Ti vedo da lontano. Concentrato, scrivi. Sembri un fiume in piena. Gli argini non trattengono la furia dell'ispirazione e dilagano le parole, affastellandosi l'una sull'altra, quasi in disordine, anzi, in un ordine incomprensibile. Curiosa come ogni donna, desidero conoscere cosa ti spinge in quella sorta di febbrile lavorio della tua mente e mi siedo accanto a te, sul bracciolo della poltrona che ti accoglie.
Leggo le prime righe e mi riconosco in quel che vai elaborando. Sento discendere nell'anima un calore infinito, una dolcezza incommensurabile.
Stendo le braccia, mentre continui la tua opera, e ti abbraccio, chinando il capo sul tuo omero. La mia testa combacia perfettamente con l'incavo del collo protratto in avanti e i miei biondi capelli accarezzano la tua guancia. Sento il calore del tuo corpo infervorato nell'opera intrapresa.
Scrivi di me, mia dolcezza!
Le tue mani accarezzano la tastiera, veloci e precise, cercando di tenere testa al contenuto della tua mente ed io ti stringo a me. Con le braccia cado all'altezza del tuo petto, accarezzando la morbida flanella che ha il tuo profumo, il tuo calore, il tuo sapore. Con la mano destra, all'altezza del cuore, entro schiodando il bottone dall'asola e prontamente scavalcando la canottiera, mentre la sinistra si porta all'altezza della vita per sollevare il lembo della camicia e accompagnare la sorella nell'esplorazione di quell'ondulato panorama da un altro punto di osservazione.
Vagano le due argonaute nel buio sul tuo corpo nascosto dall'impaccio della guaina, mentre i miei occhi leggono quel che vai componendo. Tu, pianista, che trai dal tuo strumento l'armonia del mondo. Ed io accanto sul tuo sgabello che giro le pagine dello spartito. Io leggo quel che componi e seguo le pagine scritte e capisco quella musica che da te nasce. La interpreto anch'io per poterti assecondare, cambiando pagina al momento giusto. Che musica divina ne esce...!
Bemolli, crome, biscrome, arpeggi discendenti, ascendenti, mentre io affanno sul tuo torace ombreggiato di compatta leggera peluria.
Liscio, lubrica, il vigore delle tue giovani mammelle, disegno i capezzoli duri come il tuo profilo di uomo nel pieno della sua potenza.
Io, vestale del tuo culto, mi adagio sull'ara sacrificale, mi distendo sulla tua tastiera, sul tuo pianoforte. E tu mi accarezzi con le lunghe dita da musicista. Mi modelli il viso, le gote, mi schiudi le labbra, mi sali sulle mammelle, mi sfiori gli irretiti capezzoli, mi vibri sull'addome, discendi nella mia valle che si apre nascosta dal morbido bosco, giochi con le mie cosce che non sanno frenarsi dalla voglia di te, fino all'ultima unghia mi scardini tutta. Prendimi!!!
Io sono giunta. Tolgo le dita dalla vagina. Ora sono più calma, lontano amore.
Aedocieco