Il viaggio è stato lungo, estenuante, di quei viaggi che cambiano magicamente la prospettiva delle cose. In verità le cose erano destinate a cambiare già prima di partire, quando ho iniziato a sbattere i polsi in queste catene di pizzo e nastri, sufficientemente forte da farti sentire il frastuono anche in lontananza. Hai già sentito che i miei nodi iniziavano a sciogliersi inesorabilmente, e che ero pronta a lasciare quella gabbia ampia ma perfida. In quelle città sconfinate, sola con i miei pensieri, sento che i legacci sono infine sciolti. Tuttavia, per sancire il passaggio, ci siamo ripromessi di vederci una volta, l'ultima in cui sarò la tua schiava.
- Sabato scendo, come promesso – Ci siamo sentiti diverse volte da quando sono rientrata, purtuttavia, stavolta, nel tono leggero della conversazione si avverte un rumore bianco e teso, come quello della marcia di un esercito lontano, scandito da qualche pausa di troppo nel fluire delle parole.
La sera di autunno in Puglia è fresca e punzecchiante, il mare scuro ed incazzato, le luci accese sui castelli rendono le vie di un bianco lunare e puro solo al primo sguardo. Il tormento guida la conversazione, malgrado il fiume di cose da dirsi, e le pause continuano a intervallarla, esprimono più di quanto i racconti di un mese, lontani possano fare.
Sono io a rompere questa sequenza pesante, esordisco salda e incosciente: - Allora, ci siamo promessi di discutere di noi in questo weekend, la mia posizione te l'ho espressa e da allora non è cambiata, qual è la tua?-
Poggiati sulla ringhiera del terrazzino, non mi parli, spegni con strana insistenza la sigaretta e, senza che abbia il tempo di rendermi conto di cosa stia succedendo, mi afferri il polso, rientrando in tutta fretta mi giri come in una triste demi-pirouette e mi sbatti di violenza sul letto. Ancora non mi parli, solo alzi la sottana di seta gialla sui glutei mentre provi a sopraffarmi. Provo a dibattermi, a chiederti cosa tu stia facendo, ma mi prendi il mento in mano sibilandomi in faccia :- Zitta troia – mi strappi la culotte bianca sotto la sottana, e senza aspettare che sia pronta, mi penetri con un solo, duro colpo. Dallo spavento e dal dolore, d'istinto ritraggo un po' il bacino dalle tue spinte sordide, ma mi afferri entrambi i glutei e continui a sbattermi impazzito. Ho capito che quello è il mio riscatto, e mi lascio trascinare dal dolore sempre più sottile delle tue spinte; sempre meno capace di reagire, sempre più soccombo, finchè ad un certo punto non inizio a godere, forte di quel piccolo dolore che tanto mi piace. Infine vengo, in un orgasmo amaro, nervoso ed acuto.
Sembri indispettito dal fatto che sia venuta in quelle condizioni, tanto che ad ogni spinta continui a darmi della troia, di gusto, mollandomi qualche schiaffone in faccia, sulle cosce o afferrandomi i seni forte fino a farmi male. Non ne hai mai abbastanza di farmela pagare per questo mio riscatto, e proprio quando mi vedi inerme e disperata decidi di riversarmi dentro il tuo orgasmo. Anche il tuo, nervoso, spietato, sprezzante. Non l'avevi mai fatto così.
Senza dire una parola lasci il mio corpo. Sto ancora stormendo e immediatamente mi rifugio sotto le lenzuola, dal mio lato. Opponi ancora silenzio mentre anche tu ti ritrai verso il tuo lato del letto. Nessuno ha il coraggio di guardare l'altro.
Notte fonda, non so se stai dormendo, io di sicuro no. Ancora sento il bruciore e la veemenza di questo riscatto, e sento tanto più vuoto in quanto,, mai come adesso, ho sentito bisogno di essere coccolata e rassicurata. Forse è proprio questo il prezzo da pagare, quello di essere un puro oggetto di sesso e disprezzo sotto il tuo corpo, senza redenzione alcuna.
Al mattino dopo nessun accenno alla serata di ieri. Tu non hai voglia di parlarne e men che meno io di rievocarla in alcun modo. Sembrano passati giorni, poiché parliamo del più e del meno come due amici. Questa mia nuova condizione di libertà mi dà leggerezza ed assieme forza. E'questo il mio riscatto.
Divinecomedy