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Racconto n° 3693
Autore: RossaLaRosa Altri racconti di RossaLaRosa
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Pudore nel dir che t'amo
Il pudore di dir certe cose smette di far tremare la voce quando in silenzio senti solo la penna grattare sul foglio o, nel caso dei nostri tempi in cui la tecnologia par aver soppiantato anche il ragionamento, il battere talvolta forsennato delle dita sulla tastiera.
E tale pudore diviene desiderio insito di telepatia: mi piacerebbe guardarti senza muovere labbra e solo con lo sguardo rivelarti i pensieri.

Difficilmente ingoio a vuoto
ti vesti d'arciere e mi colpisci
malamente ingoio a vuoto
tra i tuoi silenzi mi stordisci
brutalmente ingoio a vuoto
freccia dipana battiti impazziti
vuoto
nuova matassa è pronta da mandar giù
ingoio
nell'attesa dell'imminente
Capoverso.

E' stato difficile e lo sarà ancora, nel nostro inizio senza fine: coda che si lega alla testa e ruota, diviene panoramica e guardi - mostro i miei umori nudi e soli – mentre ti seggo al fianco, accavallo parole e gambe, riparando il cuore in sfarfallio di dita e guardo anch'io – mostri i tuoi vezzi che non son vizi, ma di perdite e paure nascondi solstizi – mentre cadiamo in basso per risalire, fianco a fianco per non morire.

Busso alla tua porta
senza forzare
eppur mi sbaglio
Sei tu che bussi al cuore mio
senza bagaglio
partiremo per campi in fiore
senza pudore
assente in giustificata mente
l'ellittica su cui si muove il sole
senza parole.

Dormi, il cuore tuo pulsa frenetici guaiti e canta, ma cosa canta? Insonne osservo il petto tuo farsi cantore di storie e di momenti di cui non sono autore... ridi? Di cosa ridi?
Piango solitudine e tormenti quando, insonne, non son latore dei tuoi lamenti e mi chiedo: Dove sei in quel momento e presso quale onirica alcova sciogli i tuoi cappi?

Padron del cielo mio
concupiscente Dio
in Venere riversi sperma
sorridi di progenie impura alla mia mente
sollazzi i vizi tuoi e d'arciere vesti i miei
e t'amo
per quella freccia t'amo
per la calura t'amo
con foga e voglia
e t'amo
cavalco un cielo d'occhi
accolgo il seme tuo
t'amo
irriverente al sonno:
sveglio languori
mangio i tuoi umori
dal monte Ida getto la preda
di carnale desiderio, fremo
sporco pensieri
– di sangue e d'amore –
resto da sola
sveglio la voglia
ingoio la lama
spengo la luna
ti prendo, mi do e t'amo
sgrano le membra mentre ti imploro
mi invochi e solo allora
urlo alla notte silente
vengo
con il futuro mio
sulle ginocchia tue
oh Dio

Pudore, parlar d'amore... inflazionata ossessione che non sradica l'abitudine d'esser menzognero fasto di corti perdute e pietre lanciate da mani cadute... nella voglia, nel diritto pieno di sentire e stringere la volontà d'amare, derubando il pudore o la purezza d'una parola data in pasto all'abbondanza.

E d'abbondanza vesti e vesto, inizio e chiosa.




RossaLaRosa.

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