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Racconto n° 3651
Autore: Enchantra Altri racconti di Enchantra
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Bang e così sia
Bang!
Ho ancora in testa quel suono sordo, attutito nelle orecchie, ancora così presente che copre il suono della voce del Giudice per le indagini preliminari mentre mi sta rimbalzando in faccia le domande di rito.
Che poi è anche una donna quindi dovrebbe capirmi ma è faticoso perfino esprimere un concetto logico e le ragioni che mi hanno spinto a fare quello che ho fatto.
Bang! Ancora... e un'immagine rallentata del suo corpo che scivola lentamente in terra fino a rimanere inerme; gli occhi ancora socchiusi che esprimono sorpresa, la macchia scura che gli si allarga dalla schiena, come un lago in piena.
Mi chiedo la ragione di questo stupore rimasto impresso nello sguardo ormai spento: in fin dei conti sono una puttana, avrebbe dovuto prevedere che da una come me non poteva avere altro che guai, 'anche se la mia reazione è stata davvero imprevedibile ed esagerata', dico a me stessa ingenuamente.
Riavvolgo i pensieri e torno alla serata appena trascorsa.
Vede, Signor Giudice, la Maison di Via del Corso è una di quelle riservate a una ristretta cerchia di clienti facoltosi alla ricerca di un - territorio segreto - dove potersi liberamente disfare della parte che di solito si nasconde con scrupolosa attenzione agli occhi di tutti, soprattutto a quelli che ci vivono accanto. Specialmente alle mogli, per intenderci...
Ero scesa al piano di sotto a prendere alcuni asciugamani puliti per uno dei miei clienti che chiede la mia compagnia ormai da un anno, sempre lo stesso giorno della settimana, sempre alla stessa ora; ogni volta viene accompagnato da Carmine, il suo autista, un giovane sui 35 anni, napoletano, sorriso ammiccante, occhi neri come la pece che ti sprofondano dentro.
Insomma, uno da evitare altrimenti te ne innamori. E io non voglio né posso innamorarmi. Sto bene così.
Dicevo? Ah sì, che ero scesa al piano di sotto e ho trovato Gennaro che stava amabilmente chiacchierando con la nostra Maitresse con la quale era ormai entrato in confidenza, tanto che questa spesso lo invitava ad andare in cucina a piluccare qualcosa. Praticamente - uno di casa - .
Signor Giudice, vede, è stata proprio questa l'occasione in cui siamo entrati in contatto: si è offerto di portarmi gli asciugamani fin sulla porta della camera, mentre mi guardava sfrontato e chiedeva il mio nome.
- Mi chiamo Elisa
- Bel nome, io sono Gennaro, l'autista di... – seguendomi sulle scale.
Sentivo gli occhi perforare la vestaglia di seta che copriva ben poco del mio corpo.
Sarà stata questa percezione che mi ha fatto inciampare sui gradini? Signor Giudice, quando ci si mette il fato non si può evitare di averne a che fare.
Gli asciugamani in terra e le sue mani pronte a reggermi: ecco il contatto che non avrei mai dovuto sperimentare perché quelle mani erano calde, troppo attraenti per non volerle addosso.
Ed è proprio quello che gli ho permesso di fare: di percorrermi la pelle, di disfare le mie difese mentre mi sbatteva in piedi con le spalle al muro, mi inondava la carne e mi riduceva a un ammasso liquido. Il tutto nell'arco di qualche minuto travestito d' eternità.
Da quel momento, ogni volta che accompagnava il mio cliente, siamo riusciti a regalarci dieci minuti di puro, bestiale, intenso piacere.
Però, Signor Giudice, come ho detto prima, il fato ci mette sempre lo zampino e Gennaro aveva cominciato a riempirmi la testa di idee strane sull'amore, sulla famiglia, sui figli; mi diceva che non poteva più vivere senza di me e io stavo per lasciarmi andare a qualcosa che avevo sempre tratto fuori dalla mia vita spensieratamente libertina. Non potevo permettergli di farmi innamorare così, di farmi credere che le mie valutazioni fossero sbagliate, che la vita scelta fosse l'inverso incerto.
Ecco perché ieri sera ho dovuto interrompere il flusso dei pensieri... ho dovuto, capisce? Non avrei più potuto vivere con queste stramberie nella testa, invidiando le altre donne che hanno percorso altre strade, ma soprattutto continuando a respirare e a vivere Gennaro come se fosse la mia vita stessa.
E allora... Bang! Uno sparo in pieno cuore, così i pensieri sarebbero scomparsi per sempre.
Ma in quel momento non ho pensato che con i pensieri strampalati potesse scomparire anche Gennaro. Ho ancora Le sue impronte indelebili marchiate sulla pelle, il sapore delle labbra, la stessa impronta della sua bocca sulla mia, il mio sesso pieno del suo, la sua voce dentro le orecchie, compreso l'ultimo fiato roco prima di crollare a terra che a me è parso mescolarsi a un - ti amo - .
Bang! E così sia.
Cosa dice Signor Giudice? Se mi rendo conto di aver ucciso un uomo?








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