E come posso dire di esser sola se tutto il mondo è qui che mi contempla? (W.Shakespeare)
Ti ho davanti. Le mie braccia muscolose ti stringono. Nervose le mani passano sul tuo petto gonfio. Strofinano i capezzoli inturgiditi dal troppo desiderio. Brancolo sui tuoi fianchi, cincischio con i tuoi lombi, li strizzo, gli schiaffeggio, li arrosso, li distruggo.
Il mio sesso vibra al vento, si dimena, urla la sua rabbia.
Hai mai visto un cavallo fare all'amore. Il suo attrezzo tubolare, intarsiato di vene enormi erge la testa del glande, si distende per più di quaranta centimetri. Non ha braccia per afferrare la sua preda, l'animale, e non può che salire sulla schiena per tentare l'approccio intimo. Sbaglia una, due, tre volte, poi infila la porta e penetra in tutta la profondità del suo amore. Sosta così, finché non cade il lungo peduncolo dalla fessura enorme. Con un nitrito si allontana per poi tornare a tentare il nuovo approccio. La cavalla sosta, sembra non partecipare.
Non così è per te. Tu partecipi, soffri, ti dimeni, mi scacci, attirandomi. Non vorresti, concedendoti.
Finché mi vorrai? Finché potrò cavalcarti mi vorrai e poi?
Come un uligano agguanto il mio ferro da scasso e l'avvicino alla tua saracinesca per divellerla. No, non quella che pensi.
T'accorgi dell'improvviso capovolgimento di fronte e con forza inarchi la schiena. I tuoi muscoli li vedo e li sento tendersi fino allo spasimo. E' una lotta la tua. Preso alla sprovvista, mi faccio disarcionare. Eviti l'incontro e scivola la magica bacchetta sbrodolando vischiosamente nel preludio del desiderio. T'imbratto la coscia. Ti rivolti, lesta come una biscia e mi sovrasti. La bocca contro il mio sesso, il tuo contro la mia.
Già l'hai preso. Lo lecchi, sgusciandolo come una fava. Le mani mi stringono i capezzoli. Non so se sto soffrendo o godendo. Dolore e piacere sono un tuttuno o la conseguenza di uno dell'altro. Vorrei non finisse mai. Anch'io approfitto per entrarti nelle parti più intime. La mia lingua si sofferma e vibra sul tuo ano. Lo sento richiudersi intorno all'esile umido consistenza. Troppo esile per la sua schiusa. Inarchi nuovamente la schiena, non vorresti, ma cedi e allarghi lo sfintere e io penetro nell'anfratto buio orlato di rosa come il tuo profumo.
All'improvviso il sangue mi schizza fuori dalle orecchie e il dismesso desiderio mi riprende.
Devo possederti come dico io, fino in fondo, fino all'ultimo movimento del tuo occhio perineale. Finché non rimarrà esausto sotto i miei colpi, completamente disfatto e allargato dal desiderio soddisfatto.
Ma devo operare con astuzia e velocità. Ti devo battere sul tempo.
Ti accarezzo la schiena, la sollevo, l'abbraccio. Cerco le tue labbra che mi doni con spontanea dedizione. Ti faccio perdere il controllo del tuo corpo innestando un gamba sotto la tua. Sei rimasta solo con una a contatto con il lenzuolo. Il corpo è sbilanciato. Il mio sesso sa che sta per giungergli il premio tanto atteso e si tende sempre più.
Uno scatto e ti sono alle spalle, la mia fronte contro la tua nuca. Il mio braccio sostiene il tuo petto schiacciando la tua schiena contro le mie mammelle e nel contempo allarga il tuo braccio facendogli perdere la presa, mentre l'altra mia mano corre a cercare l'innesto.
Tu annaspi, vorresti gridare, ritrarti. Senti affondare l'arma che dalle mie viscere si incunea nella tua cavità. Vorresti afferrarmi con la mano libera, ma la mia è già sulla tua. Perduta è la partita.
Digrigni i denti, stringendo tutto quello che ti è possibile. I tuoi muscoli sembrano avere la stessa potenza dei miei. Tenti con le gambe di scalciare, ma la forza delle mie ti sovrasta evita che tu possa attuare l'unica mossa che ti rimane. Il ponte non riesce perché il peso ti schiaccia evitando angoli acuti che ti possano agevolare.
In quel momento avverti che il tasto della discesa è stato premuto. Distendi la testa, cercando di colpirmi, ma io evito parando con lo - splenio - allenato in ore di palestra.
Ora avverti che il lubrificato stelo dello stantuffo si apre la strada carotando all'interno del ventre riottoso. La furia del tuo rifiuto si attenua. Non puoi più muoverti. Sei a tappeto e batti sul tatami con la mano meno impegnata a proteggerti. Ma anche quel battito diventa il movimento del tuo cuore che avverto pulsare sotto il mio. All'unisono battono ora mentre la tensione del tuo corpo non offre più ostacoli.
Superato l'opercolo, corre ora lo stantuffo a ingranare la marcia girando il volano del nostro amore.
La macchina si avvia e sento i tuoi capelli strusciare sugli occhi, le tue gambe aprirsi come petali al sole, il tuo bocciolo succhiare la linfa vitale per svuotarmi del seme riposto nelle mie gonadi allungate. Le reni si adeguano al mio moto e vanno ora in senso contrario. Agevolano lo sfregamento, ora non più respinto ma agevolato.
Il cuore mi scoppia, il sesso mi dilania. Vorrei che la meta non fosse più raggiunta o forse non vedo l'ora di arrivare. Nel contrasto essuda la mente, il corpo. Sono un lago di desiderio ed il mio si congiunge al tuo divenendo un unico essere che si dimena nel mare salato per salvarsi la vita. Sfreghiamo i nostri corpi scivolando sui nostri secreti.
Un attimo, ti prego! Un secondo ancora...Amore! Amore, amore...!
Mi distendo sulle tue scapole, sui glutei ammorbiditi dall'uso, sul tuo ansimante torace.
Anche tu hai un brivido, un sussulto, un grido smorzato che vorrebbe dire: - Continua, ti prego...! -
Non come prima sono le tue parole. Non sacramenti, non mi chiami più bastardo, cane insidioso, verme strisciante.
Ora blandisci la mia forza, la mia potenza, il mio - essere uomo - con l'attributo che ti è rimasto
infisso nel cuore ed ora, lentamente, scivola via dal pertugio dilatato, esausto, soddisfatto completamente. Dimeni i glutei contro la povera pompa ormai sgonfia. Vorresti dire: - Ancora...! - , ma non lo dici, consapevole dell'utopica richiesta.
Ora so che non ti tirerai più indietro e ti accarezzo scivolando sotto il tuo stampo.
Nel torpore che mi prende, nel liquido fulgore che ha coperto i miei occhi, io ti tocco davanti. L'umore ha bagnato il tuo sesso che giace anch'esso allungato: un piccolo tubero! Sogno o sento me stesso?
Ecco cos'era un sogno, un misero sogno perché tu hai disdegnato la mia compagnia.
Crisalide