Satolli, dopo un pranzo lento ed inframmezzato di domande e risposte, eravamo usciti da quella locanda. Cominciava il Percorso condiviso, dopo gli innumerevoli cenni del capo, accompagnati da pudichi sorrisi e difficoltà di respiro o deglutizione, ero Ben certo che Alice era Realmente la Mia schiava. Fresca, virginale, curiosa, timida, perversa, sensuale, imprevedibile: era Lei, la Mia Alice.
La presi per mano per portarLa nel luogo dove avrebbe potuto respirarMi in silenzio. Una salita impervia, ostacolati da raggi del sole caldi e brucianti. La sua pelle, elegantemente diafana, era rossa per le sensazioni forti di averMi accanto; il pulsare della luce aveva lo stesso effetto del lento ruscello, impetuoso e dolce, sul ciottolo riverso delicatamente esposto ed adagiato nel suo letto.
Voleva indossare gli occhiali per proteggere gli occhi colore del cielo. Proposi altro, come Mia abitudine: essere guidata, mano nella mano, per la strada ad occhi serrati, affidandosi completamente.
Intanto ne verificavo l'eccitazione, strattonando la punta dei seni a forma di piccolo calice. Bottoni che si eccitavano e sformavano la linea della maglietta aderente. Duri e sodi fra le Mie dita, arrendevolmente disponibili.
Il frastuono del clamore cittadino si attutiva, ovattando poco per volta i rumori molesti. Spariva il gorgoglio delle lingue dei mille turisti, lo scoppiettio degli scooter guidati da adolescenti sempre di corsa. Le macchine ed il loro noioso e ripetitivo frastuono erano solo un ricordo.
Silenzio. Ed, altro, cominciava a farsi suono. Il cinguettio degli uccelli, la voce del vento che attraversava le fronde di alberi maestosi, il calpestio dei nostri passi ritmico e cadenzato.
E, dopo i suoni, ecco gli odori. Umidità raccolta nell'aria, odore di bosco, sapore di erba tagliata, assenza di inquinamento. I polmoni si aprivano lieti e avidi della novità.
Le uniche sensazioni tattili per la Mia Alice, costretta a palpebre serrate, erano i chiaroscuri dovuti ai forti e decisi raggi solari che penetravano fra i folti rami, donando sulla pelle schiaffi di calore alternati a carezze di gelo.
Ti feci sbattere contro l'angolo della panchina e, seduta, Ti feci aprire gli occhi.
La bocca si spalancò gioiosa, ebbra del luogo, Piena di Me.
Finalmente, dopo tanta attesa, scoprivi il Paradiso che ti Avevo Promesso per giorni. Ti avevo portato nel cuore della città, uno spazio immerso in un bosco, celato all'interno delle mura cittadine. Come un animale domestico che viene liberato dopo giornate di costrizione in casa, annusavi l'erba circostante, Ti facevi carezzare dalla brezza calda che raggiungeva i Nostri visi.
Subito, senza farTi assuefare all'aroma, Ti chiesi di togliere le comode scarpe da ginnastica e le calze sportive; Ti avevo richiesto di camminare scalza sul prato appena rasato. Come capretta, deliziosamente curiosa, cominciasti ad esplorare la zona attorno alla comoda panchina lignea, teatro di amanti frettolosi, di litigate furiose o di battibecchi familiari.
Sorridevo, vedendoTi libera e felice di eseguire ogni Mia richiesta. Dovetti farTi tornare, come una cagnetta libera dal collare, scorazzavi a destra ed a manca, marcando con il Tuo respiro il territorio che Ci circondava.
E, rapido, comincia a sedurTi con le parole. Era il luogo adatto. Avevo necessità di confermare ogni Mio dubbio, pur remoto, la Tua consapevolezza era dettata da un periodo che si era protratto per settimane con continue attenzioni da parte di Entrambi. Finalmente eravamo vis a vis per poter parlare di quello che sarebbe stato. Riconsiderare voce su voce il Nostro Rapporto così speciale: una disparità di Ruoli complementari che si sarebbero fusi nel giro di qualche manciata di secondi.
Come in un formale contratto, chiesi, scandendo ogni singola sillaba: - Mia Alice, Sei sicura che Vuoi esserMi schiava ?" Era una domanda né retorica, né scontata.
Una richiesta che prevedeva un impegno notevole da parte di Entrambi.
Affidarsi, donandosi completamente, senza alcun limite è Ben raro come offerta che si può fare a terzi. D'altra parte, prendersi la responsabilità, completa e totale, della Vita di una persona che si accoglie sotto la propria protezione è un impegno gravoso e ricorrente.
Entrambi eravamo Ben certi di quello che Volevamo.
Al Tuo assenso Ti chiesi di cambiarti; al posto dei Jeans, la gonna, al posto delle scarpe comode i tacchi alti. Aggiunsi: - Senza intimo - . Così Volevo. Le seducenti culottes nere le sfilasti con pudore e regalando un nuovo rossore alle Tue guance, fu solo un attimo, poco dopo sorridevi sorpresa.
Camminare con la gonna svolazzante e senza nulla sotto per qualche chilometro era un Mio modo per anticiparTi il Mio Piacere di esporTi. Solo il Tuo Padrone conosceva cosa indossavi sotto: Nulla. Ogni tanto sfioravo i Tuoi glutei, che sentivo, sodi, muoversi senza nulla attorno. Lo stesso facevano i capezzoli, tormentati a turno.
Intanto, le scarpe eleganti mordevano i Tuoi talloni, costringendoTi ad una camminata sofferta ed innaturale. In punta di piedi trovavi la posa meno dolorosa. E, in quella posizione, il fondoschiena era ancora più seducente ad ogni movimento.
Mi chiedesti di togliere le scarpe e proseguire scalza, Tanto era il Mio piacere che negai la richiesta. In albergo, andrai scalza, Ti sussurrai.
Il sole pomeridiano bruciava le Nostre fronti. Avevo indossato un completo primaverile nero ed elegante con una camicia celeste, Mi sentivo sciogliere per le Emozioni che Mi donavi e per le continue Fantasie che si stavano materializzando e, decantate, realizzando.
Osservavi i negozi che si affacciavano sul viale che costeggiava il fiume che osava dividere in due parti la città ripiena di turisti. La camminata era rapida per seguire le Mie orme, come richiesto, come imposto, come rispetto del ruolo Mio di Guida.
Sorridendo, Ti chiesi se volevi una caramella da succhiare fra le labbra. Fra i due aromi disponibili, arancia e limone, scegliesti il primo. Allargasti le labbra, aprendo la bocca, come assetata di Nuove sensazioni. Ti chiesi di non masticarla, doveva sciogliersi. E, inoltre, Non erano quelle le Labbra dove avrebbe dovuto sciogliersi con estrema lentezza.
Imbarazzata, con estrema pudicizia, mi facesti osservare che eravamo in mezzo ad una strada molto transitata. Sorrisi, trovata una nicchia di un vecchio negozio di anticaglie, Ti feci scudo con il Mio corpo e ti detti il tempo: - Hai cinque secondi per metterla dentro - . Rapida, impudica, curiosa e irrispettosa delle regole, alzasti la gonna ed armeggiando con le dita la infilasti dentro. Mi accontentasti, sorridendo come una ragazzina che ha commesso una marachella. Imbarazzata per paura di sentirla scivolare fra le cosce, di perderla, ma felice di aver eseguito un nuovo Mio capriccio.
E, finalmente, arrivammo all'albergo.
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