La mia stanza da letto con le ampie finestre sul lago è grande, piena di luci soffuse, le pareti rivestite di antica carta da parati a fiori esotici e la vecchia moquette rossocupo a far caldo il pavimento; abbondano gli , una specie di raccolta iniziata dalla trisnonna anni e anni fa, per soddisfare il mio narcisismo.
Qua e là sono sistemati vasi di orchidee bianche, il fiore che preferisco, tuo splendido omaggio.
Nuda, in piedi davanti ad una enorme, antica specchiera, mi osservo attentamente e quello che vedo mi piace: passo la mano sui seni pieni, dove i capezzoli spiccano simili a fragole mature, scendo al ventre piatto per indugiare sui riccioli sottili del pube, mentre ammiro le lunghe dita dalle unghie curate, che risplendono con il loro grigio-argento lunare tra la folta nera peluria e il cremisi delle mucose.
Sono felice di sentirmi così bella, per me e per te, per il nostro piacere.
Ti ho sentito uscire dallo studio, entrare senza dire una parola: ora sei lì, nell'ombra, da qualche parte, che mi osservi.
Mentre ti inventi, per noi, un nuovo gioco d'amore, ne sono sicura.
Infatti sento la tua voce, calda come una carezza:
-Vieni qui, Fede, vieni da me-
Avverto un crampo di eccitazione al basso ventre mentre mi volto, con lentezza.
Per restarti di fronte, nuda e pronta.
Sei alto e magro, nel viso allungato e abbronzato risplendono gli occhi verdi con bagliori giallastri da predatore e i denti bianchissimi: mi intriga l'anellino minuscolo di brillanti all'orecchio destro che io ti ho regalato.
Ti allunghi su una poltrona di cuoio, di fronte a una grande specchiera alla quale sta appoggiato un prezioso tavolino, un coloratissimo '700 veneziano.
Come sono opachi e caldi i colori in questa stanza: luci e ombre rendono ancor più acuto l'odor di sesso che fa l'aria densa.
Tendi le mani verso le mie, guardandomi fisso: le tue pupille si restringono mentre mi avvicino e poi mi chino per baciarti; le nostre bocche si mangiano mentre con dita sapienti mi frughi il grembo; lascio le tue labbra e rapida tento di aprirti i pantaloni, eccitata.
Ma tu mi allontani, mormorando:
-Quando ti radi mi sembra di mangiare un panino caldo e profumato-
Lo so , infatti avevo già pensato di provvedere, anche se a malincuore: ma dal tono della tua voce capisco che ora hai in mente un gioco nuovo.
Infatti: -Il rasoio l'ho portato io; siediti di fronte a me, appoggia la schiena allo specchio e apri le gambe.
Sarò un barbiere perfetto, vedrai-.
Così dicendo, con l'arte di un giocoliere, mi mostri aperto e scintillante nella mano destra un rasoio: con un brivido vedo che è un vero rasoio da barbiere, dalla lama splendente.
Ormai mi conosci così bene, lo sai quanto mi affascinano e mi eccitano le lame; retaggio genetico di una razza antica che molti secoli fa non andava per il sottile quando si trattava di risolvere certe questioni e, barbaramente, di metallo affilato uccideva.
Al pensiero delle tue mani e dell'acciaio che così pericolosamente giocheranno con la mia tenera carne il respiro si blocca...per riprendere con un ansito e una prolungata contrazione del ventre.
Mi controllo e mi sistemo come tu vuoi, la punta di un piede a toccar terra mentre l'altro è sollevato, per permettere alle labbra cremisi del mio sesso di aprirsi; noto come mi guardi, mentre la tua bocca accenna uno strano sorriso.
Poi ti alzi e ti inginocchi tra le mie gambe.
Allora protendo in avanti il ventre, inarcandomi.
Guardo la lama scendere sulla mia carne e a quel freddo contatto il cuore in mezzo alle cosce comincia a battere così forte che temo tu te ne possa accorgere.
Non vorrei dipendere in questo modo da te, in certi momenti; ma è il mio corpo che parla e niente riesce a farlo tacere.
Infatti, mentre procedi nella delicata operazione premendomi l'inguine per favorir la manovra, la mia eccitazione è palese: il clitoride si irrigidisce e io gemo ma tu stai ben attento a non sfiorarlo: apprezzi quanto me il piacere sfinente dell'attesa.
Ora il gioco si fa difficile: devi passare il rasoio giù, fino a dove i petali grandi del mio fiore si congiungono e forse ti trema un poco la mano. Sotto i pantaloni, la tua eccitazione è evidente.
All'improvviso un dolore, acuto.
Mi hai tagliato: una piccola ferita, dalla quale però il sangue a gocce grosse scende sulla moquette.
-Ora si ferma, tranquillo- mormoro con voce rotta- continua, ti prego-
Mi ascolto, ho lo stesso tono di voce di quando facciamo l'amore e ti mormoro all'orecchio quelle oscenità complici che tanto ci piacciono. E tu, da come mi guardi, mi hai sentita, chiara e forte.
-Ho quasi finito, abbi pazienza-
E la tua è una preghiera di un qualche nostro misterioso rito d'amore.
Quando ti alzi deponi il rasoio vicino a me:
-Resta così, devo finire- mi dici baciandomi un seno.
Torni dal bagno con una bacinella e una spugna: cominci a ripulirmi , lentamente, con metodo, badando bene a non strofinarmi troppo, nel silenzio più assoluto.
Solo i miei gemiti, che potrebbero essere scambiati per dolorosi lamenti, in sottofondo.
-Buona, ora ti darò quello che vuoi, resta lì e chiudi gli occhi, torno subito-
Ubbidisco e immagino il mio roseo taglio netto, ora ridiventato di bimba, simile a un fiore dai petali dischiusi.
Lo immagino nella tua bocca.
- Brindiamo Fede, a noi, per sempre; ho paura che la moquette ne soffrirà-
e la tua è una risata strana, a gola chiusa.
Apro gli occhi per vedere il tappo della bottiglia di Tattinger nelle tue mani saltare verso il soffitto: capisco che vuoi fare e rovescio il viso verso lo specchio per offrirmi tutta a te e allo champagne che mi fai scorrere sul ventre e sul sesso nudo, a consacrare e curare le ferite, prima di trangugiarne, con ingordigia, una lunga sorsata.
Poi ti inginocchi di nuovo, questa volta per immergere il viso tra le mie cosce a bermi insieme al vino, mentre io, le mani nei folti capelli , ti circondo le spalle con le lunghe gambe per tenerti stretto a me.
Appena la tua lingua inizia a lambirmi con perizia, grido e i fianchi esplodono in un movimento convulso; tu li afferri, per avvicinarmi ancora più; mi lecchi, mi esplori, mi penetri, passando e ripassando sul clitoride, in tutti i miei anfratti di donna, fino al piacere finale, la mia piccola morte.
Dopo, aprirti i pantaloni per liberare il tuo sesso, caldo, pulsante, vivo è solo l'inizio di un altro lungo estenuante pomeriggio di piacere di questa strana, imprevedibile estate.
Morgause