Ancora oggi, quando vedo uno dei rari tram sopravvissuti al progresso cittadino, mi torna alla mente un episodio della mia lontana giovinezza, quando abitavo lontano dal centro, solo, perché Paola mi aveva lasciato.
In quel tempo, anche se ormai erano passati diversi mesi dal suo abbandono, spesso mi capitava la mattina, appena sveglio, di desiderarla con tale intensità da star male.
La immaginavo ancora calda del letto di un altro alzarsi sbadigliando per andare in bagno, le gambe lunghissime nude sotto la vecchia maglietta, naturalmente del nuovo compagno.
E nel pensarla risentivo il suo odore pungente di femmina che si è appena goduta una notte, risentivo i suoi gemiti d'amore; volavo sotto la doccia e mi ritrovavo rigido , eccitato mio malgrado.
La maledicevo, mentre la desideravo come non mai.
A volte mi masturbavo velocemente e il piacere era acuto, febbrile.
Quella mattina, stranamente, Paola non entrò nei miei pensieri.
Non subito, appena sveglio, almeno.
Arrivò appena messo piede in ascensore: un odore, un rumore, qualche cosa di magico la richiamò alla mia mente; e immediatamente il ricordo di noi due avvinghiati insieme proprio in quella scatola volante con lei che mi frugava nei pantaloni fu accecante.
Mi ritrovai rigido, ingombrato nel movimento
Abbottonai furtivamente il cappotto prima di uscire; sul portone vidi il tram arrivare, il
37 barrato, dal fondo della strada.
Sulla piazzola in attesa c'erano molte persone, come tutti i giorni.
Pensai che sarebbe stata la solita ressa, che mal predisponeva a un lavoro odiato.
Salii a stento, con lei e la sua mano dentro i pantaloni, lei, così bella da farmi star male
al ricordo e così esperta nell'arte d'amare.
Mi ritrovai pressato, non volendo, contro una spalla femminile.
Avevo sotto di me una disordinata massa di capelli scuri e un seno prosperoso che si notava attraverso la camicetta bianca di seta, in contrasto con la lunga giacca pesante nera che dato il caldo provocato dall'affollarsi dei corpi, la sconosciuta portava sbottonata.
Spostandomi un poco in avanti mi parve di notare anche i capezzoli scuri sotto il candore della stoffa e la mia erezione divenne dolorosa.
Fu allora che la sconosciuta si voltò lentamente, con il viso alzato verso di me.
Era una donna di una quarantina d'anni, robusta, con grandi labbra, occhi tondi, torpidi, senza trucco.
Mi guardò, assente, ma la lingua passò e ripassò tra le labbra socchiuse, ingorda.
Si era accorta della mia eccitazione, ne ero sicuro.
Qualcuno mi aiutò spingendomi ancor più contro la sua spalla.
-Mi scusi- mormorai, chinandomi un poco
-Di niente- rispose senza alzare il viso.
ma si accostò di più a me, ne fui sicuro.
E io presi a strusciarmi contro di lei, lentamente.
Fu allora che la vidi stringere i lembi della lunga ampia giacca intorno al corpo, come se avesse improvvisamente freddo, mentre accavallava le gambe, nel poco spazio concesso.
Poi infilò una mano sotto la giacca e io la immaginai, distintamente, intrappolata tra le cosce: si stava masturbando, non c'era dubbio.
Vedevo fuori dal finestrino passare monumenti, viali alberati, uomini e donne che
si affrettavano come formiche: ma tutto quello che mi interessava in quel momento erano quelle dita che frugavano una carne sconosciuta per me, eccitata dalla mia erezione.
Lei iniziò con movimenti impercettibili della spalla ad accarezzarmi, quasi volesse farmi posto virtualmente dentro di lei con quel movimento ...
-Oddio -pensai con il respiro corto-il pozzo e il pendolo, quando la lama taglierà la cinghia?
ancora un poco e vengo-
Ci fu un improvviso scossone, una brusca frenata: allora la donna repentinamente si voltò, sballottata contro il mio ventre, e con la bocca fu sulla mia rigidità: in quell'attimo, son sicuro, raggiunse l'orgasmo.
Ebbe un sospiro lungo, mascherato da un colpo di tosse, mentre lo sguardo vagava, assente. Poi:
-Mi scusi, devo scendere, con tutta questa gente, mi preparo prima...-
Per un attimo si appoggiò tutta a me, infilò velocemente la mano sotto il cappotto e mi afferrò il sesso.
Bastarono due movimenti convulsi suoi e un altro scossone del tram per farmi venire e morire insieme, visto il piacere che per qualche secondo mi precipitò nel nulla.
Poi mi lasciò senza guardarmi e si diresse spintonando all'uscita.
Non era quella la mia fermata; mi accomodai a sedere con un sospiro.
Morgause