Va tutto bene ora che siamo solo bene. Troppo tempo speso ad immaginarti come il dio perfetto del male spietato e cruento, giorni avvelenati da un'ansia tagliente color piombo, fuggendo da te che sempre ritrovavo sui miei passi insicuri. Contorti pensieri da rinnegare, idee malsane da crocifiggere, dolore e paura da dissolvere per ritrovarti dentro alla volontà dai colori tenui di un acquerello, dentro l'atmosfera ottocentesca di una romantica Torino dalle tinte ovattate d'arte e malinconica bellezza. Ti ho amato d'inverno e tutto è cominciato in un libro di Bulgakov. Come Margherita avrebbe dato ogni stilla di sangue per il suo maestro, io ho pianto sul tuo sangue versato e avrei dato fino all'ultima lacrima di vita per rimuovere le tue pene. Ti ho amato in un percorso di petali di rose cremisi che trovavo sul mio cammino ovunque. Quando poi ho rinchiuso l'amore per te in uno scrigno di luna calante, ogni tanto, in giornate di tedio qualsiasi, comparivano lungo la mia strada questi petali rossi delicati come lacrime d'amore maledette o di sangue. Petali giunti da chissà dove che sempre mi parlavano in tuo nome come se tu fossi una realtà imperante da non riporre dentro un baule in soffitta tra la polvere e le bottiglie amare d'assenzio. Trovavo lungo queste vecchie strade di porfido disseminate di grigio e antichi ricordi questi brandelli di fiori drammatici che mi riportavano a te dentro cadenze di giornate dai numeri significativi...e come per incanto arrivavano le tue parole, un tuo messaggio, un tuo pensiero per me. Di ogni pensiero verificavo sempre l'alchimia delle cifre che componevano il numero perfetto delle parole, prestavo attenzione simbolica ai numeri contenuti nei giorni e ore di invio. Ti rispondevo usando combinazioni di cinque, di sei, di tre, con preferenze di nove e di dodici. Mi sono sempre guardata dalla fatalità tragica del tredici e del quindici. Intanto pensavo all'impellenza del desiderio di risentire la tua voce contornata da un abbraccio avvolgente e parole rassicuranti nelle quali non pronunci la erre.
Poi sono riuscita a dare un colpo di spugna a tutto il malessere lugubre e infernale, ti ho rivisto in una dimensione umana spogliata da ogni forma di orrore struggente. Ti ho toccato, ti ho rivoluto con urgenza, il mio sguardo ha trapassato infinite volte i tuoi occhi verdi che sotto troppa insistenza acquistano timidezza e dolcezza disarmante. Che strano, anche pochi giorni fa, mentre ci stavamo amando di nuovo e avevo sulla mia pelle nuda i tuoi lunghissimi capelli e la tua passione mi avvolgeva, ho scorto un petalo cremisi ai piedi del mio letto, vicino al cordone della tenda di velluto. Per un istante è stato un petalo, ma poi è diventato il plettro della tua chitarra elettrica. Colore così insolito il cremisi per un plettro. Colore da seduzione in musica mentre cercavamo gli accordi più giusti per l'armonia delle nostre anime vampiriche nei corpi profondamente ricongiunti per distruggere con l'amore sublime e perverso tutti gli spettri di osceni fantasmi.
Lestelle