La clessidra scandiva il suo tempo implacabilmente.
La sottile polvere scivolava inerte sul fondo e lui non aveva ancora deciso: i pochi secondi rimasti sembravano minuscole frazioni di tempo interminabile.
Sapeva che da quella risposta sarebbe stato deciso il suo futuro.
- Non me la sento di lasciare tutto e venire in America con te, non mi sento di lasciare Barbara e mio figlio... -
- Non dicevi così mentre mi scopavi sul tavolo ieri sera! -
Sonia lo guardava con occhi che avrebbero incenerito chiunque...ma lui non era chiunque, lui era Marco, bravo padre di famiglia fino ad un anno prima, quando lei era entrata nella sua azienda, nella sua vita.
Lei era un'addetta al controllo della qualità da cui dipendeva il futuro dell'azienda.
Era stato subito uno scontro di sensazioni: sguardo duro su un viso d'angelo; indossava un tailleur nero e riusciva ad emanare rispetto e desiderio, sfoderando un contrasto notevole tra il demoniaco e l'angelico.
I suoi comportamenti, nell'ambito di una rigida professionalità, lasciavano spazio ad una femminilità e sensualità che riempivano l'aria.
Il mio tentativo di essere al di sopra delle parti, cercando di concentrarmi sul lavoro, si scontrava con il suo profumo e la sua vicinanza: ero il direttore di quella piccola azienda e, inevitabilmente, dovevamo stare insieme per diverse ore durante il giorno.
Non ricordo chi ruppe la tregua...ricordo solo che l'avevo invitata a cena, ma giuro che pensavo al lavoro.
Poi, quando la vidi entrare nel ristorante, con la sua buona quindicina di minuti di ritardo, dimenticai tutti i miei propositi.
Dire che era bella, era farle un torto...era solare e stupendamente bella.
Percorse i dieci metri che ci separavano con un sorriso ammaliatore; tutti i commensali diedero una furtiva occhiata, gli uomini con libidine, le donne con invidia.
Sembrava che l'aria si spostasse per farla passare, tanto era leggiadra.
Non so se esiste davvero il colpo di fulmine, ma sicuramente esiste la voglia immediata di fare sesso: questo era ciò che stavo provando mentre arrivava al mio tavolo.
Con galanteria vecchio stile mi alzai e le spostai la sedia sussurrandole:
- Sei splendida...hai addosso gli occhi di tutti -
- Ci sono abituata -
L'aveva detto con una voce rassegnata, come se quell'esagerata bellezza le avesse creato problemi nella vita.
Mentre si sistemava io guardavo le calze nere che decoravano le sue gambe ed ebbi un'invidia prepotente verso quella sedia che poteva assaporare le sue natiche.
Avevo visto che le calze si erano leggermente tirate nel farla sedere e subito la mia fantasia era andata a autoreggenti...reggicalze...
Sistemai la sedia dietro di lei e velocemente mi misi a sedere per evitare che lei si potesse accorgere del mio stato di eccitazione, facilmente visibile in quel momento.
- Sono abituata a sentirmi gli occhi addosso, come sono abituata a vedere uomini eccitati. -
Per poco non mi strozzai a quella frase.
Stavo gustando un antipasto di pesce, ricordo che il gamberetto rimase a mezz'aria per diversi secondi.
Alzai gli occhi e, incrociando i suoi, ebbi la certezza che il riferimento era proprio diretto a me.
Cercai di recuperare un certo contegno, ma era ovvio che avevo perso una partita ancora da iniziare: poi, fu lei che mi venne in aiuto ridandomi fiducia:
- E' anche vero che io non vado a cena col primo che capita e che i problemi di lavoro li risolvo in azienda. -
Ecco...ero completamente nelle sue mani: prima mi aveva colto in evidente stato d'eccitazione e adesso mi faceva sapere che era disponibile.
Era lei che dettava le regole del gioco; cercai una scappatoia:
- Neanche io di solito invito la prima donna che capita, qualsiasi lavoro faccia; sono molto selettivo e difficile nelle mie scelte -
La guardavo con uno sguardo sfrontato, cercando di riprendere in mano la situazione; vidi un lampo nei suoi occhi, poi un veloce sfioramento di labbra con la lingua e un tocco malizioso ai capelli.
- Bene, allora possiamo cominciare a pensare alla cena. -
Improvvisamente aveva abbassato gli occhi e la voce era diventata più roca, più suadente, come se avesse deciso di cedermi il comando.
Approfittai del momento favorevole:
- Vedrai che questa serata partirà bene e finirà meglio. -
Non era una frase velata, era una sfida diretta!
Adesso c'era luce nei suoi occhi: la guardai e riconobbi la passione, il desiderio, la voglia di sesso!
La cena passò squisitamente in secondo piano, ogni cosa che passava nelle nostre mani era qualcosa di intrigante, sensuale, erotico, eccitante.
L'atmosfera diventava sempre più elettrica, le parole erano sempre meno mentre gli atteggiamenti complici crescevano.
I segnali lanciati dai nostri corpi erano ormai appelli sessuali.
I suoi capezzoli erano in evidenza seppure nascosti dalla camicia e non era il freddo a tenerli irti.
Continuava a muovere i capelli facendoli ondeggiare: era accaldata.
- Io sono a posto... che ne dici di andare a fare una passeggiata? -
Eravamo solo alla grigliata, ma chiaramente l'unico pesce bollito ero io.
Direi che la fame che mi era rimasta non potevo saziarla col cibo, quindi pagai e uscimmo a prendere una boccata d'aria fresca.
L'attimo fuggente nei suoi occhi, poi, ancora remissione.
- Volentieri... -
Ero eccitato in modo insolito, ma adesso lo mettevo chiaramente in evidenza, volevo sapesse cosa desideravo da lei, anche se ormai avevo capito che ero io il topo.
La soddisfazione di uscire da quel ristorante con lei abbracciata fu impagabile; sentivo l'invidia degli uomini scorrermi sulla pelle.
- Vai avanti...voglio vederti camminare -
Adesso cercavo di dettare le regole del gioco.
Staccarsi da me e ancheggiare fu un tutt'uno, si portò due metri avanti e, cominciando a muovere sinuosamente il sedere, cominciò a tirarsi su leggermente la gonna.
Quella donna era un demonio, sapeva di certo come mantenermi eccitato.
Guardavo i suoi movimenti e bramavo quei centimetri di stoffa che piano si alzavano.
La calza era finita: la pelle risplendeva sotto i raggi tenui della luna, mettendo in mostra cosce sode e libere dalle autoreggenti.
Arrivò alla sua autovettura e poggiando le mani sul cofano ondeggiò il sedere senza girarsi.
Ero a un metro da lei, letteralmente impazzito dal desiderio; il suo piccolo slip bianco contrastava con la pelle abbronzata; le natiche l' accoglievano tra di loro facendolo sparire voluttuosamente.
Percorsi quel metro cercando il mio inferno e per la prima volta tradii mia moglie.
Il tempo di toccarla e con tutta la passione del momento strapparle gli slip.
Un piccolo gemito di dolore seguito da un languido sospiro di piacere, i glutei sobbalzarono per la violenza subita, poi, freneticamente slacciai i calzoni lasciandoli cadere inerti sull'asfalto sporco, abbassai i boxer, presi i suoi fianchi ed entrai prepotentemente in lei.
Ero completamente perso in quella donna; l'odore del sesso, pur essendo all'aria aperta, mi entrava dentro espandendosi sul mio corpo e dandomi un vigore inaspettato.
La scabrosità della situazione, il pericolo di essere visti, il suo modo di portarmi a quell'esasperante eccitazione, erano un mix incredibile di adrenalina.
La scopai come un selvaggio, sbattendola contro la carrozzeria; volevo farle sentire tramite il mio cazzo che ero io che gestivo quel rapporto, ma ancora una volta lei, girandosi, mi guardò e mi fece capire che ero il suo momento di piacere, scelto tra tanti per avere un rapporto carnale che la soddisfacesse.
Misi ancora più foga e cattiveria nelle mie penetrazioni in quella tenera carne; infine, la mia resistenza crollò e il mio caldo sperma s'impossessò del suo corpo.
Per tutto il tempo Sonia aveva roteato il suo splendido sedere stringendomi con le cosce e i muscoli vaginali, sempre lucida e padrona; nel sentirmi venire, cominciò a spingere il suo bacino all'indietro prendendosi tutto il suo piacere e mentre io godevo, lei assaporava tutto di me, poi, come una tigre ferita, fu scossa da un tremito violento, lungo diversi secondi.
Il silenzio che seguì fu la fine della guerra...o l'inizio.
Per mesi fu la mia amante.
Incontri incredibili, di sesso puro; tutto era lecito e tutto presi e diedi a quella donna.
Ma adesso, in quel momento, mi rendevo conto che l'amore era un'altra cosa.
Aveva deciso.
Aveva scelto.
Non dissi - Mi dispiace - .
Sarebbe stato falso e ipocrita, perché in quel momento la sua vita gli era passata sopra come un camion e si era reso conto che quello che cercava l'aveva sempre avuto vicino.
Aprì la porta e chiudendola dietro di sé, tornò a quello che aveva sempre voluto, anche se si era smarrito.
Tornò a casa sua e, quando vide suo figlio corrergli incontro per abbracciarlo, si convinse definitivamente che quello era ciò che desiderava.
Si asciugò una lacrima furtiva, tirò un bel sospiro e sollevando suo figlio, urlò verso la moglie;
- Barbara...sono tornato, cosa ne dici di andare fuori a cena e poi tutti a vedere un bel film? -
Fantasypervoi