Quindici anni. Li ho compiuti ed è giunto per me il momento di sposarmi. Ero preparata da tempo a questo evento: mia madre me ne aveva parlato, aggiungendo che lei era andata sposa a tredici, assumendosi tutte le responsabilità di una padrona di casa due anni prima di me, che diventavo una matrona molto più tardi rispetto anche alle mie cugine.
Ma io, Clodia, non sono affatto rattristata di dovere lasciare la casa paterna e di conquistarmi una maggiore libertà, anche perché ho avuto modo di conoscere Gaio, il mio futuro marito, e non mi dispiace affatto: è un tipo parecchio affascinante.
Le mie cugine hanno discretamente indagato fra le loro amiche: si spettegola che abbia avuto molte amanti tra le signore di Cuma e che tenga nella sua casa una ragazza siriana esperta massaggiatrice che gli è costata una fortuna al mercato degli schiavi ... credo che mi farò insegnare qualcosa da lei.
Lui con me è gentile e galante, anche se finora non ha cercato di prendersi delle libertà ... al contrario mi parla gravemente dei suoi affari. E' un cavaliere che commercia pietre e marmi pregiati, molto richiesti ora che finalmente Ottaviano (ma è meglio che lo chiami Augusto) ci ha donato la pace e tutti fanno a gara ad abbellire le loro città di lussuosi monumenti e di edifici con pavimenti lucenti e mosaici, a somiglianza di Roma.
I progetti di Gaio per il futuro prevedono anche un nostro lungo soggiorno lontano da Cuma, addirittura in Sardinia, che si trova al centro delle più importanti rotte commerciali del Nostro Mare, e dove lui possiede due miniere d'argento.
Comunque sia, lo sposerò il mese prossimo e che gli dei mi assistano!
***
Eccomi ormai sistemata qui in quest'isola dallo splendido mare, nella città di Nora. Un tempo si chiamava Norag e ci abitavano i Cartaginesi, prima che Roma la distruggesse nel corso della lunga guerra contro di loro, per ricostruire una città tutta nuova.
Abito in una bella casa e mi sono fatta delle amiche qui.
Due di loro mi hanno raccontato la storia della città antica e di un tempio che è stato restaurato. E' quello dedicato a Tanit e sorge sulla collina.
Dicono che questa dea è come Afrodite o Venere, dea dell'amore, della gioia, del piacere, della fertilità.
Parlano di riti sacri e misteriosi su cui domina l'elemento magico al femminile ... mi hanno sussurrato che non solo le sacerdotesse praticano la prostituzione sacra, al servizio della dea, ma che anche le matrone possono compiere questo sacrificio, sottoponendosi al rito, come facevano un tempo le signore cartaginesi. La dea favorisce chi lo compie, elargendo abbondanza di ricchezze e di figli, e fortuna.
Voglio salire al tempio e parlare con una sacerdotessa.
***
Sono venuta qui da sola e mentre attendo che la sacerdotessa mi riceva ripenso al passato, quando ancora abitavo a Cuma.
Ero sposata da poco quando Gaio mi aveva detto di essere un fedele di Dioniso e di praticare il culto misterico di questo dio.
Le feste pubbliche in suo onore erano state proibite più di un secolo e mezzo fa da una legge del Senato, ma il culto sopravvive ancora in forma privata nella celebrazione dei Misteri dionisiaci.
Incuriosita, avevo chiesto a Gaio maggiori spiegazioni, ma lui non poteva darmele: era tenuto al segreto – mi aveva detto – ma se avessi voluto, avrei potuto domandare di essere iniziata anch'io e di entrare a far parte della comunità dei fedeli.
Naturalmente gli avevo risposto di sì: ero troppo curiosa della cosa e inoltre volevo condividere le esperienze di mio marito.
Ricordo come fosse ora il giorno della mia iniziazione: mi pettino con cura e adornata di gioielli, velata, vengo introdotta alla presenza di una sacerdotessa che mi legge formule sacre da rotoli di papiro ... non capisco tutto, mi sento confusa, emozionata.
Ci sono altre persone nella sala, e una tavola alla quale io porto offerte. La sacerdotessa versa del vino su un ramo di mirto, pronuncia parole misteriose. Poi insieme agli altri mangio i cibi consacrati e bevo il vino di Dioniso.
Ascolto il suono di un flauto e odo il belato di una capretta. Un sacerdote con la lira tra le mani mi spiega che quell'animale è la personificazione di Dioniso; poi mi invita a specchiarmi dentro una coppa per leggervi il mio futuro.
Nella coppa, come per magia, scorgo Dioniso fra le braccia della sua sposa Arianna e nella mia mente divento d'un tratto la sposa nell'incontro col dio.
Sono atterrita dalla mia visione, vorrei fuggire, ma mi viene comandato di svegliare il dio addormentato e di adorarlo ... lo faccio, inginocchiata, a piedi nudi, togliendo via il drappo che ricopre un enorme fallo di pietra, immagine simbolica di Dioniso: mi sento pervadere e travolgere dal suo vigore.
Sento il serpente.
Un serpente che morbidamente ondeggia spirali di movenze, si insinua lento e sicuro, subdolo, nella mente profonda, sibilando le parole del desiderio, col fuoco dardeggiante del suo potere.
Mi governa, mi comanda, mi porta oltre il limite.
Sono libera. Libera di immaginare, di desiderare, di godere, di amare, di ascoltarmi, entrando nel mio cerchio, inventando il mondo, scoprendo di me altre identità. Trasformazioni.
Lascio la pelle dietro di me ... la mia vita ordinata e casta nella casa, le occupazioni di ogni giorno: dare gli ordini ai servi, predisporre i lavori di tessitura, di pulizia, di cucina, sorvegliare che siano ben eseguiti così che al ritorno del padrone di casa tutto sia pronto e perfetto.
Le scaglie morte, corazza oscura, si sfilano come un guanto e la nuova pelle morbida di un verde lucente ne emerge vibrando di voglie pulsanti: danza selvaggia di orgasmi, prorompente vortice di abbandoni dissoluti, estasi.
Un sibilo leggero fende l'aria e il dolore si abbatte sulla mia schiena nuda, esposta.
Soffoco i gemiti sulle ginocchia della sacerdotessa, che dolcemente mi accarezza i capelli, mentre di nuovo la sferza mi colpisce e spasimi di sofferenza mi trafiggono.
Ma le mie lacrime non sono di patimento, bensì di gioia per essere riuscita a superare la prova.
Mi rialzo, orgogliosa e pervasa da una voglia incontrollabile di esprimere col movimento dolce della danza il mio piacere e ruoto su me stessa, ondeggiando il velo intorno al corpo nudo, segnando il mosaico del pavimento di minuscole gocce di sangue.
In testa mi risuona la musica dei cembali e dei crotali e chiudo gli occhi e giro, giro, presa nel vortice di un languore che si fa dapprima fuoco sottile sotto la pelle e poi violenta frenesia, voglia smaniosa che mi trafigge nel rombo del sangue e godo nel delirio e ... non ricordo più nulla.
So che il Dio si è impossessato di me, mi ha presa, entrando nel mio corpo, godendo di me, attraverso il suo sacerdote, come hanno fatto i fedeli che mi stavano vicini, in un'intima comunione con Lui.
Mi risveglio nel mio letto. Accanto, accoccolata, la mia schiava fidata mi ha medicato con un unguento efficace la schiena segnata da striature violacee.
Mi sento leggera e felice: sono un'iniziata ora, che sa come raggiungere l'estasi mistica, che vivrà anche dopo la morte, nell'unione col Dio.
***
Ripenso a tutto questo mentre attendo la sacerdotessa di Tanit sotto il portico del tempio, ed eccola che viene verso di me, una figura velata dal portamento solenne; gli occhi indagatori mi scrutano, mi prende le mani tra le sue, mi dice: - Che tu sia benedetta - .
Parliamo confidenzialmente e lei mi spiega che, se decido di offrire questo sacrificio alla Dea, dovrò accettare qualsiasi compenso, anche minimo, mi venga offerto e qualsiasi uomo, anche il più brutto e deforme, mi si presenti.
Poi mi accompagna in una delle tre piccole stanze annesse al tempio, immersa nella penombra, dove mi aiuta a spogliarmi perché io possa presentarmi nella nudità rituale per il sacrificio alla Dea, e mi lascia. Poco dopo vedo davanti a me una sagoma oscura.
Non riesco a distinguere bene la figura dell'uomo che mi sta di fronte, ma mi pare giovane, perché tiene le spalle erette. Vedo però che mi porge sul palmo della mano una moneta lucente ... argento?
Mi sento orgogliosa di offrire un così cospicuo contributo al santuario, ma ho anche un po' di paura: una delle mie amiche che si è sottoposta al rituale della prostituzione religiosa mi ha confessato di avere subito l'abbraccio di un uomo rozzo che l'ha posseduta in modo brutale, provocandole dolore.
Ma ora i miei occhi si sono abituati al buio e distinguo con chiarezza il volto dell'uomo , il suo corpo snello, l'aspetto fine.
Mi raccolgo in me stessa e sento la presenza del divino, una sensazione di trepidante attesa, di tempo sospeso nell' abbandono di ogni difesa, in cui mi faccio strumento passivo di un sacrificio solenne, vittima e insieme artefice di una epifania della Dea che per mezzo mio si manifesta.
Ecco perché il cuore batte così forte dentro il mio petto e pare rombarmi nelle orecchie, ecco perché il sangue mi serpeggia nelle vene, mi affluisce al viso e poi defluisce di colpo e impallidita mi sento sul punto di venir meno e con la vista appannata e incapace di pronunciare le parole di rito, tremando aspetto il momento.
Ma l'uomo non si toglie la tunica, come mi aspettavo, bensì inginocchiandosi davanti a me, chinando la testa fino a toccare il suolo, pronuncia parole che mi entrano dentro: - Ti prego, Dea, fammi la grazia di cui ti ho pregata prima, ti rinnovo la mia richiesta - .
Poi solleva le mani verso di me e mi sfiora il pube: un tocco delicato, leggero, riverente.
E alza gli occhi che incontrano i miei: sono splendenti occhi scuri, pieni di ombre misteriose.
Si solleva e prende la mia mano, se la porta alla bocca e bacia il palmo, poi me la posa sulla sua verga al di sopra dell'abito.
E' tutto così diverso questo incontro da come me l'ero immaginato. Sento dentro di me una dolcezza sconosciuta mentre accarezzo la stoffa morbida e avverto il progressivo gonfiore che sboccia sotto le mie dita.
Lui intanto ha affondato le mani fra i riccioli della mia pettinatura e mi massaggia la nuca, poi
scende a lisciarmi delicatamente le spalle e le braccia e risale con un moto circolare dalle braccia agli omeri, al collo, al viso.
Le sue dita seguono il contorno delle mie labbra, poi vi posa le sue e le assapora succhiandole piano e le mani ora mi attirano a sé, mi percorrono la schiena e i fianchi.
Sento un brivido di piacere nella schiena, un fuoco sottile mi lambisce il sesso.
E' di troppo il suo abito. Mi chino a terra davanti a lui e afferrandolo dall'orlo, lo sollevo, arrotolandolo tra le mani, fino ai fianchi e poi all'incavo delle ascelle; solleva le braccia a sfilarselo di dosso e vedo il suo membro possente nel corpo abbronzato che pare tutto un invito all'amore.
Ora il desiderio mi scorre nei succhi che sgorgano copiosi dal sesso, nel senso di vuoto quasi doloroso che s'impossessa del mio ventre, nelle mani smaniose di accarezzare e stringere, nella bocca arida che vuole baciare e mordere, nella lingua che brama di assaporare la pelle splendente di lui e la sua intimità.
E anche lui è preso dalla stessa magìa ed entra con la lingua nella mia bocca e la ruota dentro, provocandomi abbondante la salivazione mentre aderisco col mio ventre al suo e il suo sesso si insinua tra le grandi labbra, senza penetrarmi, ma sollecitandomi il clitoride, provocandomi nuovi estenuanti palpiti.
Ci accarezziamo le spalle, la schiena e i fianchi, ci riempiamo le mani della carne soda dei glutei, ci stringiamo strusciandoci l'una sull'altro i capezzoli ... lui, scostandosi un poco da me, passa sopra i miei due dita intrise di saliva e li fa indurire. Sento i seni che si gonfiano, che vogliono essere succhiati.
Come se mi avesse sentito pronunciare parole, lui si inginocchia davanti a me e prende nella bocca entrambi i capezzoli, stringendo lateralmente i seni con le mani e li insaliva slinguandoli, strappandomi gemiti di piacere.
E all'improvviso si abbassa ancora di più e si butta a bocca aperta sulla fica irrorata e lecca e succhia e penetra con la lingua mentre i primi sussulti di un irrefrenabile godimento mi travolgono tutta.
Grido e non so che cosa mi stia accadendo: un getto violento e breve sgorga da me, come fosse urina ed egli lo beve beandosi, con le mani sui miei glutei spingendo il mio sesso nella sua bocca mentre voluttuosamente mugola.
Credo che stia per giungere al parossismo del piacere, perché subito dopo si rialza e mi penetra col suo membro rigido e gonfio e lo sento fremere e palpitare nella profondità del mio essere, fermo dentro di me.
Poi comincia a ruotarmi dentro e tocca così di nuovo quel punto misterioso da cui sgorga il mio piacere più intenso e mentre io irrigidita sono percorsa da vibrazioni di delizie voluttuose, lui esce da me e rientra, tante e tante volte, colpi su colpi continui e inebrianti di sfrenata lussuria che io assecondo muovendomi col bacino e con l'intero corpo mentre insieme godiamo e i miei gemiti si confondono coi suoi mugli cupi, eccitanti.
Il suo seme scorre copioso dentro e fuori di me. Quando egli esce, io mi lascio scivolare a terra e, abbracciandogli le gambe, con la lingua insalivo e detergo il suo membro ancora rigido, finché si quieta.
Allora lui mi solleva a sé, mi dice: - Fare l'amore con te è stato qualcosa di divino. Voglio che tu abbia un ricordo di me. - E infila al mio dito un anello d'oro che brillava sul suo mignolo.
Ma so già che non potrò tenerlo per me. Appartiene alla Dea.
Nut