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Racconto n° 3773
Autore: Fantasypervoi Altri racconti di Fantasypervoi
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Odio e amore
"Che cosa posso dire a mia discolpa...? Solo che mi dispiace... -

Queste erano le ultime parole che gli avevo permesso di dire, prima di sbattere la porta infuriata.

Avvertivo un senso di vuoto nella mia vita, mentre camminavo persa per quelle strade affollate.

Tornare a casa una sera come tante altre e trovarsi il marito che scopa la tua migliore amica, è qualcosa di allucinante, da storie di fumetti: invece, era quello che appariva ai miei occhi.

Tutto imprevisto.

Il viaggio di lavoro che dovevo fare, insieme ai miei colleghi d'ufficio, era stato spostato improvvisamente, causa malore del proprietario.

Non avevo avvertito mio marito perché, come una stupida, volevo fargli una sorpresa.

Pensavo di passare una serata romantica e per l'occasione, avendo finalmente un poco di tempo, ero anche andata a comprarmi qualcosa d'eccitante, che lo coinvolgesse eroticamente.

Attonita, davanti alla camera da letto, guardavo i due nudi.

I vestiti, sparsi dall'entrata sino alla camera, erano un chiaro segno della passione con cui si erano scambiati i loro desideri.

Come in un film dell'orrore, seguivo i pezzi di stoffa arrivando all'uscio di quella maledetta porta dove, per anni, avevo passato momenti stupendi di felicità.

Guardavo lo stupore negli occhi della mia amica e capivo l'imbarazzo palese della situazione.

Non potei fare a meno di valutare il suo corpo nudo e paragonarlo inevitabilmente con il mio: aveva due tette come me, due gambe, due occhi, una fica come me...

Niente che mi facesse capire quale particolare fantastico avesse, diversamente da me.

In quei secondi terribili cercavo mille scusanti per il mio uomo, mille colpe per me...

Vedevo il suo eccitamento smorzarsi, come la sua voce.

La situazione diventava tragicomica.

Se non fosse stato per le lacrime che copiosamente bagnavano le mie guance, avrei pensato d'avere un'allucinazione, un sogno.

Spiegare cosa si prova in un momento del genere credo sia impossibile.

Solo chi ha provato può capire la sofferenza del cuore: un vetro che si spezza in mille pezzi, dove ogni piccolo frammento è un attimo della tua vita che ti passa davanti.

- Ti odio!! -

Queste erano le mie ultime parole, mentre sbattevo forte l'uscio dietro il mio passato.

Lo odiavo, ma soprattutto odiavo lei, la famosa amica del cuore, quella cui racconti tutto: la tua roccaforte nei momenti del bisogno, la prima a starti vicina alla nascita di tuo figlio, l'inseparabile oracolo del tuo tempo.

Lei che parlava sempre di sani principi, con la sua famiglia modello e tutte le cose al loro posto.

Le lacrime cominciarono ad esaurirsi mentre, come una disperata, guidavo senza meta per la città con il mio completo intimo, comprato apposta per lui.

Poi cominciò a crescere un moto di ribellione.

Un senso di vendetta sempre più forte spingeva dentro il mio corpo.

Avevo bisogno di scaricare il mio odio.

Il marito della mia amica era un dirigente affermato.

Non aveva mai dato adito a dubbi sulla sua fedeltà e mai avevo sentito parlare di lui in modo libertino: però, io sapevo che aveva un debole per me.

Scherzando, in tanti anni di amicizia, certe cose s'intuiscono e gli occhi parlano.

Lui più di una volta aveva fatto capire il suo interesse per me, anche se la nostra amicizia aveva sempre bloccato tutto.

Fermai la macchina in un angolo appartato di un posto qualunque, presi il mio regalo, entrai in un bar, chiesi un the e andai alla toilette.

Guardavo quegli oggetti del desiderio e mentre mi cambiavo, e diventavo una donna lussuriosa, il mio odio diventava ancora più forte.

Tornai al bar, bevvi il mio the rimpiangendo che non fosse cianuro, pagai e tornai alla macchina.

Presi il cellulare e chiamai il marito della mia migliore amica.

- Ciao Marco, devo farti vedere una cosa, hai tempo di ricevermi cinque minuti nel tuo mega ufficio di mega direttore? -

Un attimo di silenzio, la sorpresa di una telefonata inaspettata, ma gradita.

- Ci mancherebbe, l'unica donna che potrebbe competere nel mio cuore con mia moglie, sei tu... -

Altra battuta di mille altre battute lanciate nel tempo.

- Bene, tra dieci minuti sono da te -

La mia vendetta stava per iniziare.

Marco mi aspettava in piedi sull'uscio del suo ufficio: un sorriso a trentadue denti era il suo benvenuto per quella visita.

Chiusi la porta dietro di me e rimasi un attimo a guardarlo.

Era un bel ragazzo di trentacinque anni, affermato, pieno di vita, simpatico e con due occhi che fulminavano.

Pensai per quale cazzo di motivo lei l'avesse tradito e per che motivo io fossi lì, poi, mi venne in mente la sofferenza di qualche ora prima: lucidamente, ebbi l'immagine dei due amanti nudi nel mio letto e tutti i dubbi sparirono.

- Ciao Patrizia, quale onore averti qui, a cosa devo la tua visita?"

Mentre parlava, mi aveva spogliato con gli occhi: vedevo il suo sguardo sui miei seni, sulla mia gonna.

Pensai a com'ero vestita: indossavo un tailleur blu con sotto una camicia bianca classica.

Ero vestita in modo classico ed austero, come la mia posizione di dirigente al marketing di una nota azienda d'abbigliamento m'imponeva, ma sapevo anche che ero una bella ragazza di trentadue anni, nel pieno della sua maturità femminile.

Marco si era messo a sedere sulla sua poltrona di pelle pregiata ed io ero in piedi a due metri da lui.

I vetri oscurati dell'ufficio erano il mio lasciapassare per la trasgressione.

Staccai la testa dalla logica e mi trasformai in una donna che non mi apparteneva.

Incrociai i suoi occhi e le mie mani scesero sui fianchi fino ad arrivare all'inizio della gonna, con movimenti lenti, sinuosi, senza parlare, cominciai a sollevarla piano.

Lui non respirava più, talmente era preso dalla situazione.

L'unica cosa che fece, fu di alzarsi e appoggiarsi alla sua scrivania a un metro dal suo desiderio.

Le mani continuarono ad alzare la gonna, mettendo in mostra le autoreggenti che avevo comprato.

Sollevai completamente quell'indumento a protezione del mio intimo, poi, aprendo leggermente le cosce, salii a slacciarmi i bottoni della camicia.

Il seno, libero da vincoli di stoffa, esplose, indifferente del fatto che l'uomo che lo ammirava non fosse il solito.

Il tempo di arrivare all'ultimo bottone che Marco mi aveva attirato a sé, baciandomi come un indemoniato.

Le sue mani erano dappertutto.

Mi sembrava impossibile ne avesse solo due.

Mi stringeva a sé, facendomi sentire la sua eccitazione.

Quello che non avevo previsto, era che anche la mia eccitazione fosse alta.

Stretta tra le sue braccia, con la sua lingua che, famelica, esplorava ogni angolo della mia bocca, mi resi conto che stavo diventando un lago tra le cosce.

Un veloce giro di posizione e adesso mi trovavo a sedere sul suo tavolo d'ufficio con le gambe oscenamente aperte.

Le calze, tirate sulla pelle, mi davano una piacevole sensazione d'indecenza.

Lo vidi staccarsi da me e andare al citofono:

- Non ci sono per nessuno questo pomeriggio! -

Mentre parlava, si slacciava i calzoni.

Tornò veloce verso di me con il suo sesso in mano.

Io guardavo estasiata la potenza del suo membro fieramente eretto, poi, chiusi gli occhi, allargai le braccia e attesi il deciso contatto delle sue mani sui miei seni, il calore tra le cosce.

Mi sentivo riempire la fica, piano, cominciai a muovere il bacino per seguire le sue spinte.

- Ti voglio dentro... -

Dissi quelle parole pensando di vendicarmi della mia amica, in realtà lo desideravo davvero.

In quel pomeriggio d'autunno, sopra un tavolo freddo, la mia vita ricominciava senza ancora saperlo.

Sono passati tre anni da quell'incredibile giornata.

Oggi io sono una donna appagata, divorziata e poi risposata con un fantastico ragazzo di nome Marco, mega dirigente, ex marito della mia - non più - migliore amica.


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