E' l'una di notte, arrivo a casa stanca della serata: una cena importante e noiosa, con tanti inutili sorrisi accompagnati da esposizione intenzionale di tette e gambe e dimenar di chioma a cui sono stata obbligata perché:
-Senti Fede, abbiamo bisogno di quel finanziamento; quei babbioni ti sbavano dietro e tu ci sai fare se vuoi. Mica devi andarci a letto, solo fargli intravvedere un po' di paradiso-
E' il mio capo che parla, e ci son ordini a cui non conviene disubbidire, per ora almeno.
Non è andata proprio così liscia, ma l'investimento è cosa fatta e la mia brillante futura carriera si sta seriamente consolidando.
Già, e allora perché, dopo l'euforia iniziale che sempre mi prende quando un colpo mi va a segno ora che sono arrivata a casa mi sento così scontenta, irritata, sola?
E mentre mi libero dei sandali scalciando e di altra paccottiglia che getto su una poltrona mi vien da pensare se è giusto che una ragazza debba studiar tanto e impegnarsi a lottare con le unghie e coi denti per poi ridursi, in alcune occasioni, a una specie di coniglietta di play-boy.
Non è che forse mi conveniva iniziar un'altra carriera dieci anni fa?
Perché non tocca mai a un maschietto mostrare il bel deretano?
Forse dovrei telefonare a Cesco, farlo venir qui, ma poi che gli dico? tanto non posso raccontargli nulla della serata, per cui...
Meglio andare a dormire, è tardissimo.
Vado in camera da letto e mentre mi accingo a chiudere l'ampia serranda che da sul balcone lo sguardo finisce sul palazzo di fronte: al livello della mia finestra se ne apre una simile e dietro i vetri, eccolo lì l'amico guardone.
Da un mese a questa parte, quasi tutte le sere, me lo ritrovo a spiarmi; la distanza tra di noi non è poi molta, questa strada è stretta; mi pare abbastanza giovane, anche se non son mai riuscita a distinguere chiaramente i tratti del viso.
Stranamente non ho chiesto in giro chi possa essere, sarebbe facile avere queste informazioni.
Il fatto è che non me ne importa molto che lui sia lì a spiarmi, mi limito a chiudere la serranda e buona notte; del resto non sono mai stata importunata con telefonate, lettere, o in altro modo.
Di solito sta seduto a un tavolino a lavorare con un portatile o almeno così mi è parso di vedere.
Come la mia camera si illumina lui si alza e si avvicina alla finestra.
A volte esce anche sul balcone.
Mai un gesto, un segnale, nulla.
Ma stanotte è diverso, come faceva a sapere che sarei stata qui a quest'ora così tarda?
Un brivido mi scuote, gli inglesi direbbero che qualcuno sta camminando sulla mia tomba. Poi, non so perché, mi prende la voglia di offrire al mio voyeur uno spettacolino gratis.
In fondo terminare con lui a puro scopo benefico un lavoro già iniziato con altri intenti non è una cattiva idea.
Ma sì facciamogli veder bene tutto a questo povero maschio solitario, procuriamogli un bell'orgasmo, magari lui è giovane, con qualche problema, ma giovane, santo cielo non ho mai desiderato come ora un po' di carne fresca.
Diamoci da fare, il pubblico aspetta.
Comincio con l'aprire bene le tende, poi faccio partire la canzone a mio parere più erotica che sia mai stata composta, La Decadance, cantata dal duo Birkin-Gainsbourg.
La musica è importantissima per entrar nel personaggio e su di me ha effetti imprevedibili.
Quindi, bene in vista dietro la vetrata, muovendomi con studiata lentezza, inizio a far scivolare il vestito nero dalle spalle ( comincio a divertirmi, chissà, forse avrei dovuto fare davvero la spogliarellista di professione).
Ora i miei seni a poco a poco si scoprono, fino a che sono completamente nudi: li prendo in mano, avvicinandoli l'uno all'altro, solleticando i capezzoli.
Mi accorgo che mi sto eccitando, sento un gran calore tra le gambe pensando a lui dall'altra parte della strada che mi sta osservando: è lì, immobile, le mani in tasca, in attesa.
Allora mi avvicino di più al vetro e premo con forza i seni contro la gelida superficie: il freddo contatto mi provoca un brivido, piacere e dolore insieme; chiudo gli occhi e immagino l'eccitazione dello sconosciuto che si trasmette a me, in una corrente sotterranea. Molto lentamente, contorcendomi, faccio scendere il vestito fino in fondo ai piedi.
Resto in slip, un velo nero trasparente, e autoreggenti in tinta; con mano distratta tocco qualche riccioletto del pube che sfugge al pizzo delicato, guardo di fronte con intenzione e sorrido allo sconosciuto che rappresenta tutto il mio pubblico; poi tolgo anche lo slip, allargo leggermente le cosce e premo di nuovo con forza contro il vetro i seni, il ventre e il sesso che, divaricate un poco le gambe, dovrebbe sembrare uno strano fiore schiacciato roseo e nero al di là del cristallo.
Il freddo mi punge l'inguine aperto, intrufolo una mano e inizio a carezzarmi, con studiata lentezza mentre abbraccio ancor più forte la gelida superficie.
Apro gli occhi e guardo dall'altra parte, lui è lì sempre immobile.
Mi prende la curiosità di sapere se gli piace lo spettacolo, se il signore è soddisfatto, visto che è anche gratis, quando suona il cellulare, sopra il letto; mi risveglio all'improvviso dalla mia ipnosi erotica e so con certezza che è lui, al telefono, infatti:
-Fede, ti stai divertendo, vero? e magari pensi a me- la voce è giovane, bassa, curiosa, ironica direi, una pausa poi riprende:
-Pensami, pensami tanto; guarda tesoro , non è la mia mano, è la tua che mi sta toccando, ora è la tua bocca, hai delle labbra splendide, le tue labbra che mi ingoiano, le vedo, rosse, brillanti-
-Aspetta, dimmi che cosa mi faresti, se fossi qui, dimmelo- sussurro concitata, intanto le mie dita annaspano in una umidità calda e densa.
-Quello che ho pensato di farti da un mese a questa parte, ti mangerei tutta, ti leccherei con amore, devo rallentare, ora voglio venire con te, e poi, dopo, entrarti dentro, lentamente, cosa deve essere affondare in quel burro liquido e caldo, ma poi mi fermerei per abbracciarti, Fede, baciarti, esplorarti la bocca con la lingua che sa di te, morderti il collo, e morire dal piacere-
Un grido mi riempie l'orecchio, la voce del suo orgasmo; ed è come se davvero fosse dentro di me, a bagnarmi con il suo seme, come se avessi la sua bocca sulla mia, perché vengo anche io, e lui mi sente dentro il telefono.
Rimango per un po' con gli occhi chiusi mentre:
-Come ha avuto il tuo numero di cellulare, chiediglielo- insiste una vocina nelle nebbie del mio cervello.
Intanto il respiro dello sconosciuto si fa regolare, poi:
-Mi chiamo Giovanni, abito qui da poco, e tu mi piaci un casino; che ne diresti di continuare a distanza ravvicinata?-
-Per quanto ne so, potresti anche essere un serial killer; hai il mio cellulare e sai il mio nome, ci conosciamo?-
-Io frequento molta gente, tu altrettanto, è facile- la voce ora è un poco stridula e soprattutto mi pare quasi di conoscerla -dai, da me o da te, non ti eccita l'avventura?-
Eccome se mi eccita, l'ignoto per me è spesso il più potente afrodisiaco, e lui lo sa, credo sappia molte cose di me.
Sì ne sono sicura, non si è limitato solo a spiarmi dalla finestra.
Continua:
-Vengo io da te, ma Fede, resta così, tieni le calze, quelle te le tolgo io, adoro il fruscio che fanno a contatto di una pelle liscia e vellutata, nylon e pelle, l'uno contro l'altra, a tra poco allora, conosco tanti giochi, vedrai, ti farò divertire, non ti annoierai come alla cena di questa sera-
Son le sue ultime parole a farmi uscire dal torpore di questa specie di sogno, spengo di scatto il cellulare e lo getto sul letto come se fosse arroventato.
Ho paura, ma è una paura strana, mista a eccitazione.
Resto un attimo immobile poi decido il da farsi: lui non è più dietro i vetri.
Chiamo Cesco, spero si svegli subito.
E' così, controllo la voce e gli chiedo di venir da me, perché sono spaventata, accenno alla telefonata e al guardone. La mia richiesta è talmente insolita da farlo arrivare in un attimo.
Nel frattempo sono stata con la schiena appoggiata alla porta d'ingresso, in ascolto.
Ma nessuno si è fatto vivo.
E quando Francesco arriva mi dice che la strada è deserta, manco un'anima in giro a quell'ora.
Gli fornisco una sommaria versione dell'accaduto, naturalmente censurando tutta la parte relativa alla mia esibizone, personale sconsiderato omaggio allo sconosciuto.
-Domani pensiamo subito al cellulare, stai tranquilla, e io mi trasferisco da te per qualche tempo. Mi pare sensato, che ne dici? Intanto andiamo a letto, che è meglio, domani si lavora-
-Sì, hai ragione- rispondo accoccolandomi tra le sue braccia.
Ma quando mi infila una mano tra le gambe e mi accarezza invece di ricordargli che tra poche ore dobbiamo alzarci gli imprigiono le dita tra le cosce frugandogli il grembo e mentre lo bacio non posso far a meno di pensare a come sarebbe se nel mio letto ora ci fosse l'altro.
Morgause