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Racconto n° 3637
Autore: Amelia Altri racconti di Amelia
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Vino e sangue
Freddo umido nella barriccaia. Caldo umido fra le cosce. Un drappo di velluto rosso scarlatto sugli occhi, i capezzoli che sfregano contro il rovere di un tonneau.
Sento lo scroscio di un liquido nel bicchiere.
Denso, avvolgente. Mi sembra di vederne il colore. Rosso rubino, con riflessi purpurei.
Annuso l'aria. Aroma di frutti rossi, ciliegie, fragole e frutti di bosco.
E' come nuotare in una vasca colma di umida polpa rossa d'uva. Una folata d'aria calda. Ha un odore dolce, pił dolce dell'aria fresca. Mi entra in bocca. Tante microscopiche particelle solide e zuccherose.
Lui si muove.Fa ondeggiare il liquido nel calice, con un fluido movimento del polso.
Lacrime appaiono sul killer loop del bicchiere, a preannunciare le mie lacrime, pił tardi.
Beve. Le papille gustative in azione come tanti clitos sulla lingua rossa e ruvida.
Poi avvicina le sue labbra alle mie e mi cede il liquido prezioso che misto alla sua saliva ha un sapore indefinito.
Sa del sudore dell'uomo possente che ha lavorato la terra, ha il profumo della pelle liscia della giovane donna che ha raccolto quel grappolo e ne ha schiacciato un acino contro il seno florido e giocoso, sotto la veste d'estate.
Sa degli ormoni impazziti di lui, l'artefice di questa delizia, wine - dream – and love maker, inginocchiato davanti alla sua dea, la terra, che muta sembianza e diventa donna, madre e meretrice.
Due gocce escono dalla bocca, scivolano gił sui seni, i capezzoli turgidi come due acini di sangiovese, duri e sugosi. Lui lecca e morde, torce e accarezza.
Poi una puntura, mentre un profumo di mosto m'inebria. Un'altra, e un'altra ancora... le spine di una rosa rossa la mia dolce tortura.
Ha scritto la sua iniziale sul mio monte di Venere, piccoli fori gocciolanti vino e sangue: D. Come Donna. D. Come Dono. D. Come Dio.
Mi sfiora i capezzoli, che si induriscono al passaggio della sua mano, una mano forte e calda, da vino rosso maturato in legno francese.
Lui. Vino opulento, corposo e maestoso.
Io. Schietta e aggressiva come un giovane sangiovese, tannini spigolosi e gioiosa, selvaggia freschezza.
Sento il primo morso del serpente.
Un colpo netto, deciso, graffiante, sulla natica destra. E poi il secondo, e il terzo. Colpi secchi, caldi, tannici, freschi, in qualche modo sapidi, intensi e persistenti, corposi, maturi e nella loro maestositą armonici.
Poi niente.
Baci morbidi.
Una ruota dentata, una corona di spine, un mazzo di rose rosse.
Pizzicano la mia pelle, lasciando segni lievi, leggere striature vermiglie. Su e gił, evoluzioni rotonde, insistenti all'interno delle cosce, lą dove la mia perversa fontana d'amore sgorga zampilli di succo d'uva bianca.
La mia rugiada brilla umida e lui la lecca via, assaporandone le sfumature di gusto.
La sua mano continua a scrivere, ondeggia, preme, scrive il suo nome, ancora e ancora.
Sui seni, sulle cosce, sulla schiena, sul ventre.
Me lo imprime sulla pelle come un marchio a fuoco, un segno del possesso, visibile a tutti.
E io provo un godimento smisurato ad essere segnata, ad essere identificata come Sua proprietą.
Sua. SUA. Di quest'uomo che č tutto per me, che amo in mille modi diversi.
E che mi guarda con ammirazione, sorridendo al mio sorriso candido, che brilla d'innocenza.
Lo gusto, con tutte e cinque i sensi. Annuso, sfioro, premo, mordo, bevo...
E la testa va via, verso un mondo finora sconosciuto, un cielo senza regole, fatto di luce e tenebra, saliva e sangue, liquido d' uva rossa spremuto fino a succhiarne l'anima.

Amelia

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