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Racconto n° 3979
Autore: Divinecomedy Altri racconti di Divinecomedy
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Figlia dell'Adriatico
E'la mia prima settimana di ferie e devo tornare dai miei. Prendo posto in treno, c'è un po' di calca, ragazzi schiamazzano da una parte all'altra del vagone con degli zaini stracolmi di sacchi a pelo e altri pesi, qualche bambino urlante e il caldo malgrado l'aria condizionata. Un paio di file di sedili più in là c'è lei, di fronte, seduta e abbandonata ad un sonno profondo, noncurante del caos che le sta attorno. Sembra stregata, alle bambine sceme fanno immaginare la Bella Addormentata bionda ed esile, invece per me adesso è lei l'immagine di una principessa colpita dall'incantesimo. Castana, capelli lunghi e setosi, il viso rotondo scaldato leggermente dal sole. Indosso ha una maglietta arancio, aperta su un décolleté magnifico come raramente ho visto in vita mia. Deve avere dei seni generosi, pieni, quasi materni. Dalla scollatura sbuca di tanto in tanto un brillantino, deve essere attaccato al reggiseno, che entra ed esce dalla V della scollatura quando i seni le sobbalzano cullati dall'andatura del treno.
Sono curioso di poter incrociare il suo sguardo e il suo sorriso quando squilla un cellulare. La suoneria è la scala di pianoforte di - You don't know my name - di Alicia Keys, quella scala di note lunga come un filo di perle che attraversa la canzone. Lei di soprassalto si ridesta e risponde. Di qui posso solo percepire una voce calda e dolce, una risata aperta, occhi brillanti. Entriamo in galleria e cade la linea. Sbuffa un pò, si stiracchia, deve sentirsi osservata perché gira per un attimo il suo sguardo verso di me e prova a riprendere sonno.
Quel suo sguardo mi ha aperto un mondo di desiderio. Magari è sposata, ha dei figli, o ha anche solo un fidanzato che la aspetta fuori dalla porta del treno, ma io la desidero adesso. Vorrei tanto sedermi accanto a lei, scostare quel drappo di capelli preziosi, baciarla sotto il lobo, sulle labbra, sussurrarle di dirmi il suo nome. Purtroppo sono un perfetto sconosciuto, ho solo un'ora prima di scendere dal treno e non posso approcciarla senza sembrare un maniaco.
Posso limitarmi ad immaginarla, camminare in uno di quegli uliveti poggiati sulla terra rossa, vestita di un lungo abito rosso e leggero che svolazza come un fascio di fiammelle, mosso dall'afa di un torrido ostro. La seguo invitato dal suo sguardo e dall'ipnotico incedere dei suoi fianchi lungo un vialetto di pietroline sbriciolate, fino all'aia di una di quelle tante masserie bianche di sole e di canto di cicale covate nella sua patria. Si è lasciata acciuffare infine, lascia che annusi l'odore scottato di sole della sua pelle appena colorita. Dal suo trapezio spio il magnifico décolleté, imperlato qui e lì di goccioline di sudore, rabbrividisce di caldo e di desiderio fintanto che le mordicchio il collo. E'sempre più cedevole, senza dire nulla mi prende per mano e mi porta su per una scala ripida e stretta, fino all'ultima stanza della masseria, ben in alto, appena più fresca dell'atmosfera per i muri spessi. Lì infine unisce i miei avambracci e si rifugia nel mio petto così da poterla baciare appassionatamente e sbottonarle quell'abito che non sembra più sopportare per l'afa e per la voglia della mia pelle nuda contro la sua. E'tanto più vero quando provando a tratti a sfilarmela, a tratti a sbottonarla invano con le dita, la camicia. Per riuscire nell'intento si gira e velocemente liquida la fila di bottoni prima di mandare indietro la camicia e di accostare i suoi seni, avvolti in un reggiseno di pizzo, dello stesso colore della sua pelle, al mio petto. Ci mordiamo, baciamo, lei lascia cadere per terra l'abito rosso, le sgancio il reggiseno all'istante e glielo sfilo, uno dei suoi seni non sta in una mia mano, per quanto provi a spremerli o a stringerli traboccano senza che riesca a contenerli. Estasiata si dirige verso la fibbia della mia cintura, slacciandola e sbottonando i miei pantaloni con fare preciso e veloce. Vuole urgentemente il mio uccello, se lo mette addosso accarezzandolo con il clitoride e con l'interno delle cosce, percorrendo con rapidi baci il mio petto lo mette in bocca, dopo un primo lungo affondo lo lecca per tutta la lunghezza della sua asta come fosse un bisogno urgente, e poi ancora in bocca e in gola. L'odore del sesso inizia a sprigionarsi dal suo anfratto nella stanza, i suoi seni sono adesso gonfi ed appuntiti, ed anche il mio sesso è assurdamente duro. Mi siedo sul bordo del letto, lasciando che lei mi protenda il suo sesso sfrontato mentre si piega a sfilarsi le mutandine, e lasciando che le dia un paio di colpetti con la lingua attratto dal profumo. Dopodiché si gira, e con le ginocchia sul bordo del letto si trafigge infine con il mio cazzo a cavalcioni su di me. E'bellissima, sorridente e dolce, dentro di lei tutto è bollente ed accogliente, come il suo abbraccio, come i suoi seni che mi avvolgono le guance, come le sue labbra che cercano la mia lingua. Nel frattempo entrambi iniziamo a sudare come due gocce della stessa acqua, le sue cosce si sono ora pienamente schiuse e lei si dilania il ventre più a fondo ad ogni spinta. Il suo miele mi gronda sulle palle, la sua saliva sul mento, il mio sudore sulle sue braccia, ad ogni spinta più impulsiva, violenta, esigente, sembra mi voglia tutto dentro di sé, sento che sono suo solo per portarla all'orgasmo, per soddisfare tutta la sua voglia, quando all'improvviso sospira - Ora, ora, ora! - , si accascia su di me stringendomi forte, in un orgasmo animalesco e veemente, la cui potenza spinge anche me ad osare di più. Non appena si è calmata le tiro fuori l'uccello bollente dalle carni e la giro carponi sul letto, senza molti complimenti le affondo l'uccello nei reni, sentendola dibattersi di voglia e sorpresa me la scopo lasciando che le lenzuola soffochino le sue urla. Mi sento libero di godere del piacere che mi dà quel suo corpo così sudato ed eccitato, quella sua carne così liscia, che alla luce del pomeriggio, appena filtrata dalle tende di garza leggera sembra ancora più luminosa. Lei chiama con sempre più vigore la mia carne nella sua, mi incita ad inondarla di sperma, finchè non riesco più a trattenermi e dopo averle spaccato i lombi con qualche ultimo colpo le sborro copiosamente sulla schiena, lasciandovi scie lucide prima di atterrarla al letto con un abbraccio avvolgente, che sa del nostro sesso.
La sensuale sconosciuta si alza, e prendendo il borsone protende il culo avvolto dai jeans, quello stesso culo che ho immaginato di scopare, prima di dirigersi verso la porta. Mi guarda un'ultima volta, come se avesse capito i miei pensieri, è una fortuna che nessuno abbia notato la mia erezione, ma alle volte il sesso è bello anche vissuto nei sogni. Addio, direi proprio addio a questa magica sconosciuta, a questa figlia dell'Adriatico dai seni generosi e dallo sguardo infuocato.

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