Gaia vedeva un guizzo di cielo ogni volta che si incontravano.
Aveva messo l'abito della domenica, il candido damasco delle campane in festa. Era uscita in fretta, scambiando un sorriso da cose impossibili con chiunque fosse di strada.
Pochi minuti prima del gallo, mentre l'oscuritą arraffava luce qua e lą dai lampioni anacoreti, Gaia distingueva chiaramente da cosa correva con la premura abbacinante del candore. Le gote impunite di porpora lasciavano la recinzione protettiva come se fosse giorno pieno.
La malizia gemellava con l'astuzia.
L'oscuritą depredava la puerizia ponendola tra le braccia del rischio. L'amore primitivo.
La prima infatuazione.
Un appello dopo l'altro, anche la luna dava l'impressione di osservare, nascosta dietro il sacco roboante delle nuvole guardava Gaia da sopra a sotto.
La chimera innamorata.
L'emozione si proiettava avanti, il bel volto del ragazzo ciondolava nei pressi del mercato.
Gaia, impreziosita dai ghirigori del vezzo, si precipitava nella contorsione delle viscere fino a farsi lambire dal senso di vaghezza. Il desiderio la scuoteva di vergogna, proseguiva lungo il fianco della strada e risaliva di spirale in mezzo alle sue gambe. Nervose intermediare.
Testimoni di emozione.
Con inquadrature grandi di goliardia espansa, nel pozzo fasciato della notte, la giovialitą di Gaia consumava tra sentimenti gonfi. Lucide labbra.
La leggerezza dipinta tra le ciglia.
Le mani si ritrovavano fuori prospettiva, all'ombra di aperture battute dalla lenza. Il piacere di un incantesimo profuso fluttuava tra di loro, al fiato schiuso dei baci di pastura, tra i banchi di persico e avannotti.
Pesce, prezzemolo e limoni di Sorrento.
Il corteggio di un cuore leggero.
La strada si addensava di corpi spasimanti, il vento scaricava gocce di pioggia e sollevava pensieri. Il vortice dell'evasione. L'occhio della mente era voltato verso irripetibili ipotesi di istinto e le congetture sopravvissero al rossonero del mattino. Appena nato le nubi accumularono tumulti e rapide, salti di elettricitą in un corpo a corpo.
Piovve a dirotto.
Gaia guizzava, braccata dalla pariglia del suo demone marino.
L'agognato semidio.
Gaia era senza respiro, un bagno di imprevisti transitava sul suo esile corpo. Inondata, prosciugata, svicolava fingendo retroscena cui non voleva tornare.
Lui, emissario di un fiume, l'ammantava nel vestito da iniziata. La primizia appena pescata.
Le scarpe di lei e le sue mezze calzette assorbirono i ripetuti rovesci, si inzupparono d'acqua, sino alla percezione fisica della volubilitą che l'attraversava. Il segno e l'evidenza che da quel momento tutto poteva avere inizio.
Lui l'aveva attesa. Una volontą a non finire.
Sopra il ponte, in fondo. Nel mezzo della frenesia dell'entusiasmo, sino all'onda delle mani mollemente bastante al fluire dei bacini.
Il bianco latte delle guance si era turbato, troppo il fervore del sangue. Gaia avvertiva il profumo azzurro delle orate, il vocio di un'orgia di piazza e la pioggia ansimante sopra il capo poggiato al petto di Poseidone.
Il re, suo pescatore.
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