A volte non si può fare a meno di ascoltare i propri demoni; è una scelta stranamente razionale: si slacciano le briglie e si lasciano liberi, cavalli in corsa.
Allontano il viso dallo specchio e mi rendo conto che ho le gambe intorpidite, le ginocchia solcate dallo spigolo del mobile del bagno. Quanto sono rimasta a viaggiarmi negli occhi? La pelle è già asciutta e tira chiamando crema soffice. Lentamente, uscendo malvolentieri dal mio mondo immobile, senza contatto, guardo oltre la porta l'orologio nella stanza accanto: è tardissimo, devo affrettarmi. Col braccio sollevo i capelli liberando la nuca e li arrotolo sulla spalla carezzandomi un poco; dalla sommità del capo scivolano tiepidi ai lati del viso aprendosi lievi in una riga naturale, al centro. Così, raccolti morbidamente su un lato, addolciscono ancora di più i miei tratti, ma questa sera non va, niente capelli vaporosi, serici, sciolti. I demoni chiamano, chiedono rigore.
Con secchi colpi di spazzola liscio le onde naturali e racchiudo le lunghe ciocche intrecciandole in uno chignon basso, castigato. Avvicino di nuovo il viso allo specchio, spostando la testa da un lato all'altro, controllando che non vi siano ciuffi ribelli. Nessuna riga: i capelli, affiancati come soldati in un plotone, seguono paralleli la linea della testa scomparendo sulla nuca.
Cammino nuda verso l'armadio e afferro sicura la mia follia segreta; sorrido mentre rovescio il nylon di protezione e stendo l'abito sul letto. Nonostante il ritardo esito ancora un istante, mi ci siedo vicino e lascio che le dita scivolino leggere sui revers di seta: "Il mio smoking... - bisbiglio compiaciuta.
Infilo velocemente gli slip traslucidi color carne, che fasciano i glutei senza grinze, aggancio poi il balconcino in tinta e lascio che i capezzoli rimangano così, irriverenti a far capolino dal pizzo sottile, memore d'altre epoche.
Forse il momento più affascinante rimane quello della camicia: a volte credo sia il retaggio di decine di scene da film, oppure è proprio la sensazione del cotone fresco sulla pelle, il gesto indolente dell'abbottonare le piccole madreperle, l'incastro elegante dei gemelli sui polsini rivoltati all'esterno, il pudore candido del colletto.
I pantaloni poggiano diligenti sui fianchi, le lunghe bande lucide spariscono sotto la giacca a due bottoni, monopetto: il rigonfio delicato sul petto è l'unico cenno femminile della mise, eppure è lì che cade lo sguardo, lo so bene.
Violo le regole lasciando da parte il farfallino, la plissettatura della camicia è sufficiente; in fondo, ogni regola necessita una piccola sbavatura per non essere completamente impersonale.Quando scendo dal taxi le stringate maschili in vernice riflettono le luci già rifrante dalle pozzanghere mentre l'asfalto nero si fonde con l'abito e il borsalino leggermente inclinato sulla fronte; l'unico colore nella mia notte appena iniziata è la lacca rosso vivo delle unghie mentre, col sangue che corre, faccio ruotare la maniglia pesante.
Il locale è avvolto da una penombra fredda, a tratti violacea; mi vedo riflessa sulla parete specchiata dietro il bancone in acciaio: in questa luce sembro ancora più pallida e gli occhi grandi, sottolineati di nero, paiono inglobare il resto del volto. Solo la bocca, rossa e perfetta, richiama alla vita.
Mi perdo nel dondolio cadenzato delle gambe lunghissime della cameriera mentre si allontana col mio cappello tra le mani: un notevole stacco gluteo-coscia, niente da ridire.
"Ehi..." la voce modulata, volutamente in calare, mi cola sulle spalle risvegliando la schiena.
Mi volto e sei tu, fiera davanti ai miei occhi, i lunghi fili dorati a schermare la pelle nuda delle spalle. Indossi un abito avorio che evidenzia, ignaro, la linea morbida dei tuoi fianchi: la curva di luce che ne esce mi rimbalza nelle tempie e scivola calda nella gola. Ti voglio subito.
"Madamoiselle..." accenno un baciamani senza sfiorarti, soltanto aspirando il profumo leggero delle tue mani. Ridi schermendoti e rovesci il capo offrendo inconsciamente le clavicole scoperte; il tuo corpo cade leggero sul mio mentre con le mani sorreggo l'arco sinuoso della tua schiena. Risalgo allargando le dita tra le scapole, attirandoti a me per bere il tuo sorriso.
"Amore..." sussurri.
"Vieni via" ti respiro calda nell'orecchio, premendoti contro il bacino, ascoltando il contatto morbido dei nostri seni, quello piacevolmente duro dei pubi e quel tuo malizioso sfregarti mentre la bocca già ti si socchiude.
Ti sospingo nell'angolo più buio, dove la luce arriva a fiotti taglienti, freddi, impedendo di intellegire le forme, di riconoscerne l'identità nascosta. Ti lasci guidare dalle mie braccia: il raso di seta mi scivola sotto le mani, mentre ancheggi seguendone le indicazioni.
La parete scarta improvvisa a sinistra, ma senza angoli vivi: è una curva dolce che forma un incavo al riparo dalla folla.
Vieni qui amore, sto diventando impaziente.
Ti volto schiacciando il corpo sul tuo mentre allarghi le braccia sul muro ora verdastro ora violetto, le mani imprigionate dalle mie; affondo il naso nei tuoi capelli e scendo leccandoti la nuca, muovendo il bacino sul tuo culo esposto.
"Mi sei mancata" confesso roca staccando le mani dalle tue e percorrendo il tuo corpo parallelamente fino ai fianchi. Scendo oltre, sulle cosce, e poi alle ginocchia fino a trovare la tua pelle fresca, velata dalla seta. Con un movimento fluido sollevo l'abito fino ai fianchi e rimango piegata ad osservare la curva satinata dei tuoi glutei ad un soffio dalle mie labbra.
"Sei senza biancheria amore..."
Mi guardi serpeggiante e, facendo forza sulle braccia, spingi il culo sul mio viso, ondeggiando, drogandomi col tuo odore. Affondo le mani su quella carne piena, mentre mille bolle di desiderio mi scoppiano sottopelle, allargo senza grazia le natiche e col pollice scendo dall'osso sacro lungo il solco ora in mostra. Mugoli di piacere, dimenandoti un poco; col polpastrello premuto percorro lenta la tua carne più scura e sfioro circolare il tuo ano pulsante.
"Ti voglio scopare... - dico e, senza aspettare risposta, affondo la lingua appuntita nel tuo corpo.
Espiri a bocca aperta, incollando il viso sulla parete, incurante del rossetto che sbava. Cerco di controllare la pressione delle mani mentre la brama di te, invece di scemare, cresce implodendo nel mio ventre. Ti scopo a lungo con la bocca, desiderando una lingua più ampia, che sappia violarti davvero, mischiando dolore e piacere. E' questa smania che mi spinge ora a scavarti il sesso con le dita, senza troppa delicatezza, scivolando nella tua carne ora gonfia, spessa, rossa come le tue labbra schiuse. Ti penetro subito con due dita mentre continuo a scoparti il culo, poco dopo aggiungo il terzo, poi, folle di desiderio, ti allargo ancora infilando il quarto. Mezza mano dentro di te, amore: coli copiosa sul mio palmo ora bagnato mentre il tuo sesso mi morde le dita.
No, non ancora. Mi alzo in piedi dietro di te, sfilandomi piano, lasciando il tuo sesso vivo e affamato, passo la mano fradicia, di taglio, tra i glutei, strofinandola su e giù aritmicamente, sentendo il tuo ano dilatarsi, quasi tentare di afferrarmi e bloccare quella fuga continua. Con la sinistra scivolo lungo il tuo fianco fino a coprirti il pube: la mia mano ti preme immobile, a coppa, il polso sul monte di venere. Senti il calore della mia pelle umida di te, ti dimeni. Con la destra non smetto di carezzarti il culo, di percorrerti l'ano senza penetrarlo mai, poi, improvvisamente, mentre la tua voce vira in indecenze deliziose, reinfilo due dita nel tuo sesso, da davanti, mentre con l'altra mano ti divarico oscenamente il culo e ti penetro con medio e anulare.
Gridi, scuoti le anche, mi maledici mentre ruoto fino a farti male, ma poi la tua carne mi serra in una morsa bollente, grondante piacere, la tua schiena si tende per un non-tempo bellissimo ed infine ti accasci sulla mia spalla, le labbra secche che tremano appena.Lentamente scivolo fuori da te e ti abbraccio respirandoti così: quieta, domata.
Sulla parete specchiata di fronte, il mio demone sorride soddisfatto.
Madamesnob