Premo ‘delete' al fiume melmoso di pensieri sporchi e cattivi.
Voglio che si plachi la febbre, la smania, la frenesia. Disconosco il mio sesso sempre ingordo e feroce e vorace – cheddico? bulimico di sensazioni e frantumato e. E.
Tu. Mi definisci iperespressiva.
Femmina così irrituale, altera, selettiva e onesta, miscuglio incancellato di eleganza regale e sensualità selvaggia.
Ti ricordi ancora di me- come potrei non – ho ancora la forma dei tuoi seni tatuata sulla pelle, il tuo sapore sulle palpebre, i tuoi sorrisi tintinnanti sulle labbra.
Dici: Voglio ascoltarti e ri-leggerti.
Mi togli gli occhiali. Sorridi.
Ti catturo con il mio sguardo, sconfortante dolcezza e vaghezza. Seduttivo, involontariamente.
Ti vedo, sento, annuso, tocco, gusto attraverso il velo di un sogno. La tua voce, eccitazione rilassante che massaggia la mia mente.
Contatto lieve, di corpi, nel taxi – strazianterendersicontodiquantomiseimancato ma... non c'è foga, impazienza, in me. Non più.
Il laccio del mio abitino nero sfiora la spalla e cade giù, labbra e denti tuoi sembrano riportarlo al loro posto ma impertinenti fanno scorrere la mia scollatura giù, liberando il seno rotondo. Le tue dita tracciano circonferenze su quella cicatrice, che racconta di risa giocose e di urla, di creazione, miracoli e naturalezza, di una madre.
Io mi ritiro, bestia selvatica. Mi siedo lontana da te. Ho un' inusitato senso di dolcezza fra le gambe. Le allargo e fissandoti con una moltitudine di emozioni una arrampicata sull'altra, con il sandalo nero cerco la tua eccitazione.
(Che brutte le zeppe, il tacco dodici deve essere sottile).
Apro il finestrino. Un soffio di vento fa entrare una folata di pioggia. Ti guardo. Gocce di madreperla ti splendono sulla guancia. Le lecco, assaporo la tua pelle scura, mi racconta la giornata interminabile, la città, i volti, i discorsi seri.
E ora sei qui. Da me. Perchè il mio corpo si plachi.
Non è un incontro scontro, di quelli che leonessa sempre cercava, gladiatrice nella sua arena emotiva.
No. Vedo due corpi distesi, che si muovono dolcemente, come se nuotassero dentro un piacere che non conosce tempo, rituali. Un piacere levigato senza schegge e frammenti. Ri-unificato, completo nella sua pienezza, luminoso di conoscenza.
- Voglio farti il culo signora.
Tanta crudezza improvvisa mi fa sbattere il cuore contro le costole, indebolisce le gambe e mi annebbia lo sguardo. Come risposta affondo i canini nella tua pelle tenera. Se la consorte vedrà potrai raccontare di licantropi o donne vampiro... Chissenefrega!
Sangue. Umori. Saliva che cade copiosa e poi la punta che preme con fermezza. Ti lascio entrare: - dove sei stato tutto questo tempo?
Voglio essere vulnerabile, voglio accoglierti come una regina accoglie il suo re. Entri ed esci, ti seguo, m'inarco.
- Ferma. Placati.
Entri, sempre più in profondità, ed è come se mi scopassi l'anima.
E' un'agonizzante ballata.
Per la prima volta l'orgasmo mi sorprende senza che lo cerchi, come un lento fiorire di rose a Maggio, e non l'esplosione di fuochi d'artificio che lasciano solo echi lontani e cartacce.
Inebriante odore di rose. Selvatiche. Con spine.
Dedicato
Amelia