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Racconto n° 4373
Autore: Nut Altri racconti di Nut
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Quella giornata
Dormiva sdraiata sul ventre quando sentì contro la pelle il fremito del cellulare impostato su - silenzioso - e - vibrazione - . Insinuò la destra tra il lenzuolo e il suo corpo finché lo ebbe stretto in pugno e, accertatasi di essere sola a letto, premette il pulsante di apertura all'ascolto.
Con voce bassa e ancora impastata di sonno sussurrò: - Pronto -
- Amore mio - fu la risposta dall'altra parte.
- Oh! - fece lei sentendosi percorrere da un brivido.
Un breve silenzio, poi la voce maschile riprese: - Guarda dalla finestra. Poi vieni da me. Ti desidero. Tanto. Ti aspetto. -
- Sì - disse lei e chiuse la comunicazione.

Si stirò, sollevando le braccia, poi si alzò dirigendosi verso la finestra e tirò su la tapparella.
La sorpresa le strappò un grido di stupore. Bianco! Era tutto bianco lì fuori. L'abbondante nevicata notturna aveva compiuto la magica trasformazione del mondo in un candido scenario intatto.
Lei ne fu elettrizzata. Sorrise al nuovo giorno e di nuovo sentì un brivido di eccitazione. Ma anche di freddo... poiché era nuda, dato che così era solita dormire.
Allora si volse verso l'armadio per trarne una morbida vestaglia di cashmere e vide riflessa negli specchi delle ante la sua elegante figura.

Era felice, sì, felice di una felicità splendente di bianco e impostata sulla voce di lui, da cui voleva volare subito, subito.
Frenetica, cominciò a rovistare fra gli abiti e nei cassetti. - Cosa mi metto? Cosa mi metto? -
Ma poi rise tra sé: - C'è la neve, dunque che cosa va meglio di indumenti da sci? -
La calzamaglia e il body in microfibra le aderivano come una seconda pelle e lo specchio le rimandò l'immagine conturbante del suo corpo con tutte le forme in evidenza.

Fece un giro della casa per accertarsi di essere sola. Suo marito quella mattina doveva recarsi all'aeroporto... sperò che non fosse chiuso a causa della neve: ciò avrebbe comportato uno spiacevole cambio di programma per lei, che aveva atteso con impazienza questa giornata di libertà da trascorrere con LUI.
Una telefonata la liberò dalla sua preoccupazione: le piste erano state sgombrate e le condizioni atmosferiche consentivano voli regolari. Salutò il marito con un'effusione maggiore del solito, augurandogli buon viaggio.

In bagno non perse tempo a truccarsi, si passò la spazzola fra i capelli, stese sul viso un'abbondante dose di crema idratante, si diede solo un tocco di rossetto alle labbra, si spruzzò la sua solita colonia. Poi indossò un lungo cappotto di pelliccia e un paio di doposci e uscì di casa.
La sferzata di freddo le colpì il capo e il viso, ciò che la indusse a frugare nelle tasche alla ricerca di una berretta di lana che ricordava vagamente di averci messo tempo prima, la trovò e se la calcò in testa nascondendovi sotto la fronte e i lunghi capelli biondi.
Si guardò specchiandosi in una vetrina di Via Dante. - Adesso sì che la sua tenuta era completa! – pensò infilandosi i guanti.

Gli spazzaneve erano già in funzione ma alcuni tratti di strada non erano stati ancora liberati e proprio lì, nella soffice coltre lei camminava, godendo nell'affondare i passi nella neve fresca.
Si sentiva leggera e cantava dentro di sé, pensando a lui. Passanti frettolosi la sfioravano, due o tre uomini si voltarono a guardarla, colpiti dalla sua espressione gioiosa.
Avevano programmato quella giornata tutta loro con grande cura. Lui le aveva detto che l'avrebbe resa indimenticabile.

Presto fu in Piazza Duomo e da lì, addentrandosi per altre vie, giunse rapidamente a destinazione. Il severo portale del palazzo antico si aprì quando lei compose il codice noto.
Anche il giardino interno – notò – era tutto splendente di un bianco soffice e lei si fermò un attimo ad ammirarlo. Poi prese a salire le scale, che aveva sempre preferito all'ascensore, per via dei loro gradini bassi e comodi e fu sul pianerottolo.
Non aveva ancora staccato il dito dal campanello che la porta fu spalancata e lei fu avvolta da un abbraccio che le tolse il fiato.
Lui le affondava il viso nei capelli, nell'incavo del collo, ricoprendola di baci veloci e fitti come gocce di pioggia, intervallandoli con parole sussurrate all'orecchio: - Sapessi come ti desidero... stanotte mi sono accarezzato pensando a te... sei stato il mio primo pensiero stamattina... senti! - E così dicendo le prese la mano e la appoggiò sul suo membro.
Lei lo sentì eretto e rigido attraverso la stoffa dei calzoni e rise, mentre con l'altra mano si toglieva la cuffia dal capo.

Poi si allontanò da lui e si levò la pelliccia. Fece una giravolta su sé stessa perché lui ammirasse la sua silhouette, mentre scuoteva i capelli un poco arruffati dalla cuffia e lesse nei suoi occhi lampi di apprezzamento.
- Vorrei fotografarti in questa tenuta minimalista - le disse e andò a prendere la fotocamera.
Trascorsero del tempo così, spensierati, ad ideare pose e giochi di luci: lei appoggiata ad una consolle, lei nell'arco della finestra, seduta sul bracciolo di una poltrona, sdraiata sul tappeto, in piedi sul tavolo fratino, il viso nascosto dai capelli, il corpo di profilo contro uno sfondo chiaro... sempre in calzamaglia e doposci, finché lui le disse: - Ora senza questo body. -

Posò la macchina fotografica, le si avvicinò e cominciò a spogliarla. Lei lasciava fare, morbidamente appoggiata a lui. Dapprima le fece alzare le braccia e slacciandole il body sotto il pube, che toccò con una fugace carezza, glielo levò sfilandoglielo dalla testa.
I seni si sollevarono, spinti in su dalla stoffa e poi ricaddero in tutta la loro opulenza. Lui non potè trattenersi dal baciarli, prendendo in bocca i capezzoli mentre lei ripiegava la testa all'indietro.
Era eccitata e sentì un fiotto bagnato sgorgarle da dentro, mentre lui le tirava giù la calzamaglia, fermandosi sui polpacci, là dove i doposci impedivano che scendesse oltre.
Allora la condusse al tavolo, la sollevò prendendola per i fianchi e la fece sedere sull'orlo.
Poi la liberò dei doposci e così potè levarle la calzamaglia. Ma, con sorpresa di lei, le rimise le calzature sui piedi nudi.

- Sei meravigliosa - disse con voce bassa, impastata di desiderio, con gli occhi lucidi fissi in quelli di lei, sempre più presa dal gioco.
- Voglio rifare tutte le foto di prima come sei ora. -
La temperatura nella casa era alta e lui si liberò della camicia e dei calzoni mentre scattava foto su foto e poi della canottiera e delle calze. Gli slip glieli tolse lei, mentre gli passava accanto per andare a sedersi di nuovo sul tavolo.
Qui tirò su le gambe, avvicinando le ginocchia al corpo e divaricò le cosce, puntellandosi coi piedi all'orlo.

Egli la inquadrò e fotografò da diverse angolazioni la fica lucida di succo, di un rosa intenso e turgida, socchiusa come una bocca ardente di desiderio, percorsa da leggeri fremiti voluttuosi e mentre scattava sentiva indurirsi sempre più il suo membro e una voglia struggente invaderlo, così che alla fine si ritrovò quasi tremante, seduto davanti al suo oggetto d'amore, in una adorazione muta, in un rapimento che non aveva mai provato prima.

Si guardavano senza toccarsi, senza parlare, pervasi da un'emozione nuova e sconosciuta, finché lei allargò ancora di più le cosce e cominciò a titillarsi il clitoride e le labbra con le dita.
Spargeva l'abbondante succo, picchiettava, poi girava in cerchio con rapidi sfregamenti, poi sfiorava, poi alternava a questi gesti l'introduzione delle dita.... Egli guardava, affascinato, e si toccò la verga eretta, sentendola dura come una pietra sotto la sua mano.
Allora, senza nemmeno accorgersene, con entrambe le mani si afferrò il cazzo e cominciò a scorrere su e giù con le dita, scoprendo il glande che emergeva infuocato e gonfio, sulla cui punta una minuscola goccia di umore brillava come una perla.
E lui la usò per irrorarsi l'asta su cui le dita passavano veloci, sempre più veloci, accelerando il moto e poi la strinse in pugno mentre con l'altra mano si prendeva i testicoli, sempre guardando le dita di lei che lavoravano sulla fica lucente, come su uno strumento musicale.

Lei, infilandosi tre dita dentro la vagina, le girava, mentre col pollice contemporaneamente si picchiettava il clitoride, gli occhi socchiusi fissi sul cazzo di lui e sulle sue mani, la bocca semiaperta, ansimante di sospiri e di gemiti, in preda alla voluttà più sfrenata.
Questo spettacolo faceva andare lui fuori di testa, lo eccitava ad un punto tale che giunse all'estremo limite del piacere più per ciò che guardava che per ciò che faceva, e venne.
Il primo getto giunse improvviso e lei gridò che lo voleva per sé. Lui diresse ciò che restava dello schizzo sui genitali di lei, e quelli successivi sui seni, sul viso.
Leccandosi intorno alle labbra lei gemeva e sussultava tutta nell'orgasmo e abbracciò l'amante mettendo la sua lingua nella bocca di lui.
Rimasero così, avvinghiati, persi in un piacere che pareva trasfondersi continuamente da uno all'altro dei loro corpi.

I baci profondi delle lingue prolungavano gli spasimi dolcissimi del ventre, lo sperma sui seni di lei li faceva aderire, quasi incollandoli, al petto di lui, le mani di entrambi accarezzavano i glutei una dell'altro, premendoli contro il proprio corpo.
Così allacciati, inciampando continuamente nei propri piedi, si diressero alla sala da bagno.
Mentre la grande vasca dell'idromassaggio si riempiva, lui si chinò a levarle i doposci e lei rise: - Cominciavo a pensare che mi facessi entrare nella vasca con gli scarponi ai piedi! –
Era così rilassante adagiarsi nell'acqua tiepida, spumeggiante di bolle e profumata di sali! L'odore di menta e di rosa aleggiava nella stanza potenziato dal vapore e loro, distesi una di fronte all'altro, si accarezzavano ovunque coi piedi, ridendo al contatto.

Il trillo di un cellulare li fece sobbalzare. Guardando nella direzione da cui proveniva il suono, lei si stupì: non aveva portato il suo telefono in bagno... poi guardò lui che sorrideva ammiccando e capì che aveva posto riparo alla sua dimenticanza. Era importante tenere sempre il telefono a portata di mano in certe circostanze.
Lo prese in mano e premette il tasto verde: - Sì? –
- Dove sei? Ho chiamato al telefono ma non hai risposto – disse suo marito – sono appena felicemente atterrato. –
- Oh, caro, mi dispiace! Mi trovo nella vasca da bagno e non ho sentito il telefono di casa. Più tardi dovrò uscire, meglio che mi chiami sul cellulare. Ti auguro una buona e proficua giornata. -
- Grazie, a stasera. –
- A stasera, caro. –

Mentre parlava, lui aveva preso a stuzzicarle coll'alluce il pube e le labbra e lei aveva dovuto fare appello a tutto il suo autocontrollo per non dare inflessioni voluttuose alla sua voce; ora, messo giù il telefono, si buttò su di lui e giocando fingeva di volerlo affogare premendo con entrambe le mani sulle sue spalle per mettergli la testa sott'acqua.
Ne derivò un corpo a corpo nel corso del quale metà dell'acqua della vasca finì sul pavimento del bagno, poi uscirono dalla vasca e proseguirono il gioco leccandosi a vicenda l'acqua che scendeva in rivoletti sulla pelle.
A lei piaceva molto baciare, leccare e succhiare i capezzoli di lui che andava pazzo per questa cosa e infatti l'effetto immediato fu un notevole inturgidimento del sesso, tanto che avrebbe volentieri dato inizio ad un nuovo e più rovente gioco, ma lei disse: - Hai visto che ora si è fatta? Io direi di pranzare! –
Perciò si misero gli accappatoi e andarono in cucina.

Lei pensava che avrebbero cucinato qualcosa insieme e aprì il frigorifero per guardare che cosa si poteva rimediare con le provviste presenti, invece vide dei pacchettini ben confezionati, che recavano il nome di un noto ristorante e fu piacevolmente sorpresa che lui avesse provveduto anche a questo.
- Paté de foie gras e caviale Beluga! – Lei stava già pregustando i suoi antipasti preferiti.
Lui trasse dal balcone spruzzato di neve una bottiglia di Veuve Clicquot e la mise in un secchiello di ghiaccio, poi portarono tutto in sala da pranzo.
Lei prese da un cassetto della credenza una tovaglia color panna, grondante pizzi e ricami, mentre lui levava da uno stipo dei calici di cristallo e delle posate lucenti e apparecchiarono il tavolo sul quale nella prima mattina lei si era seduta.

Stava per sedersi, stavolta sulla sedia accanto a quella di lui, quando si sentì afferrare per la vita. Lui le sciolse la cintura dell'accappatoio e glielo fece scivolare dalle spalle a terra. Poi la sollevò prendendola fra le braccia e l'adagiò, nuda, sulla tavola.
- Non ti sei accorta che mancano i piatti? Voglio servirmi direttamente dal mio piatto di portata – e così dicendo prese a distribuirle sul corpo le vivande: i crostini di pane imburrato lungo le cosce, la coppetta del caviale sull'ombelico, le fettine di paté nell'incavo fra i seni, mentre le raccomandava di non muoversi, che avrebbe provveduto lui a nutrirla.
Lei rideva e la sua risata faceva sobbalzare i seni e il paté, mentre alcuni crostini scivolarono dalle cosce.

Egli con molta serietà cominciò a mangiare, spalmando il caviale su due crostini, uno per sé e l'altro per lei, ma poiché le risultava impossibile mangiare così supina, le mise come rialzo un
grosso cuscino del divano sotto il capo e le spalle. Poi stappò lo champagne e brindò con lei.
Da qui in poi non sorsero altre difficoltà. Lui si beava della vista del corpo sensuale di lei, la guardava mangiare con evidente piacere e ogni tanto l'accarezzava sfiorandole le cosce, i fianchi, il ventre. Quando l'ultima fettina di paté fu terminata, lui ripulì con la lingua l'incavo fra i seni. Leccò via anche le bricioline di pane dalle cosce e poiché questo gioco di lingua aveva prodotto l'effetto di provocarle una abbondante secrezione, immerse le dita nella fica di lei, fingendo di volersele pulire nella vaschetta di acqua profumata.

Lei era estasiata dall'inventiva di lui. Era un amante meraviglioso, pieno di voglie, di curiosità, di fantasia. L'amore con lui era un continuo caleidoscopio di esperienze straordinarie, tessute su giochi che producevano stupore e un'intima complicità e che nascevano improvvisi dalla mente di entrambi, uniti dallo stesso intento di piacere e di interpretazione dell''eros.
Ora sentì il desiderio di guardare anche lei il suo amante nudo, mentre mangiava.
Si alzò, tra le proteste di lui e gli tolse l'accappatoio così come lui aveva fatto prima con lei.
Così nudo andò in cucina a scaldare l'anatra all'arancia nel microonde e la portò in tavola.
Lei sedette dall'altra parte del tavolo, di fronte a lui. Poteva così ammirarne le braccia muscolose, le spalle forti e il torace glabro e asciutto. Tutto il suo corpo era armonioso ed elegante, dalle gambe tornite alle cosce piene, al ventre piatto, alle natiche sode... Era proprio bello – pensò lei – e così innamorato!

Il tavolo era lungo e stretto e lei, mentre mangiavano, allungò una gamba e comiciò ad accarezzare col piede i piedi di lui. Poi risalì lungo una gamba, indugiò sul polpaccio, giunse alla coscia sentendo la carne calda di lui. Andava su e giù col piede, quasi in sincronia con la masticazione e lo guardava socchiudere gli occhi. Poi fece scivolare il piede sul pube di lui.
Bastò un lieve sfioramento perché il cazzo si rizzasse indurendosi. Lo sentiva bollente sotto le dita e la pianta del piede che continuava ad andare su e giù, finché toccò il glande coll'alluce.
Allora lui scivolò sotto la tavola e si buttò con la bocca sulla sua fica.
Baciava, succhiava, premeva, leccava, irrorava di saliva e succhiava di nuovo, baciando e carezzando con la bocca le labbra e il clitoride, immergendo le dita e la lingua nella fica, finché lei gemette e gridò e allora la tirò giù, sotto il tavolo, e stesala per terra, si mise a cavalcioni su di lei e immerse il cazzo nella sua bocca.

Lei lo avvolse con la lingua, lo riempì di saliva, lo rigirò premendolo contro le guance, contro il palato, contro i denti, lo leccò da sotto in su e lo succhiò da sopra, scoprendo il glande, mentre sentiva lui che ansimava.
Fu allora che egli si strappò dalla sua bocca per immergersi nella fica gonfia e bagnata, pompando forsennatamente, uscendo quasi del tutto da lei per poi penetrarla di colpo, spingendo e ritraendosi per cercare di stimolare la parte anteriore, iniziale del sesso di lei, per farle provare più piacere. Per fare questo, rotolò con lei, abbracciandola forte, in modo che lei si ponesse sopra e potesse più agevolmente cavalcarlo, cercando il suo godimento.
E quando la sentì gemere nel piacere, intensificò il suo premere. Lei emetteva piccoli, bassi suoni gutturali finché sgorgò un breve getto di un liquido trasparente e fu percorsa tutta da una serie di brividi, pulsazioni orgasmiche ripetute e continue che la sfinirono e si abbattè su di lui ansimando.
E allora lui, pazzo di desiderio, si levò da sotto e sorreggendole il ventre, si mise dietro di lei e le allargò i glutei con le mani bagnate di saliva e infilò il cazzo fremente nel luogo segreto, risalendo fin nelle viscere della donna amata, finalmente dominata, posseduta fino in fondo, finché mugolando, sfinendosi la riempì completamente del suo liquido piacere.

Giacevano immobili sul tappeto sotto il tavolo fratino, tenendosi le mani.
Strisciarono fuori e baciandosi, allacciati, si diressero verso la camera da letto. Stretti l'uno all'altra scivolarono sotto il piumone, i corpi incollati, le mani che accarezzavano incessantemente, le bocche che mischiavano baci e parole sempre più rade.
Lei volse lo sguardo all'orologio luminoso sul comodino e vide che segnava le quindici. Poi entrambi cedettero al sonno.

Lei era avvolta da una sensazione gradevolissima di intenso piacere quando tornò lentamente alla coscienza: lui le stava leccando piano i capezzoli, che si erano rizzati e induriti provocandole una forte eccitazione. Come si avvide che aveva aperto gli occhi, le sussurrò:
- Buonasera! – e continuò a leccare, ma poco dopo prese a succhiare forte e ciò le provocò tanti spasmi nel ventre, fitte di piacere che la fecero bagnare di nuovo.
Le nacque dentro una voglia incontrollabile di avere lui nella sua bocca e di stare nella bocca di lui: – Voglio fare un 69 –

Fu subito accontentata. Lui aveva un modo speciale di baciare ed eccitare il clitoride. Introduceva le dita nella fica a cercare nella parete anteriore quel punto che toccato, le procurava sensazioni divine, mentre con la lingua e la mucosa delle labbra lavorava il clitoride, picchiettando, succhiando, lisciando, cospargendo di saliva per poi suggerla via... le toglieva la capacità di connettere, la faceva morire di desiderio.
Il desiderio la spingeva a fare altrettanto con lui, a lavorare con la lingua la base dell'asta, il perineo, lo scroto. Risucchiava lentamente in bocca un testicolo alla volta, stringendo dolcemente le labbra, poi lo rilasciava e leccava, inondandolo di saliva. Poi la succhiava via, carezzando con la mano piena lo scroto, stringendo il cazzo alla base, facendolo gonfiare e mettendo allo scoperto il glande.
Allora con la punta della lingua picchiettava il frenulo delicatamente e a questo punto lui mugolava e la incitava e lei dava succhiate potenti e poi si abbandonava tutta alla bocca di lui...
Anche questa volta fu così e si fermarono solo un attimo prima di godere, per prolungare il piacere.

Lui si sedette sopra il piumone, con le ginocchia flesse, aprendo leggermente le gambe. Era bellissimo, attraente e il suo membro eretto svettava, nella sua trionfante virilità.
Lei sapeva come mettersi. Si pose a cavalcioni di lui, sfiorandogli la bocca con la sua e sedette sopra il suo cazzo, infilandoselo dolcemente, piano piano, nella fica. Poi cominciò a dondolare.
Il moto di un pendolo. O di un metronomo. Un'oscillazione lenta che acuiva il piacere, potenziandolo. Erano già infiammati da prima, ora si divoravano con le bocche aperte, con le lingue guizzanti, si mordevano le labbra, accelerarono il ritmo che divenne rapido e forsennato, si sbatterono con forza, gemettero e gridarono l'uno nella bocca dell'altra, si avvinghiarono e rotolarono insieme sul letto e giunsero insieme al culmine del piacere, tremanti, svuotati.

Dopo, i baci furono di una dolcezza estenuante. Egli andò di là a prendere la bottiglia di champagne e invitò lei a consumare il vino rimasto in un modo speciale con uno speciale brindisi. Sdraiati nella vasca, ormai svuotata dell'acqua, versarono un poco di champagne nella concavità del ventre, e bevvero ognuno dall'ombelico dell'altro, brindando alla loro splendida lussuria, poi con molte risate usarono il resto per detergersi il sesso che si asciugarono reciprocamente con le lingue.

Ormai era giunta la sera e con la sera il momento di separarsi. Si rivestirono, lei si rimise i doposci e sorrise mentre li infilava. Lui le mise in mano il cellulare invitandola a chiamare il marito. Poi l'accompagnò per un tratto di strada fin dove la prudenza sconsigliò di proseguire.
Lei gli rivolse uno sguardo d'intesa prima di svoltare l'angolo della sua via.
La neve del mattino era quasi del tutto scomparsa. Ancora un centinaio di metri e fu a casa.

Nut

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