Sapere com'eri vestita, quel giorno di primavera appena iniziata, mi rendeva veramente euforico.
Da qualche giorno avevi cominciato a giocare con me, come piaceva a me, un sottile gioco erotico, sensuale, finemente intrigante: il gioco della seduzione, quel momento cerebrale che io tanto amo.
Sentivo da parte tua la voglia di ricambiare i miei stati d'animo.
Pensavo, mentre camminavo a centinaia di chilometri da te, a quella gonna che mi avevi descritto, a quell' intimo che ti scaldava il corpo e, che nello stesso tempo, scaldava la mia testa, creando spasmi di piacere per il mio basso ventre.
Camminavo distrattamente per vetrine: come tutti i centri, Rimini il sabato è molto confusionaria.
Le vetrine commerciali scivolavano anonime ai miei occhi; solo quelle che esponevano intimo mi colpivano.
Improvvisamente la distanza tra noi spariva, mi sembrava di averti di fianco a me che commentavi i miei desideri, mi sembrava di sentirti, mentre maliziosamente ribattevi alle mie provocazioni.
- Secondo me, stai benissimo con quel perizoma -
E tu che rispondevi:
- Lo sai che il perizoma non va più? -
Lo sapevo, ma il pensiero andava oltre la moda: pensavo a quel pezzo di sottile stoffa nera, leggermente ricamata nel suo piccolo spazio vitale, a protezione del niente, e immaginavo il filetto esile sparire tra le tue natiche ancora stupendamente sode e, questo, bastava per farmi eccitare oltre ogni misura.
- Che ne dici di quelle autoreggenti? Sono l'ultima moda di Calzedonia: sul tuo corpo dovrebbero stare a pennello, se poi ci mettiamo quella sottoveste che c'è lì di fianco, credo che non usciremo per un giorno intero, per soddisfare la mia fame di te. - .
E il tuo sorriso felice, i tuoi occhi pieni di vita, quel barlume nascosto di malizia che solo io riuscivo ad intravedere:
- L'idea di stare un giorno intero chiusi in casa non mi dispiace per niente, ma almeno aspettiamo che sia un giorno freddo e uggioso -
Quando ragionavi con quella logica così calcolatrice ti avrei uccisa, ma ormai conoscevo il tuo carattere, sapevo che tu difficilmente eri espansiva, soprattutto nei discorsi legati alla sessualità, ma sapevo anche che poi, i fatti, avrebbero rivalutato i tuoi silenzi: in quei momenti di passione, tu mi avresti ricordato quanto sei donna.
- Lo sai quanto mi piace comprarti l'intimo: pensare al momento che ti spoglierai e dolcemente ti farai guardare, mentre ti cambierai per me - il tuo amante bastardo- mi fa impazzire -
E tu ancora a sorridere davanti a quella vetrina di intimo, a discutere sui miei gusti, sulla mia perversità nella scelta degli indumenti.
E poi, insieme entrare e vederti comprare di tutto e di più.
Immaginavo gli occhi che s'incrociavano maliziosi per un cenno d'assenso, la tua lingua che bagnava leggermente le labbra in un gesto provocante.
Tutti questi pensieri scorrevano veloci, la tua e-mail con la descrizione molto chiara di te quel giorno continuava a turbare i miei pensieri.
- Vorrei averti qui, vorrei avere il coraggio di incontrarti e vedere se i nostri pensieri sono veramente così vicini, ma ho paura di te - .
Quell' ultima frase mi aveva fatto arrabbiare, ma la colpa probabilmente era la mia, del mio modo di parlare con te per tutti quei mesi, nel modo di farmi conoscere.
- Ho paura di te... -
- Solo stando insieme potrai veramente capire se devi avere paura di me, o se essere felice di avermi incontrato. - .
In macchina, mentre salivo verso quel lago incantevole, guardando dai finestrini, mi accorsi di quanta pace trasmettesse quel posto, la stessa pace che avevo dentro andando incontro a Lisa.
I tentennamenti erano finiti, il fiume aveva rotto gli argini e la passione era esplosa sommergendo tutti i dubbi.
Man mano che mi avvicinavo a te sentivo la mia inquietudine crescere.
Più che altro era un groppo in gola, un desiderio accresciuto dal tempo.
Quando scesi nella piccola piazzetta mi guardai attorno e vidi la scritta - Bar Centrale - , ti riconobbi tra mille persone, come se fossi illuminata di luce diversa, come se fossi tu il centro della piazza.
Il riflesso dell'acqua del lago rendeva difficile la visione, ma tu, Lisa, eri leggiadra col tuo viso teso per l'emozione di quell'incontro.
La tensione svanì nel baciarti una guancia e salutandoti: un incontro lungo una vita.
Tu sorridevi a quella battuta scherzosa.
Ti guardavo ammaliato: eri come immaginavo, una donna curata e carina, niente d'eccezionale, ma io non cercavo la bellezza, cercavo l'anima.
La prima cosa che avevo guardato era la tua gonna, segno indelebile dei nostri giochi, riconoscimento del desiderio in tutti i miei discorsi.
Sobria e nello stesso tempo maliziosa.
Le gambe, nascoste da una calza chiara, sparivano sotto una gonna marrone a fiori con disegni a foglie in sfumatura, larga, svolazzante: il desiderio di seguire quelle gambe e accarezzarne la pelle sino ad arrivare al suo inguine era prepotente; sopra, una maglietta che riprendeva i colori della gonna, ai piedi stivali morbidi beige.
Immaginavo il tuo intimo: conoscendoti avresti messo qualcosa di chiaro, coordinato alle calze.
Sicuramente guardandoti allo specchio ti eri piaciuta e avevi pensato che l'effetto sarebbe stato equivalente per me: avevi ragione.
Immaginavo gli slip che ti accarezzavano la pelle, mentre li tiravi su a coprire il tuo fiore, il reggiseno che sfiorava la tenera pelle e morbidamente si appoggiava ai seni, calze che sfregavano delicatamente le tue cosce, poi smisi di pensare: guardai il tuo viso e mi persi dentro il tuo sguardo.
Il sole calava furtivo dietro le montagne quando decidemmo di alzarci e camminare verso il nostro destino.
- Ti faccio vedere la mia casa, vedrai che è carina come ti ho sempre detto, molto accogliente -
- Vengo volentieri, perché tu non mi prepari da mangiare, da quanto ricordo, sei una pessima cuoca... -
Un sorriso libero da paure, mano nella mano, come ragazzini innamorati e, poi, il rumore crescente del cuore, preludio del nostro piacere.
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