Mi colpì il suo sguardo, il suo incedere così particolare, insolito. I suoi jeans così improbabili e pieni di toppe di seta indiana, perle e strappi sulle gambe, stile inizi anni ottanta, dove tutto era innovativo e lasciava alle spalle le vecchie consuetudini post-contestazione, spalle imbottite e paillettes ovunque. Mi colpirono le sue mani tatuate sul dorso, disegni dalla foggia orientale, tratti rotondeggianti, punti, lettere nascoste fra segni di dubbio significato. Osservavo, col fare di chi non c'è, ma capisce.
Era finlandese, aveva gli occhi di ghiaccio ed un sorriso che ti ammanettava così da non poter nascondere con le mani la tua immensa emozione nell'incrociarlo.
Nella quiete dei miei pensieri, calma nell'affannosa ricerca dei mille perché della mia esistenza, ero consapevole che quella donna stava per insinuarsi nella mia vita, così come si insinua un virus nell'organismo, con rischi che non conoscevo. Sedute in un divano verde acido, seminascoste da una tenda nera di raso leggero, mettevano a disposizione del mio sguardo, atteggiamenti di inequivocabile efficacia, accompagnati da una musica che taglia il cervello a metà.
Lei le stava addosso con morbosità, con avidità la toccava, la baciava, le mani ovunque, la bocca ovunque, la rincorreva, la braccava, lampi di desiderio nei suoi occhi. Ma guardava me. Era imbarazzante quel loro amoreggiare lascivo e senza pietà, erano travolte da una passione senza limiti, nella quale esistevano solo loro, intorno a loro nessuno, tranne me.
Nella luce di mezza sera, giochi di ombre chiaro scure miste a riverberi che schiarivano all'improvviso l'ambiente, permettevano di vedere con chiarezza ogni espressione di quel desiderio così tanto esibito, messo in mostra con tanta decisione quasi a volerlo ostentare, una sensualità forte ed impertinente che non dava scampo ed attraeva terribilmente. Ma quella donna dagli occhi trasparenti non mi toglieva lo sguardo di dosso, ansimante, stordita, quasi al culmine di un piacere che però doveva rimanere a metà.
Mi alzo, mi guardo attorno, decido di andarmene.
Adesso o mai più, perché il gioco doveva finire e subito, io zimbello per una bellezza da mille e una notte, che avrebbe lasciato solo un ricordo di una sera strana, angelo dai riflessi pallidi e biondi... no, non mi avrai, nonostante tutto.
Ma mi chiedevo che cosa volesse significare quella dannazione che sentivo dentro me, quell'incapacità di dare un senso al fatto che non riuscivo a muovermi. Perché? Coinvolta a tal punto da non riuscire ad appagare la mia coerenza di donna attenta e consapevole?
Mi giro, un gemito di piacere mi investe all'improvviso, mi arriva direttamente in faccia, mentre lo sguardo di lei è all'ennesima potenza, ed improvvisa un accenno di bacio con una bocca da sogno, mentre l'altra è di spalle, non vede, o finge di non vedere. Inchiodata, paralizzata, incapace di prendere alcuna decisione, rimango lì, ferma sulla porta... l'inferno o il paradiso mi aspettavano, ma non sapevo nemmeno chi ero.
Mi avvicino al bar. Prendo tempo. Respiro lentamente. E la guardo in un modo che non lascia dubbi... - no, non me ne vado. Rimango, per te. Per la meraviglia che sei, e che sarai.
Ma loro non smettono un istante di scambiarsi baci scandalosi e passionali, al limite del lecito, per la situazione nella quale si trovavano. Un delirio bello solo da immaginare.
Ed io fingo. Fingo indifferenza. Fingo di non vedere, ma non mi è possibile perché l'erotismo che emanava anche con un solo gesto della mano, era ammaliante ed irresistibile e mi colpiva direttamente... e io non potevo –non volevo- rimanere senza.
Guardatemi, perché io? Perché nella miriade di persone la vostra scelta è rivolta a me... voi angeli senza sesso, o diavoli tentatori, o provocatrici di notti insonni per i troppi piaceri proibiti, notti di fuoco e fiamme carnali, dove anche l'ultimo degli orgasmi è come se fosse il primo, pronte a ricominciare, voi, veloci, ladre e sfinite da incanti che non hanno limite.
Il vostro sesso è dichiaratamente senza pudore né timidezza, lo proponete così a chi vi gira intorno, mirando dirette al bersaglio, ora con forza, ora con dolcezza. Chi siete? Chi sei? Tu, bellissima statua dal profumo di terre lontane, tu desiderio nascosto da troppo tempo.
Distratta mi giro verso di loro, ma non ci sono più. Fuggite, sparite, senza lasciare traccia alcuna. Dolore acuto dentro di me. Allora scappo, esco correndo fuori dal locale, inghiottita dalla luce di un tramonto inglese senza paragoni, la luce è rossa e rosa, languida ma esasperata, un nodo in gola che non riesco a capire. Attraverso la strada, la mia auto è lì mentre la mia serata si sgretola fra le dita, non ho tregua... non ho alternativa. Un clacson, un sussulto improvviso, lei mi chiama e mi invita a raggiungerla poco più in là. Alzo gli occhi verso quel cielo irreale rosso e rosa di una Brighton difficile da interpretare.
Mi parla in finlandese, credo si presenti, credo si chiami Helen, credo che potrei innamorarmi di lei.
Le rispondo che non la capisco ma che sicuramente la seguirò ovunque sia, mentre mi prende lentamente la mano e me la bacia. Sapeva già di momenti incantevoli.
Felicità. Incredulità.
Frenesia.
E profondo stordimento, mentre salgo in macchina e seguo nel traffico inglese quella che sarà poi la mia dannazione.
Dove sto andando.
Cosa sto facendo.
Poco mi importa, guido nella sera, la mia musica preferita ed una miriade di brividi lungo la schiena. Arriviamo, quartiere periferico... 11 Grange Court, poco lontano da casa mia.
Salgo.
Non so cosa aspettarmi, ma la bellezza è tale da togliermi tutti i pensieri. L'attrazione è fortissima e sento la tensione sciogliersi lentamente, mentre mi abbraccia e mi stringe a sé.
Helen, la pelle di corallo, seta e ghiaccio nei suoi occhi. Mi spinge contro la parete e mi benda, un rettangolo di pelle nera oscura tutto. Sento rumori di bicchieri, odore di muschio misto ad incenso, risate sommesse ed una musica che difficilmente si dimentica. Poi, lei.
Solo lei. L'altra guardava. In silenzio. Seduta di fronte a noi, fumava e guardava. Non una parola, non un gesto. Guardava la sua donna insieme a me, che già le appartenevo, legata perdutamente alla sua bocca ed al suo seno, al suo sguardo che appena un'ora prima mi aveva dichiarato amore eterno.
Mi toglie la benda, mi bacia lentamente, profondamente girandomi all'improvviso e legandomi le mani. La sua lingua sul collo, sulle spalle nude, scende sul seno che scopre piano con gesti lenti ed esperti. Mi bacia gli occhi, le mani, mi succhia le dita, mi tocca piano con regolarità, mi accarezza i capelli e baciandomi mi regala un orgasmo senza limite.
Helen.
La chiamo sottovoce e lei mi risponde gentile, gli occhi da sogno su di me.
Musica argentina. Note di Tango. Mi invita a ballare con lei, sembra un film. Mi alzo dal letto liberandomi le mani e la avvicino a me... balliamo avvolte in una musica sensuale, mentre dal soffitto cadono piccoli riflessi di luce bianca e lattea, irreale come quella situazione.
Poi più nulla, solo sospiri e baci e passione allo stato puro. Niente ci fermava, niente poteva trattenerci, volevamo tutto e subito, non un minuto senza, carezze e spinte per penetrazioni forti, rumorose, voraci, affamate, una dopo l'altra, solo pochi attimi di tregua prima di un altro orgasmo, ed un altro ed un altro ancora. E sfinite poi, a tenerci la mano come due amanti di vecchia data, complici e consapevoli del loro grandissimo amore.
L'altra. L'altra guardava. Silenziosa, rassegnata, innamorata. Lacrime che rigavano il suo viso gentile ma duro, provato da troppa sofferenza, lacrime acide di chi, non riesce a dire no.
Mi sollevo appena dal letto, la luce bianca metteva in risalto il viso di Helen, era ancora più bella, gli occhi rigati dal piacere selvaggio di due ore d'amore senza eguali.
Mi scosto appena, e mi alzo. Non so che dire, che cosa pensare, mi sento strana, ma bella ed appagata, una donna che consapevole, ora saluta e va.
Ladra d'amore.
Mai come in quell'attimo, dove i nostri orgasmi erano all'unisono, uguali, perfetti. Mai come nei sospiri del suo piacere senza limite. La mia testa non trova la porta per uscire, e si lascia trasportare dagli eventi, ormai non ha più scampo, perché sulle mie dita c'è il suo sapore, e nei miei occhi, i suoi.
Un cenno di saluto... Helen è lì e mi guarda e mi sorride ed io la amo da impazzire.
Esco, sono fuori.
Metto la mano in tasca della giacca di velluto nero, come la mia anima. Sorrido, prendo le chiavi della macchina assieme ad una banconota ed un biglietto: see you Tomorrow, at 10 p.m.
Il cielo urlava la mia disperazione e la mia gioia. Sarebbe stato così per molto e molto ancora. Lei comandava il gioco, lei bella da morire, lei disarmante, nuda, erotica, sensuale, capricciosa amante di istanti di follia... nelle sue mani la mia anima, per un piacere difficile da comprendere, ma impossibile da rifiutare.
Mi ha catturata con maestria, con accuratezza, abile nel riconoscermi e scoprirmi.
L'altra la sua vittima.
E mi avrai, dannata di piacere, mi avrai ancora... mi avrai tutte le volte che vuoi. Estrema, raffinata, malata d'amore.
Goodbye Helen.
Thierry59