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Racconto n° 4289
Autore: Amelia Altri racconti di Amelia
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Fireworks on New Year's Eve 2010
La poliandria come rimedio contro la noia.
Tutto alla fine diventa routine. Anche un amante, anche i piaceri, anche il dolore.
Per questo Emma si dilettava con più uomini. Le davano una bizzarra stabilità, dopo che per anni uragani erano passati con forza dentro di lei, scavando solchi, infettando ferite.

Ora sta piangendo senza vergogna sulla poltrona di business class di un volo Londra - Milano. Solo bollicine ad annebbiarle la mente, che chiede alla hostess con voce stanca. Il volto rigato di lacrime, Emma è incurante dello sguardo dell'uomo che le siede accanto, la cui curiosità è mischiata all'imbarazzo e celata dall'educazione. Siede scomposta, marionetta senza vita. Eppure tutto in lei grida bellezza e sensualità.
Piange il suo amore per lui. Si chiede se sarà sempre così nella sua vita. L'amore le verrà negato quando se lo aspetta, per poi trovarlo nei dove e quando più impensati.
L'amore.
Quante volte aveva pensato con disincanto a quella parola, trovandola adatta solo al sentimento filiale. Lei amava i suoi tre figli. Gli uomini erano solo grandi emozioni, compagni di giochi. Diversivi le donne.
E poi lui. Lui che all'inizio era stato solo un capriccio. Francesco.
Emma aveva fame di carne giovane, muscoli tesi, gaiezza e risate cristalline. Per questo aveva catturato quella giovane preda.
Ma il sesso fra loro era stato subito amore, quell'amore che per Emma è la sensualità profonda del piacere. L'estasi, l'istinto erotico acceso all'improvviso quando si sono visti, toccati e amati la prima volta, in quell'afosa domenica mattina di inizio estate.
E ora piange tutto il suo amore per lui. Che è tumultuoso e lacerante, eppure le illumina il volto di una gioia semplice. Che la ubriaca con i ricordi di parole sussurrate con voce roca, con la passione di quelle mani sicure, quelle braccia eleganti e forti.
Piange quell'amore che lei non voleva. Amare è pericoloso. Rende vulnerabili. E poi a quest'età, e con un ragazzo...
Emma piange e vede, vede l'intreccio di corpi, pelle contro pelle, la voglia febbrile con cui ogni volta si accoppiano, la smaniosa frenesia, l' ingordigia di fondersi. Vede i suoi occhi, che niente hanno di giovane spensieratezza. Dietro le palpebre una vita di strada, di anni vissuti.
E lo ama tutto, con un sentimento feroce e disperato. Ama le sue spalle perfette, la sua pelle, i suoi occhi cerchiati sotto le sopracciglia folte, le labbra sottili, il sedere scolpito, le gambe, le mani, forti, i piedi, belli. Ama i difetti, i denti storti, le sue frasi imperfette, la sua forza brutale, i suoi vuoti letterari.
Quante volte avevano provato a fare l'amore. Non ci riuscivano mai. Loro potevano solo scopare, come due animali, per ore, fino alla morte di uno dei due. I colpi di lui, con cadenza crescente, le cavalcate di lei, baccante ebbra di desiderio scomposto, le urla, gli schiaffi, il dolore. La loro personale declinazione di rapporto sub-dom. Lei lo derideva, attaccava il telefono senza salutare, poi s'incontravano e per lei era naturale sottomettersi. La signora diventava l'incarnazione della lussuria e del peccato. Appena vedeva quel cazzo imponente diventava la sua puttana. Nient'altro che la sua puttana. Era pervasa da un piacere così puro nella sua oscenità, che sgorgava improvviso e dilagava come un fiume in piena dentro di lei.
Emma piange e sorride. Vede, ricorda. La loro innocente serenità erotica, che li univa ogni volta in un'improvvisa e oscura esplosione dell'istinto.
Vede il proprio viso affondato in quel triangolo scuro, caldo e carnoso, la lingua che gusta, gli occhi ebbri di un desiderio così forte da sconfinare nella sofferenza.
E poi lui dietro. Ormai non serviva neppure la saliva. Lei era aperta per lui. Appena sentiva la punta premere contro di lei con fermezza lo faceva entrare inarcandosi, gemendo straziata dal piacere, in un delirio di parole oscene. Adorazione perversa. Era spalancata. Era felice.
E ogni volta era di più: più profondo, più intenso, più doloroso. Appena lo vedeva la sua coscienza si offuscava, non riusciva a controllare il flusso delle emozioni, mentre una sconosciuta energia s'impadroniva del suo corpo, della sua anima.
Francesco affondava come la lama di un coltello per raggiungere il cuore delle cose, lei fluttuava in una realtà indistinta, per lenire il dolore, per poter sorridere ancora.
Lui percorreva con gioia centinaia di chilometri per incontrare quella donna capricciosa che neanche lo voleva così devoto, che si sentiva controllata, e quindi reagiva vomitando brutte parole, che non trovava posto per lui nella sua esistenza complicata. Quella stessa donna che non poteva vivere senza di lui e gli si offriva, anima e corpo, come una schiava al suo signore. Nuda, dentro. Senza convenzioni, senza impalcature sociali o culturali. - Chissenefrega se non sai chi è Vargas Llosa, voglio essere satura di sesso e di te. -
Ma non era solo sesso, era quanto di più simile all'AMORE lei potesse sentire. Faceva male, come una ferita aperta, ubriacandola di un bisogno disperato del corpo di lui. Contatto per non morire.
In lui Emma aveva trovato ciò che da sempre cercava, il diverso e complementare, per sopportare la morte che aveva nel cuore, e sopravvivere ancora, per qualche tempo.
Francesco aveva occhi neri e intensi, pieni di cose che lei non conosceva ma che d'istinto amava. Il suo sguardo s'insinuava invadente dentro di lei con desideri sporchi e puri. Possedeva una naturale eleganza, era padrone della virilità che il suo corpo esprimeva in modo così maestoso, sensuale come le statue degli dei antichi.
Ogni volta Emma era ipnotizzata dallo stupore di volerlo così tanto, con ardore e incoscienza, fino a soffrirne.
Ogni volta. Anche l'ultima.

I fuochi d'artificio sul Tamigi avevano accompagnato la fine scoppiettante di quell'amore tragico.
Emma lo aveva abbracciato, nascondendo la testa nel suo petto. Si era sentita pervadere da una sensazione d'abbandono, che la riportava negli abissi vischiosi del male. Quell'abbraccio muto era più vero di qualsiasi parola.
Le spalle di lui erano fredde nella loro maestosità, spalle di un dio ormai lontano.

Amelia

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