Non riuscivo ad ignorarne le carezze, la carne a quel punto dedicava versi ai suoi occhi. Il desiderio scorreva in me come un ruscello dalla voluttà ineffabile. Eppure la sua indifferenza mi rodeva dentro, mi turbava nell'estasi sino all'esasperazione. Il mio era un godimento vile, molte altre donne non avrebbero reso la ragione così recondita da rimanere impotenti. Incapaci ad ogni modo di ignorare quelle carezze come delle mendicanti inopportune.
Lui nel frattempo teneva un sorriso di scherno, punzecchiando ancora più forte, sentendo la soddisfazione allo sforzo per sembrargli meno arresa. Meno avventata. Più fredda.
Quel desiderio era una rapina senza cuore e sangue, da svellere la pelle.
Dentro facevo i conti con me stessa, tentavo di studiare la mimica beffarda della burla e ciononostante mi piaceva.
Provavo a fermarlo, ma il fraintendimento di un amore rimasto insoddisfatto continuava a ricamare propositi e motivi buoni a persuadere. Sarei dovuta fuggire, con una decisa occhiata di traverso strapparmi dal fuoco che si avvicinava, invece, così su due piedi, l'animo non rispondeva ai comandi. L'atto di congedarmi sembrava inutile e insensato, mentre al contrario affrontarlo e lasciarmi vivere dall'abbondanza del godimento diventava logico. Addirittura nobile.
Lucidamente meraviglioso.
Era un articolo di lusso per il quale non avrei dovuto fare complimenti, a maggior ragione perché restando avevo la sensazione di soffocare la potenza stessa del suo invito. Anche se inconsciamente, in verità, cedevo a un chiaro inganno non comprensibile appieno.
Così, se veramente è esistita una via alla dannazione, vi ho corso innanzi.
Gli ho dato retta e mi sono ritrovata a mio agio nel guardarlo bene. Ero pressoché priva di paura con le sue mani sopra i fianchi e con le gambe ad arco, ad atteggiare una sinfonia impetuosa che era una marcia stupefatta. Un voler pagare ben caro il prezzo, senza accortezza, mettermi addosso il suo ardore affinché potesse piovermi in faccia e a piacimento sgraffiarmi in conno.
La notte parlava indemoniata, la carne fremeva a un dio silvano e i suoi diritti offuscavano la mia mente. Amarlo senza prudenza è stata una bestialità solenne. Uno scoppiare di granate sotto il suo sguardo cinico e selvaggio. Uno scricchiolare di nervi da far rabbrividire, e godere, contaminando le mie labbra di un liquido denso e biancastro.
Un'apoteosi di morte, una vita segreta non sottratta al destino.
La dichiarazione insidiosa di una passione era bastata a dimenticare il pericolo delle conseguenze.
Sentii le gocce di sudore scendere come un indice ammonitore e in un minuscolo angolo nascosto ci fu il bisogno di farne approvazione. Lui scelse proprio quel momento per trasmettere il sapore della vita, appoggiato a me, unito in quello scambio, si dilungò sulla mia bocca raccontando tutte le cose che sapeva.
Contenne tutte le informazioni del mio corpo, mi accarezzò con l'indice la guancia e con un bacio creò la nostra magia.
LaPassiflora