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Racconto n° 4234
Autore: Morgause Altri racconti di Morgause
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Lady Rowena e la neve
Nevica fitto e fa freddo; sosto un attimo sullo scalino del portone per guardare la piazzetta medioevale con i suoi edifici di mattoni rossi anneriti trasformarsi in un bianco paese delle fate.
Così decido di godermi la nevicata e di passare attraverso il parco per tornare a casa, anche se così facendo allungo la strada. Cammino a capo scoperto, senza ombrello, lasciando che i fiocchi mi bagnino il viso mentre penso al mio appartamento caldo, non lontano da lì, e al bagno bollente in cui mi immergerò.
Ora sento la stanchezza di una giornata iperattiva, in cui, come al solito, mi son nutrita in fretta, male e poco.
Con le ultime energie mi avvio quasi di corsa verso casa.
Apro la porta e accendo tutte le luci, ormai è quasi notte.
Guardo la segreteria, mentre scalciando tolgo gli stivali: ci sono otto messaggi.
Ho tenuto il cellulare spento, quindi sicuramente mi hai chiamato anche tu .
Stasera non ho voglia di te; stranamente la medicina solita, il sesso, che sei tanto abile a somministrarmi, non mi attira.
Tu mi fai l'amore per interrompere i silenzi che a volte tra noi pesano come macigni.
E io stasera, sarà la stanchezza, sarà la neve, voglio restare sola, per lasciare che i pensieri se ne vadano per conto loro, dentro una vasca d'acqua profumata e bollente.

Stacco i telefoni, mi spoglio nel solito caos, indosso un accappatotio morbido e caldo, e inizio a prepararmi il bagno ristoratore: aggiungo un'essenza di rose, quella che ho portato dalla Turchia insieme a molte altre, oleose e intense.
Vado nello studio, prendo il portatile, lo sistemo acceso su una piccola scrivania vicina alla porta del bagno: aspetto una mail, quella dell'uomo che ora respira in quella città di pietra del profondo Nord dove sta sicuramente nevicando.
Da sempre attendo il ritorno del guerriero.
Entro nell'acqua e mi stendo con un sospiro di beatitudine.
Intanto dai vetri della finestra riesco ancora a vedere, nonostante il vapore, la neve cadere fitta.
Il sapone liquido e morbido mi avvolge, il profumo di rosa mi rende languida, mi rilassa: mi piacerebbe abbandonarmi a un sogno.
Bianco nel bianco, il candore delle mattonelle attraverso il vapore disegna montagne, alberi innevati, un viso di uomo scuro dai tagli netti di santo bizantino.
Chiudo gli occhi, appoggiando la testa all'indietro sul bordo della vasca e lascio che la mente se ne vada in giro a cercar altri mondi.
Ora la schiuma che mi avvolge è neve, ci sono immersa, in tutto quel bianco.
E finalmente una grande pace mi avvolge, rilasciando i muscoli e la tensione accumulata durante la giornata.
Mi accorgo di scivolare in un piacevole dormiveglia, mentre la realtà si allontana sempre di più...ma perché non scrivi, sapessi che voglia ho di te, le tue parole attraverso la tastiera sono carezze, se fossi qui sapresti come stringermi, baciarmi, toccarmi, coccolarmi, farmi l'amore, ma perché...

Mi ritrovo in un bosco di pini e castagni: tutto è bianco intorno a me, nevica abbondantemente, il giorno si sta spegnendo.
Sto accovacciata nell'intrico dei rami appesantiti dalla neve di un pino gigantesco; sono completamente nuda e il fatto non mi meraviglia per niente; ho i capelli raccolti in una pesante treccia, una collana di pietre dure multicolori mi scende tra i seni e pesanti cavigliere ornate con ciondoli di strana foggia tintinnano a ogni piccolo movimento.
I fiocchi candidi che scendono dal cielo sono morbidi e caldi e io mi sento perfettamente a mio agio sopra quell'albero, nell'eccitante attesa di un evento straordinario che sono sicura non tarderà a manifestarsi; intanto guardo con divertimento i cristalli di neve splendenti simili a diamanti poggiarsi lievi come carezze sulla mia pelle olivastra di bruna.

All'improvviso mi arriva da lontano un rumore di vento e di acqua che si combattono. Riconosco la voce del Lock di Ness in burrasca e questi sono i boschi intorno alle sue rive, quelli che circondano il castello di Urquhart, nella contea di Inverness.
Dall'alto della mia postazione, aguzzando la vista, posso scorgere tra gli alberi la mole semidiroccata della fortezza, indistinta in mezzo alla neve; vedo che nella torre principale ancora intatta brilla una luce, un punto luminoso nel nero compatto della cupa muraglia.
Ora so perché mi trovo qui; ho un appuntamento al castello con l'uomo che aspetto da sempre; ma so anche che è pochissimo il tempo che ci è concesso per stare insieme: lui ha giurato fedeltà a un'altra donna.
Ma questo ora, nel sogno, non ha nessuna importanza.
Faremo bastare il nostro tempo; con un balzo scendo dall'albero e comincio a danzare dalla felicità in mezzo alla neve, che mi ricopre come un mantello di regale ermellino.
Ballo da sola, roteando su me stessa, un vortice nei vortici bianchi, mentre il desiderio di lui, che so così vicino a me, frusta il mio corpo, rendendo la danza sempre più veloce, sempre più veloce...
E mi ritrovo in piedi di fronte al castello di Urquhart: al di là delle antiche mura il lago in burrasca emette spaventosi lamenti come una fantastica creatura colpita a morte.
Mi pare di sentire una voce chiamarmi: allora entro attraverso uno squarcio che si apre simile a una bocca sdentata nel secolare portone di legno di quercia.
Mi ritrovo in un grande salone, dove la neve turbina come se fossi all'esterno: penetra dagli ampi squarci dei muri massicci sfiniti dal tempo. In un angolo un cavallo dal lucido pelame nero con una stella bianca in fronte (Aster, si chiama Aster) legato a un anello di ferro aspetta pazientemenete.
So che in una stanza calda e miracolosamente scampata alla rovina generale lui mi sta aspettando.
Di fronte a me uno scalone di pietra sale, simile a un enorme serpente, avvolgendosi attorno a una massiccia colonna di arenaria; così arriverò alla torre, dove ho visto risplendere la luce.

La mia nudità mi protegge, come la più impenetrabile delle corazze.
Arrivo in un corridoio lunghissimo, dove ardono poche torce: anche quì la neve turbina e il rumore del Lock si fa più forte, mi pare di vederlo aggredire con violenza le fondamenta del castello.
Ci sono tante porte, tutte alla mia destra, ma io avanzo con sicurezza fino all'ultima; mi fermo, sciolgo i capelli, mordo le labbra per renderle più rosse, cosicchè il mio amante mi possa desiderare tanto quanto lo desidero io. Apro la porta lentamente: la stanza è riscaldata da un enorme camino e da due bracieri, posti vicino a un grande letto di legno scolpito, in cui giace un uomo addormentato su di un fianco.
Mi dirigo lentamente verso di lui, che riposa protetto da morbide pelli di lupo cucite insieme a formare una coperta caldissima; vedo i suoi capelli chiari, lunghi e una ferita appena rimarginata che gli attraversa la spalla sinistra.
Non voglio che si svegli: rapidamente mi infilo accanto a lui nel letto, aderisco con il corpo al suo, accarezzando lievemente la ferita dai bordi ancora rossastri e mormorando più volte il suo nome: Malcolm.
Poi la mano scende a toccare con curiosa meraviglia la schiena muscolosa, fino alle cosce potenti, passa davanti ad accarezzare il sesso, ancora morbido e piccolo, indifeso.
L'uomo geme, il suo ventre ha un guizzo e si volta verso di me, aprendo gli occhi:
-Rowena- mormora- sei venuta, ma come hai fatto a passate il Lock con questa bufera?-
Mi perdo in quelle iridi azzurre come il cielo d'Irlanda, la terra del mio amore.
-Non ho traversato il Lock, arrivo da un'altra parte, Malcolm, che importa, ora sono qui-
Mi metto in ginocchio sopra di lui, orgogliosa del mio corpo, che sta contemplando con la stessa fame che divora me, mentre mormora:
-Pochissimo tempo, abbiamo pochissimo tempo, forse questo è l'unico incontro che gli dei ci concedono-

Allora mi chino di scatto: questi minuti dovranno essermi sufficienti per il resto dei miei sogni o della mia vita, che importa, non fa alcuna differenza.
Per questo voglio annusare il suo odore, che è come il nome segreto che gli dei hanno dato a ciascuno di noi.
Nessuna donna può dire di conoscere un uomo veramente se prima non l'ha odorato lì, tra le cosce, alla fonte della vita.
E mentre sfioro il sesso eretto con i capelli e con la lingua, gusto finalmente il suo odore: assomiglia stranamente a quello del sangue, un misto di dolcezza, di secrezioni saline , di seme, e di mare; è l'odore che sento ogni volta che ingoio un'ostrica fresca insieme alla sua acqua marina.
Poi le labbra si chiudono intorno al fallo, che sussulta e guizza con un movimento pulsante man mano che si riempie di sangue, mentre con una mano gli accarezzo il ventre e su fino al petto. Intuisco che cosa gli piace.
-Vieni qui, Rowena, se continui in questo modo non resisterò a lungo-
Ma io non l'ascolto, sono perduta nel suo odore e nel suo sapore, voglio berlo e nutrirmi di lui, non esiste nulla in questo momento, solo la mia bocca affamata.
Allora lui mi afferra per i capelli e ansante mi costringe sopra di sè: tra le labbra splendono i denti bianchi e forti ed io incollo la mia bocca alla sua, mentre cerco di prenderlo in me, il ventre ingordo quanto quell'altra bocca.
Sento urgere dentro un cieco istinto animale, lui se ne accorge e mormora:
-Piano, Rowena, facciamo piano, godiamoci, sentiamoci in profondità, cerchiamo di prolungare il piacere di esserci finalmente ritrovati , abbiamo un milione di anni da vivere in pochi istanti-
E intanto mi passa le dita sul collo, lungo la curva della spalla, giù per il fianco fino all'avvallamento della vita, alla curva dell'anca.
Mi sdraio, il respiro affrettato, e lui mi sale sopra, penetrandomi lentamente, il viso tra i capelli , la bocca in cerca della mia.
E ci troviamo stretti e ansanti; scivoliamo pelle su pelle, ci cerchiamo con dita impazienti, stringendo, baciando, leccando, accarezzando e ogni sensazione si perde in un gesto, ogni voglia in un movimento obliquo mentre i battiti sempre più accellerati dei nostri cuori sono respiri ravvicinati.
Tra le sue braccia forti perdo il senso dei miei contorni, mi bacia e io sento il fluire di energia vitale nella mia bocca e nel mio ventre, mentre il sangue scorre febbrile nelle vene.
Ondeggiamo insieme, in un perfetto equilibrio, in una tensione che aspetta solo il momento di dissolversi in un piacere che già so mi disfarrà la mente.

Cerco di restare lucida, ma poi mi abbandono alla corrente, aggrappandomi più forte a lui; ora siamo così vicini e confusi che nessuno dei due riuscirebbe più a vedersi dal di fuori.
Resto un attimo in equilibrio, le membra contratte, incollata al suo ventre e bisbiglio:
-Fermati, per piacere-
Ho bisogno di sentirlo tutto dentro di me quando mi annullo nell'orgasmo.
Mentre mi perdo in sensazioni di luce, di suoni e colori, con mille mani che mi accarezzano il corpo dal di dentro spingendomi in un abisso di beatitudine assoluta, Malcolm mi riempie del suo seme, per poi ripiegarsi sopra di me, ansante e sudato.
Lo stringo forte, leccandogli il sudore dal collo e dal petto.
-Rowena, io non ho figli; se tu rimanessi incinta, me lo diresti?-
Sto per rispondergli che non potrò mai dirglielo, la mia mente viaggia in una dimensione confusa, quando una finestra della stanza si spalanca e la neve entra dentro, vorticando, insieme all'assordante rumore del Lock.
Un gran freddo mi fa rabbrividire...e mi sveglio in casa mia nella vasca da bagno; l'acqua si è raffreddata e io sternutisco.
Mi guardo intorno confusa per capire dove sono, mentre una parte di me vive ancora nel sogno: la neve, il Lock, il castello, Malcolm, il nostro amoroso piacere che non ha niente di onirico.
E in quel momento ecco lo "sdleng"del portatile che mi avvisa: posta in arrivo.
Esco precipitosamente dal bagno e vedo la mail del mio uomo lontano, Malcolm, quello che non incontro mai.
Inizio a leggere febbrilmente e resto immobile scorrendo le parole:
- Amore mio ho appena fatto uno strano fantastico sogno che ricordo perfettamente e che devo raccontarti: ero con te, a Unquhart, facevamo l'amore, tutto era di una reltà sconvolgente; ora mi pare di essere ritornato ragazzo, quando al mattino mi svegliavo e mi ritrovavo vergognoso e bagnato.
Ma ascolta, ecco il sogn: tu sei arrivata nuda e coperta di neve, avevi una strana collana e cavigliere tintinnanti e... –



Morgause

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