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Racconto n° 4312
Autore: Divinecomedy Altri racconti di Divinecomedy
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The Crooner
Se ci penso è impossibile. Due esseri che non possono collidere, una ragazzetta schiva, silenziosa, che usa sempre bussare e dire - Grazie - e - Per favore - non può collidere con un uomo fatto, per quanto la cordialità e l'aspetto limino gli spigoli della sua carta d'identità e stropiccino quelli della mia. Quel pomeriggio del primo autunno invece, un brivido di fresco confuso alla sorpresa, un abbraccio più cortese del solito, una furtiva carezza ad una mano. Continuo a ripetermi che è impossibile, che ho capito male, che si è trattato di un caso, che non può essere che sia scattata attrazione da parte sua. Quanto a me, non ho neanche l'ardire di guardarlo negli occhi, figurarsi di ricambiare il gesto. Di due sole cose son capace: scappare, complice il telefono che inizia a squillare per aiutarmi; immaginare, spezzoni in cui audace gli stringo la mano che mi accarezza, lascio che mi baci la bocca e indugi sotto i vestiti con le sue carezze, avvinta dal suo profumo. L'istinto se ne frega se gli ripeti che è impossibile, se lo soffochi a suon di date e di ruoli. Per quanto cerchi di mettervi regole e paletti, l'istinto fa breccia. Di più, l'istinto suggerisce le soluzioni che non vorresti ascoltare. Un paio di e-mail e il gioco è fatto. Quello che per la ragione e la coscienza è un crimine, per l'istinto è vita.

Due esseri che possono collidere. Ovvio che su un argomento si possa trovare un punto d'incontro, benché per puro caso non mi sia mostrata nuda a lui prim'ancora di riuscire a dargli agevolmente del tu. Con meraviglia mi sorprendo a sfoderare ciò che nascondo dal resto del mondo, una sera dopo l'altra scopro la mia femminilità. Ciò che in mano altrui farebbe paura, tra le sue braccia magicamente si glorifica. Questa sottana di raso nero è fantastica per far l'amore con lui stasera. E chissà come starebbe quel reggicalze preso per capriccio da Bloomingdale's. No, vada per la sottana con gli slip abbinati.
Eccomi, una bambola di marzapane, docile, morbida, le sue mani bollenti e virili a modellarmi i fianchi e il culo, il suo cazzo ritto a spaccarmi da dietro la fica carnosa di miele, quella sua voce da crooner che mi fa impazzire sia che mi sfotta canticchiando al telefono sia che mi spari delle porcate irripetibili. Mi inginocchio sul divano, stivali con i tacchi alti e autoreggenti, mi sento tranquilla, e troia, e libera di godere e farlo godere. Vengo al suo comando, una manina a sfregar la scintilla di orgasmo dal mio clitoride, l'altra a leccarmi le dita. Mi sconvolge e mi fa sentir tremendamente femmina quando mi fa inginocchiare davanti a lui per leccargli l'uccello mentre lui se la gode sornione, seduto sul divano, me ne prendo cura ora dolcemente lappandone la punta e affondandolo al caldo della mia bocca mentre è ancora saporoso di me, ora spietata succhiando le palle tra le mie labbra, adoro si sciolga quando mi vede diligente e rapita scostare i lunghi capelli dal viso per continuare con foga, e quando sente i miei seni strofinargli le cosce. - Dove eravamo rimasti? Ah ecco, rigirati, sempre in ginocchio - . Il suo uccello intinge agevolmente il fusto nel calice del mio madido anemone, poggio i gomiti sul tavolino davanti, e nuovamente il suo ordine a raggiungere l'orgasmo, di cui devota imbocco il sentiero, spinta dopo spinta, le mie pareti si giungono attorno alla sua asta, la inguainano, la stringono. Faccio appena in tempo ad aprire gli occhi un attimo prima di perdermi ancora. Nella vetrata di fronte a noi, un chiaroscuro campito dalla luce azzurrina della tv accesa, come in un sogno d'acqua, la mia carne e le sue braccia emergono dal buio e si specchiano vaghe. Urlo il mio riverente orgasmo a lui che me lo impone. Frenesia, mi dispongo a sedere per leccarlo e accogliere il suo, di orgasmo, che mi riversa sui seni, sul ventre e sulle calze in copiosi sbaffi di denso sperma color dell'alabastro. Adoro il momento in cui lascia che gli lecchi le ultime gocce spremendole lungo l'asta, suggendogli assieme il cazzo ancora semiduro e un dito - Aver compagno al duol scema la pena - mi dice, e si congeda dal mio corpo solo dopo il mio ultimo sguardo complice.

Solo questa condizione tra me e lui: nessuna curiosità. Mi ricorda tanto - Last tango in Paris - , a malapena un nome e un cognome, non aspetto che mi chiami all'indomani, non pretendo mi risponda se lo chiamo. E men che meno posso aspettare mi risponda se affido il pensiero ad un messaggio che io possa scrivere e lui possa leggere senza censure. Siamo due esseri che non possono collidere alla fin fine, debbo solo dirgli di sì, per una volta ancora o per una dozzina chi lo sa, credere che ogni volta sia l'ultima - benché speri sempre sia la prima - und vorbei.

E allora perché la sua voce mi culla e mi sveglia a suo piacimento, perché il suo fascino da Rat Pack mi riempie l'anima, perché vorrei chiudere gli occhi mentre devo tenerli ben spalancati? Sì, devo guardare ben diritto, in avanti, se per un attimo guardassi in basso pur sapendo che rete non c'è, l'ebbrezza e la vertigine mi tirerebbero giù. Due esseri che possono collidere? Collidere non so, ma di certo possono andare molto vicini.

Dedicato.

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